il traguardo
domenica 20 Novembre, 2022
di Denise Rocca
Il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto custodito all’ombra della cupola di vetro e acciaio disegnata da Mario Botta compie vent’anni e supera i 5 milioni di visitatori. Un’agorà del contemporaneo per l’architetto Botta tanto che per entrarvi invece di una porta d’ingresso ha disegnato una piazza.
L’unione di due città e un museo chiamato a raccontare un Novecento locale prestigioso ma poco conosciuto, figlio di un territorio pieno di contraddizioni dal punto di vista culturale. Tanto che Gabriella Belli, prima direttrice ma soprattutto ideatrice e regista del Mart quando ancora non era che una costola del Buonconsiglio all’interno dell’ufficio cultura della Provincia di Trento, lo ha voluto fin da subito proiettato sulla scena nazionale e internazionale. «Il mio must – racconta Gabriella Belli – è sempre stato lavorare sul locale cogliendo tutte quelle figure che avevano una presenza riconoscibile a livello internazionale. In quest’ottica è nata la mostra su Segantini a Palazzo delle Albere, la prima che doveva valorizzare grandi artisti trentini che erano stati capaci di uscire dai confini regionali con la loro intuizione. Quella mostra fece da spartiacque fra il concetto di un museo locale e quello di un museo internazionale. Capace di portare 100 mila visitatori in un tempo nel quale non esistevano ancora le mostre blockbuster, fu la scintilla dalla quale l’idea di creare un museo che uscisse dai confini territoriali venne generata. Lì è nato il Mart». Proprio ieri pomeriggio la sua creatura ha inaugurato tre nuove mostre: nella sede di Rovereto il museo proone «Eretici. Arte e vita»; in Galleria Civica, a Trento, «Paesi perduti. Appunti per un viaggio nell’Italia dimenticata»; mentre a Palazzo delle Albere «Linus» dedicata alla serie fumettistica cult. Tre diverse prospettive sul contemporaneo che vanno a sondare un presente sfaccettato e poliedrico, scomodo e irriverente.
«Novecento italiano, Futurismo e Poesia visiva: il Mart vanta capolavori insostituibili»
I visitatori sono il primo dato a risultare evidente anche ad occhi profani – oltre 5 milioni in questi vent’anni – meno scontato è il significato del dato sui prestiti. «I movimenti in entrata e in uscita sono il termometro dell’attività e del ritmo di un museo – spiega Belli – ma anche delle relazioni nazionali e internazionali che tiene. Significa che le collezioni permanenti del museo hanno un’elevata attrattività e quindi sono oggetto di interesse per prestiti temporanei e per mostre da altre realtà. Già agli inizi, quello degli scambi era un elemento interessante di questo museo la cui collezione per certi ambiti dell’arte italiana non ha molti rivali. Parlo del Novecento italiano, del futurismo e della poesia visiva. ll Mart vanta in questi ambiti capolavori che difficilmente sono sostituibili. Sono nuclei di grande qualità che erano e rimangono oggetto di grande interesse da parte delle altre istituzioni culturali. Del resto tutta la strategia di arricchimento delle collezioni attraverso depositi, donazioni e nuove acquisizioni è stata finalizzata, da sempre, all’obiettivo di avere qualche cosa che rendesse prezioso, unico e originale questo museo. Il rapporto fra le collezioni, gli archivi e la parte della biblioteca rimane un dato sicuramente raro e prezioso che rende piuttosto unico il Mart nel panorama artistico».
«È stato difficile far capire alla Provincia la lungimiranza e l’importanza a livello nazionale e internazionale del Mart. Molti credevano che non sarebbe mai nato»
A ricordare quei primi anni in cui il Mart era solo un’illuminazione per certi versi visionaria è Pietro Monti, sindaco di Rovereto e uno dei più convinti sponsor del nuovo museo all’interno della politica trentina. «L’idea del Mart nasce ancora nell’89 – racconta Monti – sindaco di Rovereto al tempo era Renzo Michelini ed è stato lui, sulla base dell’idea di aprire un museo di arte moderna e contemporanea che legasse Provincia, comune di Rovereto e comune di Trento a incaricare l’architetto Botta e l’ingegnere Andreolli di ipotizzare un’idea progettuale per una grande sede degna di quell’idea visionaria. Quando sono tornato a fare il sindaco nel 1990 ho trovato quindi questa prima idea e il Mart era un laboratorio all’interno delle Albere, piccolo ma aveva già fatto delle mostre molto interessanti. La difficoltà fu far capire ai vertici provinciali quanto fosse importante realizzare una sede di quella portata per un grande museo. Oggi, a distanza di vent’anni, assieme alle collezioni uniche cheil museo vanta, è la grande forza del Mart». Un museo rispettato fra i suoi pari, «aristocratico come aristocratica è l’arte contemporanea» dice Vittorio Sgarbi, critico d’arte e attuale presidente della realtà roveretana. Fatica ancora ad entrare nel cuore dei roveretani e dei trentini? «È stata un’idea
forte per la città di Rovereto – commenta Monti – oggi è una realtà importantissima e la sua importanza è aumentata in questi vent’anni. C’è da guardare al di là dei numeri, che sono significativi si badi bene ma non sono tutto. Anzi. È ciò che porta attorno e accanto a sé in termini di crescita culturale complessiva della città un’istituzione di questo genere che va tenuto in grande considerazione. Una città dove c’erano già segni e realtà culturali originali». Nonostante lo scetticismo il Mart si è fatto, vent’anni dopo si festeggia un compleanno sul quale nei primi anni ‘90 in tanti non avrebbero scommesso. «Molti pensavano che non si sarebbe mai fatto – commenta Monti – e invece siamo qui e credo di poter dire senza paura di essere smentito che è in assoluto l’opera più importante realizzata dalla Provincia fuori dal capoluogo. È stato un impegno non indifferente per l’amministrazione locale tenere il confronto con una giunta provinciale che ha, magari anche comprensibilmente, fatto fatica a capire la lungimiranza e l’importanza dell’opera che stavamo proponendo per il territorio e il suo collocamento a livello nazionale e internazionale».
«Sono state fatte mostre epocali, che hanno segnato gli studi e la ricerca della storia dell’arte»
Il Mart in questi vent’anni di attività ha organizzato 273 mostre nelle sue tre sedi, una progressione crescente nel corso degli anni che ha visto il museo arrivare alla doppia cifra di esibizioni organizzate annualmente nel 2010, fino all’anno più proficuo, quello delle 27 realizzate nel 2021. Numeri che dicono tante cose. Anzitutto raccontano una varietà e vivacità di proposte rivolte a pubblici diversi e una dinamicità nella ricerca e nella proposta di letture poliedriche della contemporaneità che vuole coinvolgere e interrogare persone diverse. Il pubblico generale, al quale sempre si rivolge un’istituzione museale, ma anche il mondo degli studiosi dell’arte e dell’interpretazione e lettura del gesto artistico. «Credo vada riconosciuto che il Mart ha saputo fare mostre epocali – spiega Gabriella Belli – che hanno segnato studi e ricerca della storia arte: penso a «Romanticismo e sentimento della natura», la mostra sul divisionismo italiano, «Pop art e minimal art», «Trash. Quando i rifiuti diventano arte» e sicuramente altre potrei citare. Sono stati momenti fondamentali dal punto di vista della ricerca, dell’immagine e della reputazione di questo museo. Ricordiamo che il Mart da laboratorio quale era agli inizi, alle Albere e ancora inserito come ufficio deidcato all’arte moderna e contemporanea all’interno dell’apparato provinciale, diventa struttura museale negli anni ’90. Ed è proprio questa strutturazione che permette da una parte di organizzare mostre di grande valore e dall’altra, sulla base di questa reputazione costruita con la proposta curatoriale e di opere importante che poi ha dato lo slancio per poter abitare nella maniera più consona l’opera, meravigliosa, di Mario Botta a Rovereto. La qualità delle proposte andava di pari passo, e come direttrice di museo credo fermamente che sia così anche oggi, con la capacità organizzativa e sopratutto di programmazione. Il Mart è diventato quello che è grazie a una visione culturale che è stata riconosciuta nel mondo dell’arte contemporanea ma anche alla visione di politici che hanno capito le potenzialità di quell’embrione di idea nato a fine anni ‘80, al grande lavoro di strategia di quei primi anni, ad uno staff che risicatissimo ha saputo però realizzare le idee di una politica che si è dimostrata illuminata. Il Mart senza tutto qeusto non esisterebbe: un’idea così non è mai il prodotto di una sola mano. Io sono stata la regista di un processo che ha avuto tanti attori, visionari, realizzatori».