Il caso
sabato 27 Luglio, 2024
di Leonardo Omezzolli
Più cartelli di divieto di balneazione, più sicurezza lacustre, più sorveglianza, più assunzione di responsabilità da parte dell’amministrazione. Sono molteplici le richieste rivolte al Comune di Riva del Garda e al servizio di gestione Spiagge Sicure che sono state fatte pubblicamente da Mauro Mariotti, compagno di Hanna Shabratska, la donna ucraina che insieme al proprio figlio Oleksii Shabratskyi è annegata nelle acque gardesane davanti alla foce dell’Albola e del Varone a Punta Lido la mattina di martedì 16 luglio. Acque che la sindaca di Riva, Cristina Santi, all’indomani della tragedia che ha spezzato le due vite ucraine giunte in Italia per scappare agli orrori della guerra, aveva ricordato essere pericolose e, soprattutto, aveva ricordato come quella fosse una «zona in cui è vietata la balneazione». Su questo divieto, però, si è accesa ora la disputa. Anzi, quella di Mariotti è una vera e propria dichiarazione di «guerra»: per ottenere giustizia, per impedire che tragedie simili possano ripetersi. Perché se è vero che la norma parla chiaro e che davanti alle foci la balneazione è vietata, anche nelle immediate vicinanze, è altresì vero che di informazione pubblica, ben visibile e a prova di dubbi non ve n’è a sufficienza. «Non ce n’è proprio – affonda Mariotti – solo un cartellino che non si vede e da capire. E la riprova è che queste acque sono ancora oggi, a pochi giorni dalla tragedia, stracolme di persone, di giovani, di bambini che si immergono nelle fredde acque torrentizie. Non è normale che gli venga permesso. Nessuno di loro è stato avvisato del pericolo. Sono tutti potenzialmente vittime annunciate». Ha pianto tutte le lacrime Mariotti e dopo aver dato l’addio alla sua Hanna e al di lei figlio Oleksii, si è rimboccato le maniche e si è messo a cercare risposte alle tante domande che gli frullavano nella testa. Una su tutte: «Com’è potuto succedere?». Da giorni Mariotti raggiunge il luogo della tragedia. Mattina dopo mattina ha misurato il livello del torrente alla foce e ha guardato quante persone vi si immergono. «Sono qui di continuo perché voglio vedere con i miei occhi – sentenzia -. Negli ultimi tre giorni, ogni giorno il livello dell’acqua era diverso. Una volta basso, una volta fino alle ginocchia e un’altra al polpaccio. Questo significa che la portata delle acque del torrente (alla foce confluiscono il Varone e l’Albola ndr) è estremamente variabile ed è quindi molto pericoloso farci il bagno. La legge parla chiaro e non capisco perché se mi dici che c’è un pericolo di dissesto idrogeologico non mi dici in modo altrettanto chiaro che è vitato e pericoloso fare il bagno in quella zona. La legge è la stessa, perché non viene applicata?» Per il compagno di Hanna, evitare che ci siano tragedie simili è diventata ora una missione. «Non mi fermerò e farò tutto quello che è in mio potere. Sono in contatto con l’ex marito di Hanna che è un giudice e lo voglio portare a Riva e non credo che se ne starà zitto. Ho tanta rabbia dentro di me perché si poteva evitare. So che la colpa non è solo di questo, ma credo anche che – riflette Mariotti – se ci fosse stato un cartello o una recinzione che ne impedisca l’accesso, magari Hanna e Oleksii non avrebbero fatto il bagno lì, ma si sarebbero spostati altrove». Mariotti in questi giorni ha perlustrato la spiaggia e raccolto numerose informazioni. «Sono arrabbiato perché continuano a succedere episodi di questo tipo e non fa niente nessuno. Il giorno delle ricerche dei loro corpi – racconta – un ragazzo di 14 anni si è sentito male e stava per annegare. Lo hanno salvato perché erano lì a cercare Hanna e suo figlio. Il 2 luglio un ragazzino di 7 anni e pochi giorni dopo uno di 14 hanno rischiato di annegare e sono stati salvati in tempo. Sempre lì». Per Mariotti quindi ha inizio, ora, un lungo percorso di sensibilizzazione e non è detto che non si possa intraprendere anche le vie legali. Intanto, settimana prossima la comunità ucraina si riunirà per una preghiera nel luogo della tragedia e lì faranno sensibilizzazione per allertare i bagnanti. «Ci vuole più consapevolezza – chiosa Mariotti – ci vuole una recinzione e ci vogliono cartelli ben visibili, ma soprattutto ci vogliono bagnanti attenti e con gli occhi sul lago e no, come ho potuto vedere in questi giorni, che spesso si distraggono guardando il cellulare o altrove».
L'annuncio
di Leonardo Omezzolli
A comunicare la notizia la vice sindaca di Riva Silvia Betta, felice per l’obiettivo raggiunto anche grazie alla disponibilità di spazio messa a disposizione dall’associazione Luogo Comune