Il report
martedì 21 Febbraio, 2023
di Simone Casciano
Nel suo ultimo film, «Siccità», Paolo Virzì immagina una Roma in cui non piove da due anni e i cittadini hanno dovuto imparare a convivere con la siccità. Uno scenario fantascientifico anche solo un anno fa e che oggi rischia di diventare realtà per molte città d’Italia e anche per il Trentino. A certificarlo sono i dati raccolti dalla Fondazione Cima (Centro internazionale monitoraggio ambientale) che parlano di un -53% di neve sulle Alpi. L’ente come parametro di riferimento usa lo snow water equivalent (SWE) nei suoi calcoli. «È una stima di quanta acqua recupereremmo dalla neve se essa si sciogliesse tutta» spiega il ricercatore della fondazione Francesco Avanzi.
«Quest’anno sia su scala italiana che alpina siamo in condizioni preoccupanti». In Trentino-Alto Adige il deficit di SWE è pari al 49% rispetto alla media dell’ultimo decennio. E se già l’inverno passato era stato negativo, quello a cavallo tra 2022 e 2023 è uno scenario ancora peggiore. «Stiamo subendo la sovrapposizione di due effetti – dice Francesco Avanzi – Precipitazioni scarse e temperature sopra la media sia in autunno che in inverno. La stagione sembrava non iniziare, la neve si è accumulata tardi, poi l’ondata di calore tra fine dicembre e inizio gennaio ha fatto sì che parte della neve accumulata si si già ridotta. Gennaio è andato meglio ma ora ha smesso di nevicare e ha già ricominciato a fare caldo». Il risultato è sotto gli occhi di tutti con le Alpi già spoglie e poca riserva di neve. Anche le abbondanti precipitazioni sugli Appennini servono a poco, poiché vista la quota più bassa faticano a trattenerla.
Tutto questo è un problema, la neve ricopre un ruolo fondamentale nell’approvvigionamento d’acqua. «La neve è la nostra banca dell’acqua – spiega Avanzi – Perché mette in campo un meccanismo fondamentale. Conserva le risorse idriche in inverno e ce le porta a valle in estate quando le precipitazioni sono più scarse. Senza questo meccanismo la vita in Italia e in Europa diventerebbe più difficile».
Le prime vittime di questo mix di temperature alte e scarse precipitazioni sono i fiumi. L’Adige e il Po’ è dove confluiscono i tre quarti della riserva nivale italiana. «È difficile calcolare questo dato – spiega Francesco Avanzi – Ma secondo le nostre stime la neve può contribuire anche al 60% dell’acqua che transita nell’Adige ogni anno». Secondo i calcoli della fondazione il bacino dell’Adige farebbe registrare un -52%. Basta dare un’occhiata all’Adige dalle ciclabili che corrono parallele alle sue sponde per capire che il livello è già basso. Dal Po’ arrivano scene di uguale aridità. E non sono solo i fiumi a soffrire, siccità e caldo significano brutte notizie anche per i ghiacciai: «Se la neve è la nostra banca dell’acqua, i ghiacciai sono i nostri bond a lunga durata – dice Avanzi – Ovviamente le minori precipitazioni fanno sì che i ghiacciai ricevano meno neve per alimentarsi. Il secondo effetto è che meno neve significa che si scoprono prima e la fusione estiva diventa molto più intensa».
In pratica i ghiacciai si espandono sempre meno in inverno e si riducono sempre di più in estate, e questo è un problema. Inoltre in questi anni i ghiacciai sono riusciti a compensare le minori precipitazioni, il che significa che ancora non ci si rende esattamente conto di quanto possa essere drastico il calo nei fiumi. «Per anni i ghiacciai hanno sopperito alle minori precipitazioni con la loro fusione, se continua questo trend questa funzione verrà meno. Senza ghiacciai saremo esposti ancora di più al variare delle intemperie».
Proprio questa è una delle grandi domande: siamo davanti a un’aberrazione, a un’eccezione statistica o esiste una tendenza preoccupante?
«Va detto che la neve è molto variabile di anno in anno; quindi, non è facile stabilire i trend– spiega Francesco Avanzi – Di certo possiamo dire che è il secondo anno di fila con un deficit significativo e con dinamiche molto simili. Ossia: poche precipitazioni e temperature alte. Fenomeni che sono legati al cambiamento climatico. Ci sono evidenze anche di altri studi che ci dicono che l’accumulo nivale si sta deteriorando. Anche la stagione nivale si sta accorciando, inizia più tardi e finisce sempre più presto».
Prenderne atto e agire subito per trovare le contromisure migliori devono essere le parole d’ordine. «È un tema chiaramente sistemico. Da una parte come persone dobbiamo iniziare a capire che l’acqua è importante e non va sprecata. Dall’altra servono strategie politiche di sistema per efficientare la rete idrica, costruire invasi per l’accumulo dell’acqua e tante altre azioni».
Potremmo cominciare guardando alle nostre montagne e ai nostri ghiacciai non più solo come a risorse da estrarre, acqua per i nostri campi, neve per le nostre piste da sci. Ma come parti integranti di un ecosistema che se mantenuto nel giusto equilibrio permette a tutti noi di vivere.
Nel film di Virzì l’assenza di acqua trasforma la popolazione di Roma. La siccità tira fuori il peggio delle persone, violenza, avidità, egoismo, e mostra tutte le contraddizioni di una società divisa in classi, dove anche farsi una doccia diventa un privilegio. Auguriamoci allora di trovare le giuste soluzioni prima di scoprire se si trattasse o meno di pura fantasia.
crisi climatica
di Francesca Dalrì
Il docente Unicam della Sezione di Geologia della Scuola di Scienze e tecnologie, nonché meteorologo (soprattutto per passione) delle gare sciistiche a Cortina è stato ospite della rassegna «Alpitudini»