L'intervista

giovedì 6 Giugno, 2024

Massimo Sartori, l’allenatore che scoprì Sinner, racconta: «La forza di Jannik è che decide da solo»

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L’allenatore ricorda: «A 13 anni in campo mi faceva sudare. Imparava tutto molto velocemente, con doti mentali innate». Sulla semifinale di domani con Alcaraz: «Lo vedo avanti»

Sentite Massimo Sartori, scopritore del fresco numero uno del mondo Jannik Sinner, che domani affronta Carlos Alcaraz nella semifinale del Roland Garros: «La forza di Jannik sta nella coerenza che ha sempre avuto nel portare avanti, non con le parole, ma con i fatti, la sua idea di diventare un giocatore di tennis di alto livello. E nella capacità di decidere da solo, in campo e fuori. Queste doti le hanno in pochi, lui più di tutti gli altri». Sartori, 57 anni, storico allenatore di Andreas Seppi e oggi di Giulio Zeppieri e Marco Cecchinato, ma in passato anche di Simone Vagnozzi e Alex Vittur, rispettivamente coach e manager di Sinner, scovò Jannik quasi dieci anni fa, novembre 2014. Era a Ortisei con Seppi per il Challenger gardenese e si trovò a fare due scambi in allenamento con quel tredicenne coi capelli rossi: «Mi fece sudare, ne fui impressionato. Chiamai Riccardo Piatti, con cui allora collaboravo, dicendogli che dovevamo portare questo ragazzo a Bordighera, nella sua accademia. Ma prima dovevo parlare con la famiglia…».
Come fu l’approccio con papà Hans Peter e mamma Siglinde?
«Guardi, ancora oggi a ripensarci provo invidia. Invidia per come questi genitori sono riusciti a educare Jannik. Lo hanno cresciuto aiutandolo a essere un ragazzo indipendente, libero di scegliere. In questo ricorda Seppi. Pochi genitori ci riescono davvero. Poi mi colpì un‘altra cosa…».
Racconti.
«La loro educazione. Avevano un figlio predestinato e mi impressionarono per il loro rispetto e la loro discrezione. E Jannik è ancora più educato».
Lei mi pronosticò l’ascesa di Sinner diversi anni fa: «Questo diventerà numero uno». Profetico…
«Profezia facile. Già da ragazzino aveva un rovescio superlativo e tanto altro. Oggi è migliorato in tutto, al servizio, di diritto, a rete, perfino nel rovescio che pensavo fosse già perfetto così. Merito di Vagno».
Vagno, cioè Vagnozzi, coach di Sinner dal 2022 e suo ex allievo…
«Vagno era nel gruppo che allenavo a Caldaro con Seppi. C’era anche Vittur, che è poi la persona che mi segnalò Jannik. Vagno era un ottimo tennista, penalizzato dal fisico, ma tecnicamente fortissimo. Se Sinner è migliorato nel gesto tecnico è merito suo e di nessun altro. Vagno è sempre sul pezzo, fa allenare Sinner ogni giorno maniacalmente sul dettaglio, sul colpo, sulla tattica. Cahill invece, con la sua esperienza e visione d’insieme, ha dato sicurezza a tutto il progetto tecnico. Fatto salvo che l’attore principale rimane sempre Sinner, uno che si presta volentieri a lavorare».
Lei, nel 2018 e 2019, è stato il primo coach ad allenarlo e accompagnarlo nel circuito…
«E ricordo che imparava tutto velocemente. Ma soprattutto si vedeva già una dote innata: la forza mentale che ti permette di vivere nel modo giusto la partita e cercare da solo le soluzioni adatte in campo. Anche fuori dal campo è così: Jannik si confronta, ascolta, ma poi decide lui. Altri campioni sono più fragili».
Penso a Tsitsipas che parla con il papà durante le partite, mentre Sinner nel 2022 esce dalla comfort zone di Piatti…
«Premesso che Sinner è molto più bravo di Tsitsipas – la differenza tecnica tra i due è enorme – Jannik è più forte anche sul piano emotivo, ma non solo di Tsitsipas, di tutti. Tutto parte dalla famiglia, da Sesto Pusteria».
In che rapporti è rimasto con Sinner?
«Ottimi. Anche se adesso ci vediamo poco perché sono impegnato molto con l’accademia a Vicenza e giro meno il tour. Ma l’ho incrociato a Roma, ci siamo salutati e parlati. Poi con Vagnozzi sono andato a pranzo».
Da ottobre Sinner ha vinto 57 partite su 61, quattro titoli Atp, la Coppa Davis e lo Slam agli Australian Open. Qual è stato il momento della svolta?
«Le tre partite ravvicinate contro Djokovic a novembre. In undici giorni lo ha affrontato due volte alle Atp Finals e nella semifinale di Coppa Davis. Lì è scattato qualcosa, ha capito che era il più forte. Non a caso ha battuto Nole in Davis salvando match point e poi lo ha ribattuto a gennaio in Australia».
Ora che ha raggiunto ciò che si era prefissato, lo Slam e il numero 1, per Sinner viene il bello o il difficile?
«Il bello. Atleti del livello di Jannik sanno sempre individuare nuovi obiettivi, il suo sarà vincere il più possibile per anni. E poi, ripeto, lui è forte di testa: è da quando è bambino che insegue e raggiunge i suoi sogni attraverso un comportamento esemplare. Continuerà a farlo».
Domani a Parigi semifinale con Alcaraz. Chi vince?
«In questo momento vedo avanti Sinner, che ha le idee chiare ed è più dentro alle cose che fa. Alcaraz negli ultimi tempi ha perso qualcosina per strada».