Il lutto
domenica 23 Marzo, 2025
Lutto nella comunità Sinti: è morto Mirko Gabrielli, il primo nomade stanziale
di Alberto Folgheraiter
Scomparso a 81 anni, fece il viaggio di nozze a Lourdes. Accettò una casa popolare anche se poi, con sua moglie Ala, tornarono nel campo

Massì, ammettiamolo. Alla maggior parte di noi i nomadi non hanno mai ispirato grande simpatia. O, se li abbiamo sopportati, sono sempre stati accompagnati dalla diffidenza. Forse perché la cronaca si è occupata di loro solo in relazione a furti, borseggi o altri reati. Eppure, la morte del primo Sinti che ha rotto una secolare tradizione fa notizia. E merita rispetto. Se ne è andato ieri Mirko Gabrielli, 81 anni. Figura molto nota a Trento anche perché per vent’anni ha fatto l’autista per raccogliere i bambini dai vari luoghi di sosta dei Sinti e dei Rom e portarli a scuola. Da quando, cioè, a metà degli anni Sessanta, per iniziativa di don Bruno Nicolini e Mirella Kàrpati, furono istituite in tutta Italia le «classi speciali per zingari» chiamate Lacio Drom («Buon viaggio» in lingua Romanés). Migliaia di bambini finirono nei seminterrati delle scuole statali. Primo tentativo di integrazione per coloro che, non a caso, sono chiamati «i figli del vento».
Il giornalista Marco Zeni (1947), che su questa minoranza etnica senza territorio e senza patria, «la più numerosa dell’Unione Europea», ha strutturato la sua tesi di laurea in Sociologia e che ha sempre mantenuto buoni rapporti con le comunità dei Sinti e dei Rom, racconta che Mirko Gabrielli fu il primo ad arrivare al matrimonio con un fidanzamento tradizionale. «Di solito il giovane rapisce la ragazza, fuggono dall’accampamento e quando tornano avviene la cerimonia del perdono. Fa parte di uno dei numerosi riti di queste comunità occupate nello spettacolo viaggiante (circensi), musicanti, parolòti. La giovane coppia Gabrielli fece il viaggio di nozze a Lourdes e fu anche questa una rottura con la tradizione».
Per non dire dell’abbandono della pratica del nomadismo, poiché, lasciata la roulotte, «Mirko e Ala Gabrielli accettarono l’offerta di un alloggio dell’edilizia popolare, ai Casoni, nel rione di San Giuseppe a Trento». Sennonché, le pareti in muratura stavano strette alla giovane coppia che decise di tornare nel campo nomadi alla periferia della città.
Originari dell’India, legati alla «madre terra» che, nei casi di conversione al cristianesimo hanno identificato con la Madonna, i Sinti sono un popolo antico, italianizzato da decenni. I Rom, provenienti dai Balcani, arrivarono nell’Italia meridionale del XV secolo. In Trentino, racconta Zeni, sono presenti in particolare i gruppi familiari dei Gabrielli, Raidich, Braidich, Udorovich, Held. «In Trentino Alto Adige ci sono numerosi nuclei sedentari: circa 400 persone in provincia di Trento, 700 in provincia di Bolzano». La loro presenza, un tempo problematica, è finita in secondo piano nelle urgenze-emergenze della politica e della pubblica opinione, oscurata dall’immigrazione dal sud del mondo.
E tuttavia Rom e Sinti restano un popolo che non ha mai avuto vita facile. Forse perché figli di quella cultura che si richiama al concetto che «la terra è di tutti» e pertanto non concepisce la proprietà privata. Discendenti da una religione spiritualista, legata ai cicli della natura, hanno subito più che aderito ai tentativi della Chiesa cattolica di imbrigliarli in un credo codificato. Don Antonio Dusini (1923-2007) fu il «parroco degli zingari», dopo che nel 1963 la diocesi di Trento aveva istituito l’Opera Nomadi. Negli anni Settanta-Ottanta ci furono tentativi di frenare il nomadismo e sperimentare tentativi di integrazione. Un primo campo-sosta fu allestito alle Ghiaie a sud di Trento ma nel 1985 oltre 500 censiti di Trento sud presentarono un esposto alla Procura della Repubblica attribuendo agli «zingari» furti e violenze. Nel 1986 gli autonomisti del Patt costituirono un «comitato anti nomadi».
Il 2 aprile 1993 a Ravina fu aperto il villaggio «dei Sinti». Ma qualche mese dopo erano sorti nuovi campi a Gardolo e al maso Visintainer in prossimità di Piedicastello. In quel maso, nella notte fra il 17 e 18 marzo 1993, cinque immigrati dal Kosovo morirono soffocati nell’incendio appiccato per gelosia da uno di loro.
Riaffiorano brandelli di cronaca mentre il popolo Sinti lunedì pomeriggio alle 14.30 accompagnerà in massa, anche da fuori regione, l’ultimo viaggio di Mirko Gabrielli. Il quale sarà sepolto con il rito evangelico perché lui ed altri si sono aggregati a un gruppo di Rom di credo luterano. Controcorrente fino alla fine.