il lutto
martedì 16 Aprile, 2024
di Carlo Martinelli
È il fratello Fabio, ingegnere, che si avvicina al microfono e dice: «L’altro nostro fratello, Marco, non può essere qui con noi, oggi. Sapete che scrive poesie. Ha voluto salutare il nostro amato fratello, Mauro, proprio con una poesia. Ve la leggo». Un testo breve, delicato, ricco di amore: l’invito a ritrovarsi tra le galassie, dove c’è luce. Ecco, c’è stato anche questo momento, ieri pomeriggio, nella chiesa parrocchiale di Villazzano per l’ultimo saluto a Mauro Lando, 77 anni, giornalista di razza, uno dei protagonisti del mondo culturale trentino a partire dal 1968, anno in cui iniziò il suo cammino da cronista, quale sempre è stato, tenacemente, anche quando le responsabilità – dentro il giornale della sua vita, l’”Alto Adige” edizione trentina – lo hanno portato a dirigere la cronaca di Trento prima, le pagine delle Valli poi. Al suo funerale, officiato dal parroco di Villazzano, don Giorgio Favero, si sono stretti in molti attorno all’amatissima moglie, Gabriella, ai fratelli, alle nipoti. C’erano compaesani, alcuni ex politici, avvocati, amici incontrati negli anni passati a Rovereto, prima dell’approdo a Trento. E c’erano, soprattutto, i colleghi di lavoro, di una vita intera. Così, quando il parroco ha voluto aprire la cerimonia invitando chi volesse ad un ricordo, ad una testimonianza, sono stati proprio tre giornalisti a farlo, prima del fratello Fabio. Andrea Selva, uno dei tanti giovani cronisti cresciuti alla scuola dell’”Alto Adige”, ha ricordato che tipo di maestro fosse Mauro Lando. Scrupoloso, preciso, attento alle verifiche per far sì che le notizie pubblicate fossero sempre attendibili. Senza dimenticare la rivalità con l’allora giornale concorrente. «È una guerra, mi disse, insegnandomi a scovare la notizie». Anni dopo – quando “Adige” e “Alto Adige” hanno avuto lo stesso editore padrone – lo stesso Mauro Lando avrebbe confessato la nostalgia per un giornalismo fatto di scarpinate, lunghe attese, pazienti ricerche, in assenza di cellulari e internet. Milena Di Camillo ha invece voluto restituire a Lando quel tratto di ironia, sorriso, umorismo che la “seriosità” del suo essere cronista poteva talvolta mettere in ombra. «Certo, era sempre inappuntabile, elegante, ma sotto una scorza apparentemente ruvida c’era un uomo ricco di umanità». Infine, da Roma, la voce commossa di Guido Bossa, presidente dell’Unione nazionale giornalisti pensionati. Di quell’associazione Lando è stato a lungo segretario nazionale. «Abbiamo conosciuto un uomo scrupoloso, attento, preciso. Era di poche parole e molti fatti. E quando parlava le sue erano sentenze». Un tratto che in quello stesso momento, in rete, Alberto Folgheraiter – al fianco di Lando in quell’Ordine dei giornalisti di Trento cui ha dedicato tanti anni di impegno e autentica dedizione – sintetizzava esemplarmente: «Era un uomo perbene».
Al termine della cerimonia, mentre il sole salutava il suo ultimo viaggio, chi scrive, per anni con lui in redazione, rammenta il motto che Mauro Lando ripeteva ai giovani cronisti alle prese con il timor panico di non riempire la pagina. «Il giornale è come un treno, parte vuoto e arriva pieno». A volte lo prendevamo in giro per questo suo pragmatico filosofare. Ed invece, il caro indimenticabile amico e collega, questo stava facendo: la vita di Mauro Lando è stata come un treno, è arrivata piena all’ultima stazione. Piena di affetti, di relazioni, di curiosità, inseguendo verità, coltivando memoria, rifuggendo ribalte e protagonismo.