La tragedia

mercoledì 10 Gennaio, 2024

L’incidente in moto, la morte del marito e della figlia. Patrizia Scurria: «La verità non mi ridarà Sandro e Elisa»

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Mortale di Piné: il pm manda a processo concessionario e due meccanici. La moglie e madre: «Volevano fare un giro, dissi loro di andare. Mio marito scrupoloso, andavo con lui a occhi chiusi. So cosa è successo»

«Spero venga fatta chiarezza al più presto sull’incidente costato la vita a mio marito Sandro e a mia figlia Elisa, ma questo purtroppo non cambierà la realtà, non me li riporterà indietro. E ogni giorno è dura senza di loro, mancano sempre, li penso costantemente». C’è un procedimento penale sullo schianto avvenuto il 20 agosto 2021 a Baselga di Pinè, con vittime padre e figlia di 51 e 13 anni, ma c’è anche una ferita che non smetterà di sanguinare. Un dolore con cui continuare a convivere. E questo anche se verrà a galla la verità, anche se verranno individuati gli eventuali responsabili. Se ci sarà giustizia.
È tutto nelle parole di Patrizia Scurria, moglie e mamma delle due vittime. Lei che, quella sera d’estate di tre anni fa, assieme alla primogenita, non vedendo rientrare il compagno con l’altra figlia, non riuscendo a mettersi in contatto telefonico con loro, ha raggiunto il luogo dell’incidente grazie all’applicazione installata sul cellulare della 13enne che le ha permesso di localizzarla con il gps. La moto che viaggiava lungo la strada provinciale 83 era finita nella scarpata all’altezza di una curva, volando nel bosco, infilandosi nell’unico varco tra il guardrail. E per l’uomo e la figlia non c’era più niente da fare.
«Io so in cuor mio cosa è successo, conoscevo molto bene mio marito, quanto fosse prudente, scrupoloso, con l’auto, ma anche con la moto, con cui avevamo fatto assieme alcuni giri: andavo ad occhi chiusi con lui» racconta, incapace di trattenere le lacrime, la donna. «Anche quando, quel giorno, Elisa, il nostro “scricciolo” di casa, ha detto che avrebbe fatto un giro in moto con “papino”, le ho detto di andare. Sono sicura di quello che Sandro avrà fatto, di come si sarà comportato. Ancora ora mi sembra di sentirlo mentre si raccomanda di cambiare le gomme, di controllare l’olio e altro dell’auto: lui era così. E in strada usava massima prudenza» continua Patrizia Scurria che dentro di sé serba le risposte. «Ripeto, un’idea me la sono fatta ma aspetto quello che emergerà nel corso del procedimento penale, delle prossime udienze — ribadisce la vedova, che è assistita dall’avvocato Maria a Beccara — Mi va bene scoprire la verità ma questo non mi restituirà mio marito e mia figlia. Avrei dato la mia vita per loro ma non ho potuto farlo…».
Tre gli imputati
La responsabilità della doppia tragedia, secondo la Procura, anche in base all’esito di una consulenza tecnica delegata all’ingegnere Igor Gonnella, è da attribuire al titolare della concessionaria che aveva venduto la moto al 51enne di Pergine Valsugana solo pochi giorni prima e ai due meccanici dipendenti che avrebbero assemblato male il mezzo arrivato dalla Cina (il T Quotidiano di ieri). Con uno dei bulloni della pinza anteriore dei freni che sarebbe stato montato in modo non corretto, tanto che sarebbe uscito dal suo alloggiamento, determinandone il malfunzionamento dei freni, proprio mentre padre e figlia dovevano affrontare uno dei tornanti sulla strada provinciale 83 che scende dall’altopiano di Piné.
Le consulenze di parte
Il pubblico ministero Davide Ognibene ha infatti voluto a processo i tre uomini, tanto che ha chiesto per loro il rinvio a giudizio per omicidio colposo plurimo. L’udienza preliminare si svolgerà a maggio. E in aula sarà battaglia di consulenze. Gli esperti nominati dalle difese degli imputati (avvocati Stefano Daldoss, Matteo Pellegatti, Gianluca Pinamonti e Chiara Graffer) convergono invece sull’ipotesi che l’assemblaggio di quel primo modello di Motron Motard X 125 arrivato nell’officina trentina sarebbe stato eseguito come dovuto. Che le operazioni di montaggio e verifica sarebbero state corrette. Per gli ingegneri Nicola Dinon e Marco Pulliero, quest’ultimo già coordinatore tecnico Ducati, la responsabilità sarebbe invece da ricercare nella casa costruttrice del mezzo, che non avrebbe mandato alcun libretto di istruzioni per il montaggio e l’installazione dei pezzi restanti. Il difetto, il problema, sarebbe stato invece sulla progettazione e costruzione dei componenti del freno. Conclusioni, tutte queste, che verranno discusse nel corso dell’udienza preliminare in programma tra quattro mesi in tribunale a Trento, davanti al giudice Gianmarco Giua.