l'analisi della pm

martedì 8 Agosto, 2023

L’omicidio al parco, poi la fuga: «Era indemoniato». La pm: «Tragedia annunciata»

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Nweke Chukwuka catturato a fatica. Del Tedesco: «Non ci sono strutture. Ho chiesto l’elenco di persone pericolose»

«Quell’uomo era come indemoniato, è stata un’impresa riuscire a bloccarlo: abbiamo usato più volte il taser, sono state più scariche elettriche, poi lo abbiamo legato mani e piedi, quindi è stato sedato in ospedale, da dove è stato poi trasferito direttamente in carcere». Gli uomini in divisa intervenuti sabato sera per fermare lungo via Maioliche Nweke Chukwuka in fuga dal parco Nicolajewka di Rovereto – in cui aveva pestato a sangue, sfigurato e rapinato Iris Satti – hanno faticato non poco a bloccare il nigeriano di 37 anni. Scalzo e a torso nudo, aveva lo sguardo da posseduto. Mani e braccia erano sporche di sangue. Il sangue dell’ex impiegata in pensione che non è sopravvissuta alla sua furia assassina. L’uomo dal fisico possente era una furia e non sono bastate tre scariche di taser, la pistola elettrica da non molto tempo in dotazione ai carabinieri. Per gli investigatori è come se il fuggitivo fosse stato in preda a un delirio. Ancora non è chiaro perché si sia accanito sulla povera 61enne, che attorno alle 22.30 stava passeggiando nel parco per andare verso casa dopo che era stata dall’anziana madre che abita nel condominio Europa che si affaccia sull’area verde. Probabilmente il 37enne è piombato su Iris Setti senza una ragione. L’ha atterrata, quindi l’ha spogliata e, una volta sopra di lei, ha iniziato a colpirla come una furia. Una raffica di colpi assestati a mani nude, con i pugni, probabilmente anche con un bolognino o un sasso. Una violenza brutale. Fino a sfigurarla. A impregnare il terreno di sangue. E a nulla sono valse le urla della poveretta e le suppliche al suo aggressore. «Pietà, pietà, basta ti prego.. cosa mi stai facendo?» le parole della vittima intercettate dai residenti che si sono affacciati alle finestre e hanno filmato l’agghiacciante scena con il telefonino, urlando a loro volta per far desistere l’omicida. Di lì a poco l’inquietante silenzio. Solo il rumore dei colpi assestati sul corpo ormai immobile, incapace di reagire. Sul quale l’uomo ha infierito ancora, tentando a più riprese, anche a morsi, di sfilare dal dito della bancaria un anello in oro con pietra. Quello con cui scapperà. Scene atroci, queste, ora al vaglio degli inquirenti. L’ipotesi verso cui protendono al momento è quella del tentativo di rapina. Una rapina consumata. Nweke Chukwuka risponde infatti di questo reato oltre che di omicidio volontario aggravato: Iris Setti è morta all’ospedale di Trento in cui è stata trasferita in condizioni disperate, riconosciuta solo attraverso l’esame del Dna visto lo stato in cui era stata ridotta. Lo sconosciuto potrebbe aver anche tentato di stuprarla ma solo l’autopsia, che è stata disposta dal pm Fabrizio De Angelis titolare dell’inchiesta, potrà sciogliere i dubbi. Oltre a chiarire come sia morta la roveretana, quanti colpi abbia subito e se questi siano stati dati anche con un sasso. Potrebbe spiegarlo lo stesso 37enne, in carcere a Trento. Assistito dall’avvocato d’ufficio Claudio Malfer, che ieri lo ha incontrato, questa mattina verrà sottoposto ad interrogatorio da parte del gip di Rovereto. Ma l’uomo, che era già incappato in guai con la giustizia, potrebbe anche trincerarsi dietro un muro di silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere. A quanto pare infatti sarebbe ancora poco lucido. L’ultima volta che era entrato in carcere era stato a fine agosto 2022, dopo che, in balia dell’alcol, aveva aggredito un ciclista e i carabinieri, salendo sopra l’auto di servizio. Finito prima in cella e poi ai domiciliari, era stato sottoposto all’obbligo di firma. «Che ha sempre rispettato, anche sabato, giorno dell’omicidio, al netto di una sola volta: un piccolo segnale che era stato colto dalle forze dell’ordine, che l’hanno segnalato immediatamente per dare il via a un approfondimento. Negli ultimi sette, otto mesi comunque l’uomo non ha fatto rilevare problemi, nessuna necessità di aggravamento della misura. Non poteva comunque essere espulso perché in misura» fa sapere il sostituto procuratore Viviana Del Tedesco. A quanto trapela l’extracomunitario sulla mancata firma in caserma si era giustificato così: «Ero a Verona e mi sono dimenticato». Un anno fa Nweke Chukwuka era in preda ai fumi dell’alcol. Le analisi a cui è stato sottoposto in ospedale chiariranno se sabato sera era sotto l’effetto di qualche sostanza. Ma dalle testimonianze pare che il 37enne assumesse pillole per calmare i demoni che lo agitavano. Il procuratore facente funzione Del Tedesco punta il dito su «difficoltà e carenze conosciute a livello nazionale. In questa come in tante altre città — spiega – ci sono moltissimi soggetti portatori di problematiche che non sono necessariamente infermi di mente. Soggetti senza alloggio, che commettono reati (anche di non gravissimo allarme sociale) e rispetto ai quali ci sono indagini o misure cautelari, come in questo caso». Per il magistrato «sono soggetti che avrebbero bisogno di essere inseriti in strutture, strutture che non ci sono. Spesso le persone socialmente pericolose, definite tali anche da sentenze definitive di condanna, devono essere tenute in carcere perché non c’è un posto dove collocarle. È un problema che tutti conoscono e mi sorprendo che sorprenda» spiega. Ecco perché, a dire del pm, «queste vicende sono in qualche modo annunciate, perché non c’è un controllo della situazione». Nel caso specifico il nigeriano «non poteva essere espulso perché in misura. Anche l’espulsione è retta da norme che devono essere rispettate: perciò niente di più si poteva fare. Il problema è che la presenza di soggetti con queste problematiche è sempre più massiccia e non esistono delle strutture di accoglienza che possano in qualche modo garantire la sicurezza». Persone, insiste Del Tedesco, «che possono esplodere da un momento all’altro. Ho chiesto a tutte le stazioni di polizia e ai carabinieri di redigere un elenco di tutti i soggetti che hanno commesso reati o che tengono condotte che possono denotare pericolosità sociale». Per il pm se anche ci sono «strutture psichiatriche di cura, di contenimento, comunque non esiste una legge che obblighi queste persone a farsi curare o ad entrarci. Noi non possiamo portarle di forza. Esiste solamente il Tso, il Trattamento sanitario obbligatorio, che ha presupposti molto stringenti e che è praticabile solo in determinate situazioni. Per il resto non esiste una norma che permetta a forze dell’ordine o magistratura di costringere queste persone ad entrare in eventuali strutture». Detto che, insiste il pm, «la polizia giudiziaria non ha gli strumenti per fronteggiare situazioni di persone con vulnerabilità dal punto di vista psichiatrico, seppur non totalmente infermi mentalmente».