cronaca
venerdì 24 Marzo, 2023
di Davide Orsato
Costretta a sposare il cugino, dietro a violente minacce, sia di morte, sia di perdere — di fatto — la libertà, privata di documenti e, quindi, senza la possibilità di rientrare in Italia. Una storia di violenze e soprusi, compiuti da un «padre padrone» che ricorda da vicino la vicenda di Saman Abbas, la diciottenne uccisa dai familiari a Reggio Emilia perché si è rifiutata di sposare un connazionale. L’epilogo, ora si può dire, è meno tragico: tutti i protagonisti della vicenda trentina (avvenuta in un centro della Rotaliana) sono vivi, compreso il padre che, poco più di un anno fa ha tentato di togliersi la vita, gettandosi dal balcone di casa, la moglie, in quel momento in Pakistan assieme a una delle figlie, «convolata» a nozze, contro la sua volontà, tra le lacrime. Ed è proprio a partire da quel gesto che i carabinieri della compagnia di Trento, con l’aiuto della polizia locale della Rotaliana, sono riusciti a ricostruire l’intera, agghiacciante vicenda, che risale a febbraio 2022. Quel viaggio in Pakistan doveva essere semplicemente l’occasione, per la moglie dell’uomo, di far visita ai suoi genitori. Ma il marito aveva altri piani. All’ultimo piano ha preteso che al viaggio partecipassero anche le due figlie, mettendo loro in mano, all’ultimo momento, due biglietti aerei. Il piano era pronto da tempo: una di loro, di diciannove anni, una volta arrivata in Pakistan avrebbe dovuto sposare il figlio di sua sorella. Un matrimonio tra cugini. Il padre ne aveva parlato in qualche occasione, ma la figlia si era sempre rifiutata, anche se qualche volta si era dimostrata accondiscendente, per timore di conseguenze, in particolare quando lui esagerava con l’alcol, il che accadeva piuttosto di frequente. Ma, una volta scoperti gli intenti del padre, la figlia ha rifiutato. Sono quindi volate, via telefonino, le minacce. «Vi ucciderò tutte — le parole dell’uomo, tramite messaggi vocali in lingua urdu — chiamate pure chi volete a difenderti ma vi ammazzo tutte e tre. Vi faccio vedere chi sono…». Terrorizzate, e spaventate dall’idea di rimanere bloccate in Pakistan (l’uomo aveva minacciato anche di chiedere a un parente di ritirare loro il passaporto), la figlia ha acconsentita alle nozze. Gli inquirenti sono in possesso di video e foto che immortalano il momento: non c’è traccia di gioia, solo di disperazione.
Il giorno successivo, a minacciare il suicidio è il padre, che non ha mai lasciato il Trentino. Lo fa durante una videochiamata, con moglie e figlie che lo osservano, in Pakistan, sullo schermo dello smartphone. E davanti ai figli maschi, rimasti in casa. I familiari chiedono aiuto, viene ricoverato brevemente in ospedale, dove afferma di aver fatto «una cosa brutta». Difficile sapere se si è pentito del gesto. Molto probabilmente si sentiva alle strette: al comando della polizia locale, infatti, era già arrivata una denuncia da parte delle vittime. Nel frattempo rientrano in Italia moglie e figlie, che però rifiutano di tornare sotto lo stesso tetto dell’uomo. Seguono altre scenate, durante una di queste, l’uomo si getta davvero dal balcone, con un volo di quattro metri, che gli provoca ferite per una prognosi di trenta giorni. In quella circostanza, torna a percuotere la figlia, con uno schiaffo. È l’ultima goccia: i carabinieri, forti di una denuncia dettagliata, portano la moglie e tutti i figli al sicuro da quel padre violento. Intanto, le indagini sono già partite. Nei mesi successivi, gli inquirenti, con l’aiuto di interpreti, ricostruiscono una lunga lista di soprusi, tra cui figurano anche violenze sessuali nei confronti della moglie, in stato di ebbrezza. L’uomo dovrà ora rispondere di maltrattamento, violenze e anche di costrizione al matrimonio (fino a cinque anni di carcere): lo farà a breve, il gip ha infatti chiesto il giudizio immediato (con la facoltà di ricorrere al rito abbreviato). Ad assistere le parti civili, l’avvocato Giuliano Valer del foro di Trento.