Cronaca
sabato 13 Gennaio, 2024
di Benedetta Centin
«Maltrattamenti in reparto», a ostetricia e ginecologia del Santa Chiara. Tutte ammesse le parti civili che avevano chiesto di entrare nel processo sollecitando un risarcimento, quantificato finora in oltre 1,2 milioni di euro, compresa quindi la mamma di Sara Pedri, in qualità di curatrice della ginecologa forlivese di 31 anni che dal 4 marzo 2021 risulta scomparsa e la cui auto è stata recuperata vicino al lago di Santa Giustina. Così ha deciso il giudice Marco Tamburrino nell’udienza preliminare di ieri in cui i due imputati, e cioè l’ex primario Saverio Tateo e la sua vice Liliana Mereu (non presenti in aula), hanno chiesto per il tramite dei loro legali di essere ammessi al processo con rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo di pena in caso di condanna.
Avvocati — si tratta di Salvatore Scuto, Nicola Stolfi e Franco Rossi Galante — che hanno anche depositato una corposa documentazione difensiva. A quanto trapela si tratterebbe di centinaia e centinaia di pagine tra dossier sull’organizzazione del reparto, testimonianze, trascrizioni di chat interne tra professionisti del Santa Chiara, e anche videoregistrazioni. E, ancora, una relazione sui doveri del primario e il lamentato demansionamento di alcune ginecologhe, sui rapporti interni tra medici e personale sanitario. Nella copiosa indagine difensiva c’è anche una perizia psichiatrica su Sara Pedri, redatta a partire dai messaggi WhatsApp e dalle mail, scritti dalla ginecologa dopo aver preso servizio al Santa Chiara e aver manifestato un forte disagio psichico. Un totale di centinaia e centinaia di pagine in pdf di perizia basata sul contenuto di messaggi vocali, messaggi sui social e altri file rinvenuti nel computer portatile di Sara. Secondo quanto emerso nell’elaborato, il suo malessere però non sarebbe riconducibile all’ambiente del reparto dell’ospedale di Trento, ma da una situazione di disagio pregressa. Quella depositata dalle difese è comunque una controperizia. Una consulenza dello stesso tenore era già stata depositata dal legale, l’avvocato Nicodemo Gentile, che assiste la famiglia Pedri, in particolare la madre, Mirella Santoni. E le conclusioni di questo elaborato sarebbero diverse: dimostrerebbe che la situazione della forlivese fosse invece legata all’ambiente lavorativo del reparto del Santa Chiara.
Ora si torna in aula nei prossimi mesi: Mereu e Tateo compariranno rispettivamente i prossimi 18 marzo e 19 aprile di fronte al giudice dell’udienza preliminare per essere sentiti. Loro hanno sempre respinto con forza le accuse.
L’ex primario era stato anche messo alla porta dall’Apss: un licenziamento, questo, dichiarato illegittimo dal giudice del lavoro Giorgio Flaim (sentenza depositata nel fascicolo dalla procura). Entrambi i camici bianchi devono rispondere dell’ipotesi di maltrattamenti in concorso. Quelli che, secondo le pm Licia Scagliarini e Maria Colpani, avvenivano in reparto. Messi in atto in modo continuativo e in concorso da parte dei due. Concretizzati — è l’accusa — attraverso ingiurie, umiliazioni, ma anche percosse, atteggiamenti inquisitori e minacce di sanzioni disciplinari. Abbastanza per innescare di giorno in giorno una condizione di stress e paura nel personale infermieristico, medico ed ostetrico. Ventuno le parti offese (ostetriche, infermiere e ginecologhe con la 31enne che, in quanto scomparsa, ora è rappresentata dalla madre). Di queste sette dottoresse assistite dall’avvocato Andrea de Bertolini, hanno chiesto di costituirsi sollecitando un risarcimento per i danni morali non inferiore a 50mila euro per ciascuna di loro. Un’ulteriore dottoressa, assistita dall’avvocato Giovanni Pesce, ne avrebbe chiesti 200mila di euro. Ma ci sono anche azienda sanitaria e sindacato Fenalt.