domenica 15 Dicembre, 2024
di Simone Casciano
Il giro di affari delle mafie italiane in Trentino si aggira tra i 200 e i 250 milioni, le aziende trentine a rischio di infiltrazione sono più di 700 e le estorsioni in 10 anni, dal 2013 al 2023, sono raddoppiate. Questi i numeri, allarmanti, diffusi da un recente studio della Cgia di Mestre, dati che vanno letti anche nel contesto delle ultime notizie riguardanti la criminalità in Trentino: da una parte la maxi inchiesta della procura di Trento sul sistema Benko, Hager e Signoretti, a cui la magistratura contesta l’associazione a delinquere e il metodo mafioso, e dall’altra l’indagine della procura di Catanzaro sulla ‘ndrangheta che ha portato alla chiusura di 3 hotel al Passo del Tonale. «Segnali che fanno capire come anche un corpo sano si possa ammalare – dice Andrea Di Nicola, Direttore del Centro di Scienze della Sicurezza e della Criminalità dell’Università di Trento – Sarebbe sbagliato dire che il Trentino non abbia anticorpi e sistemi di protezione. Ma questi fatti ci dicono che l’allerta deve essere alta».
I dati
L’analisi della Cgia di Mestre parte quantificando il giro totale degli affari delle mafie italiane: 40 miliardi di euro. Una cifra spaventosa, che vale quasi due punti del Pil italiano e che metterebbero le mafie al quarto posto a livello nazionale se il fenomeno criminale venisse quantificato come un’azienda, la «Mafia Spa», dietro solo a Eni, Enel e da Gse. Un dato che secondo la Cgia rischia di essere addirittura «sottostimato, poiché non è possibile misurare anche i proventi riconducibili all’infiltrazione nell’economia legale». Secondo il centro studi sono 150mila le imprese «potenzialmente prossime a contesti di criminalità organizzata» in Italia. In Trentino sono 777 le imprese a rischio di infiltrazione mafiosa. Tenuto conto che il giro di affari nazionale stimato è di 40 miliardi e che le imprese a rischio in Trentino sono lo 0,5% del totale il conto è presto fatto: il giro di affari parte da 200 milioni e potrebbe salire anche fino a 250. L’altro numero da cerchiare in rosso, presente nello studio della Cgia, è quello legato alle estorsioni. Qui i dati precisi si prendono lo spazio delle stime e dicono che, dal 2013 al 2023, le denunce per estorsione sono quasi raddoppiate a livello italiano in 10 anni, passando da 6.884 a 11.438. In Trentino la tendenza è ancora più preoccupante perché si passa dalle 23 denunce del 2013 alle 72 del 2023, quasi triplicando in dieci anni, incremento del +213% che viene però battuto dall’Alto Adige dove le denunce sono passate in dieci anni da 24 a 111 (+362%).
«Alberghi a rischio»
«Chiaro che quando si vede un trend di crescita del genere è preoccupante – osserva Di Nicola – Dall’altra però va anche evidenziato che si parlava di numeri piccoli prima e anche ora. Quindi la crescita impressiona, ma il fenomeno rimane ristretto». Secondo il professore sarebbe poi utile comprendere di che episodi di estorsione si parla. «L’estorsione è l’ottenimento di un beneficio sotto minaccia. Rientra nel modus operandi mafioso certo, ma esiste anche l’estorsione del piccolo cravattaro e quella familiare. Detto questo la crescita si vede e va capito a cosa è legata, perché qui non è dovuta al pizzo, ma più a determinati ambienti economici». La metafora del professore è quella di un corpo sano colpito da una malattia. «I patogeni mafiosi sono meno visibili (meno violenti) di una volta, ma più pericolosi e numerosi. La mafia cercherà sempre di attaccare un corpo sano e quindi ricco». Le recenti crisi hanno reso più facile il lavoro di questo virus. «Il covid prima e poi l’inflazione e le difficoltà di accesso al credito legale hanno messo in difficoltà molte imprese e lì arriva la mafia. Non dobbiamo immaginarci il mafioso con la coppola, ma un manager di un’azienda magari con sede in un paradiso fiscale, ad esempio Malta, che arriva e compra l’impresa in difficoltà. In questo senso ristorazione e alberghi sono particolarmente a rischio, perché sono attività con cui per la mafia poi è facile riciclare denaro sporco e che hanno subito l’impatto delle ultime crisi».
L’assessore Roberto Failoni. «Tonale? Caso grave ma isolato»
Fatti che non vanno sottovalutati, ma che si inseriscono in un contesto sano, fatto di tantissimi imprenditori onesti che con il loro lavoro costituiscono una delle colonne del sistema economico del Trentino: il turismo. Questo il messaggio diffuso dall’assessore provinciale Roberto Failoni in seguito agli effetti dell’inchiesta sulla ‘ndrangheta, della procura di Catanzaro, che ha portato alla chiusura di 3 alberghi al passo del Tonale in Trentino. «Come assessore al turismo esprimo la massima fiducia nell’operato della magistratura – ha detto Failoni – L’indagine che ha portato alla chiusura di tre strutture al Passo del Tonale è certamente un fatto grave che seguiamo con attenzione». Un fatto grave che però «va sottolineato rimane un caso isolato, che non rispecchia la realtà del turismo trentino». Failoni dice che «Il nostro sistema turistico si basa su migliaia di imprenditori onesti che ogni giorno lavorano con professionalità e trasparenza per garantire l’eccellenza dell’ospitalità trentina». Per quel che riguarda gli elementi emersi dall’inchiesta Failoni conclude dicendo che «Come Provincia continueremo a collaborare con tutte le autorità competenti per tutelare il buon nome del nostro territorio». Simile anche la diagnosi del paziente fatta dall’assessore allo sviluppo economico Achille Spinelli. «I rischi – dice Spinelli – In Trentino non possono non esserci, un territorio ricco attrae anche la criminalità organizzata». Spinelli però precisa anche che in Trentino «i controlli non mancano. Professionisti e istituti di credito sono il primo livello, segnalando operazioni sospette. Il secondo livello sono i tanti protocolli e le collaborazioni costruite dalla Provincia con le forze dell’ordine e gli investigatori per condividere informazioni e rendere più efficace il sistema di vigilanza». Un’ampia rete di controllo «che non cancella i rischi – conclude Spinelli – Perché il rischio zero non esiste mai, però costruisce un serio sistema di prevenzione e azione».
Il monito di sindacati e Pd: «Ormai siamo nel mirino: non sottovalutiamo il pericolo»
Sindacati e Pd invitano a non sottovalutare il pericolo di infiltrazioni mafiose in Trentino. Dopo la chiusura di tre alberghi al passo del Tonale, la richiesta è quella di tenere bene aperte gli occhi. Il Pd in una nota firmata dal segretario Alessandro Dal Ri e dal capogruppo Alessio Manica chiede attenzione: «Leggiamo, con non poca preoccupazione, delle indagini che stanno interessando tante zone turistiche della Provincia Autonoma di Trento; dalla Val di Sole e l’Alto Garda, per arrivare fino al Primiero e alla Val di Fiemme. La preoccupazione è molta, ma niente di ciò che è riportato sulle cronache ci lascia stupiti. L’interesse delle mafie per il settore turistico, mettendo le mani su alberghi e strutture ricettive, al fine di portare a termine operazioni di riciclaggio di denaro illecito, è un’attività nota da tempo. Ormai le mafie non sparano più, non ne hanno alcun interesse, cercano di estendere la loro influenza attraverso questi metodi che sono estremamente tossici e, a lungo andare, creano danni irreparabili al tessuto economico e sociale interessato. Spiace sentire le dichiarazioni del Presidente Fugatti e dell’Assessore Failoni che, minimizzando, ritengono tali episodi solo dei casi isolati e che danno per scontato che il Trentino sarebbe dotato di anticorpi contro il fenomeno mafioso. Pensiamo che sottovalutare gli episodi emersi sia ciò che di più errato si possa fare in questo momento, perché così facendo, non si tutela il sistema economico trentino. Al contrario. Più le persone rimarranno nella convinzione che il Trentino, in fin dei conti, non è poi così tanto esposto a questi fenomeni, maggiore sarà l’esposizione ad essi».
Anche i sindacati invitano a non sottovalutare: «La chiusura di tre hotel al Tonale per mafia suscita forte preoccupazione. Purtroppo è l’ennesima conferma che il nostro territorio è finito da tempo nel raggio di attenzione di interessi illeciti della criminalità organizzata, come ha dimostrato anche l’inchiesta ‘Perfido’, ma anche che nel sistema imprenditoriale locale ci sia il rischio di sottovalutare il rischio infiltrazioni, a fronte della ricerca dell’utile economico immediato nell’affidamento di strutture che potrebbero sicuramente essere meglio gestite a livello locale, finendo così nell’intraprendere rapporti economici con realtà poco affidabili». Dicono in una nota i segretari di Cgil, Andrea Grosselli, di Cisl, Michele Bezzi, e della Uil, Walter Alotti. «È successo in più occasioni per la gestione del personale, anche negli alberghi e nei processi di esternalizzazione che penalizzano i lavoratori, e succede nuovamente quando come ora si costruiscono sodalizi che rischiano di essere più orientati alla massimizzazione del profitto che alla verifica del rispetto di tutte le regole – hanno aggiunto i sindacalisti – Gli inquirenti saranno chiamati a verificare se i proprietari degli alberghi, come confidiamo, fossero all’oscuro delle trame illecite della società a cui avevano affidato la gestione dei loro hotel, ma sicuramente una maggiore attenzione preventiva non avrebbe guastato. È sempre l’imprenditore che sceglie i propri partner in affari».