alpinismo
giovedì 28 Settembre, 2023
di Davide Orsato
«Le prove ci sono. E ci sono anche le testimonianze. Non ho mai cercato pubblicità rispetto alla mia attività di alpinista, che ho sempre vissuto come un’esperienza personale, non mi interessano cosa pensano gli altri. Ma queste accuse sono semplicemente false e prive di fondamento». Così risponde alla querelle delle ultime ore Sergio Martini, uno dei tre italiani ad aver completato tutte le quattordici vette che superano gli ottomila (gli altri due sono Reinhold Messner e Silvio «Gnaro» Mondinelli), nonché il settimo in assoluto. Era così per tutto il mondo, almeno fino a poco fa. Ma lo è ancora, ed è quello che conta, per la comunità mondiale degli alpinisti. Già qualche anno fa, la serie di Martini è stata messa in discussione da uno dei più noti (e contestati) fact-checker di alpinismo attivo in rete, il tedesco Eberhard Jurgalski. Assieme a quella dei polacchi Jerzy Kukuczka e Krzysztof Wielicki , dello svizzero Erhard Loretan , del messicano Carlos Carsolio, degli gli spagnoli Juanito Oiarzabal e Alberto Iñurrategi e del trio sudcoreano formato da Park Young-seok, Um Hong-gil e Han Wang-yong, Insomma, una compagnia ben nutrita, formata da quasi tutti i principali alpinisti attivi negli ultimi decenni. Una polemica che era rimasta strettamente settoriale finché, il 18 settembre, il Guinness dei Primati, con un ampio articolo apparso sul proprio sito, non ha accolto la tesi di Jurgalski, che si basa sostanzialmente sulle rilevazioni satellitari delle cime (mobili in certi casi) e sulla ricerca ossessive di prove. Ma l’alpinismo, tradizionalmente, non funziona così, ha altri codici.
La replica di Martini
L’alpinista di Lizzanella aveva evitato finora di parlare della questione, nonostante fosse già stata sollevata. «Si tratta di vere e proprie falsità — spiega al T — soprattutto per quanto riguarda la carenza di documentazione. C’è tutto. E ci sono anche le testimonianze di chi era con me. Apprendo dal vostro giornale, inoltre, che questa persona (Jurgalski, ndr), è riuscito a ottenere in un caso le foto: ebbene, non capisco cosa ci sia di strano. Da quelle immagini il fatto che ho raggiunto la cima è incontestabile». Il sito 8000ers.com contesta a Martini l’ascesa sull’Annapurna e sul Manaslu, parlando nel primo caso di documentazione mancante e nel secondo di prove incongrue. Come a dire, le foto ci sono, ma potrebbero non essere dalla vetta. «Personalmente — conclude Martini — non ho mai avuto a che fare con questo signore, anche se so che stava spulciando la mia storia alpinistica. Io non ho mai voluto fare polemiche: ho preferito raccontare le mie esperienze, quando ero invitato a serate, a incontri dedicati alla montagna. È un argomento che ha preso gran parte della mia esistenza e che custodisco nei miei ricordi personali».
La smentita di Viesturs
La questione sollevata dal sito 8000ers.com parte da una disputa iniziata nei primi anni 2000, quando si cercò un consenso unitario su cosa significhi scalare una montagna. Ma forse ha poco senso applicare retroattivamente quanto stabilito negli ultimi anni. Ne andrebbe di mezzo non solo la lista dei «re degli ottomila» ma anche le prime storiche imprese come quella di Maurice Herzog, l’alpinista francese che conquistò la cima dell’Annapurna nel 1950. Ma sono i colleghi alpinisti, in primo luogo, a difendere il primato di Messner (e, a cascata, quanto fatto da Martini). Ed Viesturs, lo statunitense che per il Guinness sarebbe il nuovo primatista ha dichiarato: «Messner e gli altri alpinisti hanno fatto di tutto per scalare le vere vette, al meglio delle loro conoscenze e nelle condizioni che hanno trovato sul posto. Io credo che il primo resti lui». Tante le reazioni in Trentino: «Conosco Sergio Martini, la sua assoluta indisponibilità ad essere e ad apparire come personaggio, la sua abissale lontananza dal mondo mediatico, compreso quello che si occupa di montagna — nota Mario Cossali, presidente di Anpi Trentino — le accuse a lui rivolte sono una vera e propria calunnia».