L'addio
mercoledì 18 Ottobre, 2023
di Daniele Benfanti
«Non riesco ancora a capire se sia successo davvero o sia uno scherzo, un brutto sogno. Davvero, papà, non ci sei più?». La figlia più grande di Maksymilian Pora, per tutti Max, il 40enne di Levico scomparso sabato in seguito a un incidente con il suo deltaplano, scendendo da Vetriolo verso Barco, ha fatto risuonare queste genuine parole in chiesa ai funerali del padre. Uno schianto fatale. Ieri mattina nella grande chiesa parrocchiale di Levico il dolore mesto per questa vita strappata prematuramente ai suoi cari si è un po’ disperso tra le alte navate. La mamma, i tre figli, l’attuale compagna e la mamma della sua prima figlia. Per tutti un’immensa tristezza a pensare che quella personalità vivace, colta, intelligente, attivissima di Max ora abbia lasciato un vuoto così grande nelle vite di chi l’ha conosciuto e amato. «Sarai con noi per sempre», hanno detto dall’ambone i familiari. La sorella Nicol che vive oltreoceano, ha inviato un messaggio in cui ha ricordato le scorpacciate di pasta, pizza e Nutella col fratello durante la loro adolescenza: «Siamo cresciuti come due leoni. Hai lasciato qui delle bellissime creature. Ti rivedrò in loro» il ricordo della sorella. La viva operosità, il sorriso, la professionalità di Max, la curiosità continua e genuina il ricordo più struggente portato dalla compagna: «Da tre giorni la vita non è più quella di prima e non lo potrà essere più. Ti pensiamo nel tuo cielo, Max. Vola ancora più in alto». La cerimonia funebre è stata officiata da don Franco Pedrini, collaboratore del parroco, don Ernesto Ferretti, che lo ha affiancato all’altare. Don Franco nell’omelia funebre ha tracciato un autentico ritratto di Max: «Eri un ragazzo generoso e intelligente, molto colto, un grande lettore: ragionavi di filosofia e di politica. Avevi tanti amici e conoscenti. Hai afrontato con un carattere solare anche le problematiche che la vita riserva. Pur nato in Polonia, ti sei integrato qui in maniera eccellente, conservando un tenero amore per la tua terra natale. Le tue origini ti hanno dato la saggezza». Di Max, dirigente d’azienda e in precedenza rappresentante, è stato ricordato anche l’impegno ecologico, nel sociale e in politica: «Per te la politica era l’arte della convivenza» ha detto il sacerdote. «Stavi vivendo un momento sereno e volevi festeggiarlo con la tua passione, volando». Un anno fa Max Pora aveva conseguito il brevetto per il deltaplano nel bresciano. «Per te volare era il momento di maggiore felicità» ha proseguito don Franco in una chiesa sgomenta e ammutolita. «Là in cielo sei stato e là volevi tornare. là ora sarai» ha detto il prete ricordando una poesia. Perché «essere felici» dipende dallo spazio che riusciamo a mettere tra noi e la terra» ha aggiunto. La religione offre una speranza: che ci sia qualcosa ad attenderci, dopo la morte, e non il nulla cosmico: don Franco ha anche sottolineato come non sia giusto per una madre andare al funerale del figlio, perché «quando muore un figlio, non abbiamo parole da dire». Anche un momento triste può essere l’occasione per cogliere il senso della vita. La morte ce lo sbatte in faccia, se sappiamo coglierlo. La morte di un quarantenne con tre figli ancora di più. «Cosa rende bella la vita? Amare ed essere amati». Le parole più semplici, citate da don Franco Pedrini per Max, le ha dette una piccola suora alcuni anni fa: Madre Teresa di Calcutta.