L'opinione

lunedì 7 Ottobre, 2024

Manzana: «Le imprese puntino su ricerca e sviluppo per evitare la crisi»

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Il monito: «Transizione 5.0, governo in ritardo. Manca credito alle aziende grandi e piccole»

Indicazioni per il futuro. Domani (martedì 8 ottobre) Fausto Manzana parlerà per l’ultima volta da presidente di Confindustria Trento, all’annuale assemblea, prima di lasciare le redini a Lorenzo Delladio. Lo farà con in mano i numeri del «Tableau de bord» dell’associazione di categoria e con la voglia di tracciare ancora una volta il percorso per il settore in Trentino.
Presidente numeri alla mano siamo di fronte a un periodo di recessione?
«È troppo presto per dirlo. Stiamo vedendo un anno molto altalenante nelle performance economiche che ha determinato una crescita contenuta. Serve maggiore attenzione e supporti agli investimenti e più in generale alle strategie di crescita. Non c’è dubbio che il mercato sia in sofferenza, se guadiamo all’export sappiamo che il nostro primo paese di riferimento è la Germania, naturale che se sta soffrendo di riflesso ci sia una flessione anche qui».
Sull’export nel secondo trimestre si vede una ripresa dell’industria?
«Si ma quello che vale è l’accumulato. Se noi a ogni trimestre siamo inferiori a quello precedente di riferimento non è buono. Sarà importante vedere la prestazione nel terzo del 2024, perché un anno fa fu particolarmente negativo, quindi dobbiamo capire se caliamo ulteriormente o recuperiamo. È importante poi tenere a mente la serie storica, che ci racconta di trimestri negativi in serie, ma anche di molti positivi l’uno dopo l’altro, e che mette quindi in mostra la vivacità e la potenzialità che esiste in Trentino».
La meccatronica da sola esporta 1,7 miliardi. Sembra quasi indicare la via per lo sviluppo del Trentino?
«Assolutamente. Un altro dato interessante che ci tengo a mettere in luce: le micro-imprese esportano appena lo 0,01% del totale, le piccole il 14%, le medie (che hanno più di 50 dipendenti) sono sopra il 36%. Questo ci dice che l’export lo fanno le aziende più strutturate».
Eppure i dati ci dicono che il Trentino è fatto soprattutto di imprese piccole o piccolissime.
«Vero, parliamo di una classe dimensionale molto piccola, quando invece abbiamo bisogno di più grandi imprese. Se vogliamo costruire Pil e Pil pro-capite, dobbiamo investire di più in ricerca e sviluppo e aumentare le nostre esportazioni verso il resto del mondo. Per fare questo servono imprese strutturate, quindi anche la dimensione delle nostre aziende è un tema. Se vogliamo crescere, anche in termini di salari, la strada è questa: solo così si aumenta la produttività. Piccolo è bello, ma anche molto suscettibile al contesto».
Un contesto in cui il credito cala. Cosa sta succedendo?
«A vedere i dati sembra che tutte le imprese facciano fatica ad accedere al credito, forse addirittura le grandi più delle piccole. Questo ci deve far riflettere perché le grandi imprese sono connesse ad un’economia globale e portano a casa una sensitività maggiore rispetto ad essa, e torniamo all’export e alla Germania. Allora i prestiti alle imprese seguono per capacità di investimento e ricerca di nuovi mercati e questo la dice lunga sul non desiderio di investire. Questo potrebbe essere un campanello di allarme anche in vista del prossimo anno. Pian pianino stiamo iniziando a comprendere che sarà un 2025 dalla crescita contenuta. In questo contesto, se mancano i crediti alle aziende, queste non investono e non ci sarà poi un ritorno sotto forma di innovazione, nuovi prodotti e nuovo valore di produzione».
Parliamo di ricerca e sviluppo. In Trentino è finanziata dalle imprese per il 30%. Un dato che va bene?
«No assolutamente non va bene. Analizziamo il dato. In Trentino investiamo in ricerca e sviluppo l’1,5% del Pil e la media dell’Ue è il 2,2%. Il pubblico poi fa lo 0,8% mentre la media del Nordest è dello 0,48%. Nel settore privato però noi facciamo lo 0,54% mentre nel Nordest si arriva all’1,1%. Quindi noi dobbiamo mantenere il nostro sistema pubblico, che ha grandi capacità di risultato, ma anche di attrarre finanziamenti da fuori provincia, e poi il privato deve poter trarre vantaggio da queste opportunità investendo anch’esso in ricerca e sviluppo. Questo sarà determinante per il futuro delle nostre imprese».
Come facciamo a metterci in pari con il Nordest?
«Industria 4.0 e ora Transizione 5.0 sono ottimi strumenti, ma servono percorsi normativi più snelli ed efficaci. Faccio un esempio pratico: l’annuncio del piano di transizione è di inizio anno, ma affinché tutto fosse delineato abbiamo dovuto aspettare fino ad agosto. 7 mesi in cui gli investimenti per le imprese si sono fermati in attesa di capire come farli e dove indirizzarli. Un tempo perso e che non si recupera. Abbiamo un problema con il legislatore che non mi sembra molto connesso alla realtà».
L’obiettivo è una crescita del Pil all’1%, ce la facciamo?
«Probabilmente sì, ma io faccio fatica a capire come possiamo accontentarci di così poco, soprattutto pensando che l’inflazione è allo 0,8%. Così non funziona, non possiamo dirci soddisfatti di questa crescita».