il personaggio
giovedì 4 Maggio, 2023
di Redazione
Racconta Erodoto che quando Creso, re di Lidia, mosse guerra all’imperatore dei persiani Ciro il Grande e perse, venne messo al rogo. Mentre stava per bruciare Ciro ebbe un ripensamento, ma il fuoco era ormai esteso. Creso, in lacrime, si appellò ad Apollo e scoppiò improvviso un temporale che lo salvò. Pensandolo caro agli dei, Ciro gli domandò: «O Creso, quale uomo ti indusse a marciare in armi contro il mio paese e a scendere in campo a me nemico, anziché amico?». E Creso rispose: «O re, io ho fatto ciò per la tua buona fortuna e per il mio cattivo destino: causa di tutto questo fu il dio dei Greci, che mi incitò a muoverti guerra. Nessuno è infatti così stolto da preferire la guerra alla pace, poiché in tempo di pace sono i figli che portano alla sepoltura i padri, mentre in tempo di guerra sono i padri che seppelliscono i figli». Erodoto visse tra il 484 e il 425 a. C., è considerato un inviato ante litteram, e nelle «Storie» quello della guerra è un tema ricorrente. I suoi racconti posano la parola ovunque, in alto e in basso. Ci sono le élite militari e politiche, c’è il popolo.
La linea della continuità
I conflitti, nonostante il volgere del tempo e l’analisi di Creso, di 2500 anni fa, sono rimasti una costante della Storia. Purtroppo anche le guerre sono evolute, hanno aggiunto la tecnologia, la crudeltà, la capacità di variare l’estensione della sofferenza generata, e quindi della morte. Lo testimonia ancora l’ultimo libro di una reporter che cerca di praticare un altro racconto dei fatti e delle storie. Che sono poi la Storia. Francesca Mannocchi, 41 anni, romana, è una giornalista e scrittrice che ama muoversi lontano dal mainstream, negli anfratti dei conflitti e delle macerie sociali per ricomporre un mosaico spesso impossibile. Il suo ultimo lavoro – «Lo sguardo oltre il confine. Dall’Ucraina all’Afghanistan, i conflitti di oggi raccontati ai ragazzi» (DeAgostini, 13,9 euro) – sarà presentato oggi a Bolzano in un duplice appuntamento: alla mattina incontrerà 500 studenti del liceo Carducci, degli istituti Marcelline, Ugo Foscolo e Battisti della città; nel pomeriggio (ore 18, Aula magna dell’Istituto Marcelline di Bolzano) l’incontro pubblico organizzato dal Centro per la Pace del Comune di Bolzano e dalla Caritas con la collaborazione dell’Istituto Marcelline. Dialogherà con lei Simone Casalini, direttore de «il T» quotidiano.
Lo sguardo oltre la guerra
Mannocchi rielabora nel libro, impreziosito da glossari e cronologie a scopo pedagogico e di memoria, molti dei suoi viaggi all’interno dei conflitti (e non solo) che si sono succeduti nel Medio Oriente – lo spazio elettivo dell’azione della giornalista – e in Ucraina. Mannocchi si muove in un doppio registro: la cornice politica e degli eventi del Paese; l’emersione della sua storia attraverso le biografie sommerse, quelle comuni che consentono di avere una visuale intima, familiare, di strada. È il sentimento del popolo, spesso trascurato nelle grandi rappresentazioni anche mediatiche, che però riconduce alla vita reale, alle sue sofferenze quotidiane. Tra i tanti volti anche quelli degli interpreti o dei fixer – una figura essenziale quando si lavora in trasferta e in condizioni precarie, che conosce la lingua del Paese, gli usi, ha contatti anche ad alto livello – che ha intercettato e che con loro si è saldata in una relazione che esonda, e non di poco, l’aspetto professionale. Come Shadi che l’ha condotta tra le macerie della Siria, incontrato al primo appuntamento all’aeroporto di Hatay in Turchia. «Una volta uscita ho trovato di fronte a me un uomo minuto, dal sorriso gentile. Indossava un paio di pantaloni leggeri, una camicia chiara. Era di poche parole. (…) Voleva capire, credo, se meritassi di ascoltare la sua storia».
L’itinerario
Il racconto sosta così in tanti luoghi. Il Libano dei cedri e la storia di Mirna travolta dall’esplosione del porto di Beirut nell’agosto 2020; l’Afghanistan e «il colore ocra del tardo pomeriggio» con Fahim e Yacub, quest’ultimo alle prese con una scuola clandestina per ragazze dopo il ritorno dei talebani; l’Ucraina con le prime esplosioni della guerra a Kramatorsk e la preoccupazione di Serghei; la Libia seguita rivoluzione per rivoluzione, guerra civile per guerra civile con il fedelissimo Husen, o ancora gli occhi senza speranza di Oismann, morto in un centro di detenzione per migranti; l’Iraq di Mosul, ex capitale del califfato, liberata nel 2017 dove intreccia la vita di Ali al-Baroodi, un insegnante d’inglese dell’università che ha resistito tre anni sotto l’Isis; e infine la Siria di Shadi (ora ad Amsterdam) o di Monther e Zaouhir ad Aleppo.
Lo sguardo dell’altro
Alla fine dell’itinerario, appena accennato nei suoi protagonisti, rimane una sguardo di consapevolezza sulla vita dell’Altro, quello che evade le nostre griglie culturali, inquietandoci. «Ti auguro questo, lettrice, lettore, ti auguro di avere il desiderio, la curiosità che solo l’Altro produce, con le sue ombre, la sua radicale distanza da noi. Non smettere, tu che sei arrivato fin qui, di interrogare il mondo».
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