il ricordo

venerdì 28 Luglio, 2023

Mattia Amort, il ricordo: «Tradito dalla montagna che amava»

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Esequie spostate a Cavalese perché sono attesi molti alpini. L’amico: «Era in parete con la fidanzata, ha sentito la corda tirare»

«Una profonda ingiustizia, non doveva accadere». A tre giorni dalla morte di Mattia Amort non si capacitano ancora gli amici e i familiari del tenente degli alpini, deceduto martedì all’ospedale San Maurizio di Bolzano, dov’era stato ricoverato a seguito della caduta sul Catinaccio, domenica mattina, mentre era impegnato nella ferrata Detassis. Oggi sarà il giorno dell’ultimo addio: non nella chiesa di Varena, comune di Ville di Fiemme, come inizialmente annunciato, ma nella più grande pieve di Cavalese. Uno spostamento necessario: si prevede che la cerimonia, che inizierà alle 18, la riempirà completamente e ci sarà bisogno anche di ricorrere al piazzale antistante. Il motivo? Oltre ai moltissimi che conoscevano Amort in val di Fiemme, è atteso anche l’arrivo di tanti alpini, commilitoni del settimo reggimento di Belluno, Brigata Julia, dov’era in servizio, ma anche compagni di corso all’accademia militare di Modena.
In cordata con la fidanzata
I tanti amici che condividevano con lui la passione della montagna vogliono far chiarezza sull’incidente di domenica. «Andremo a recuperare le corde, cercheremo di capire cos’è successo – spiega Luca Scarian, vigile del fuoco volontario, amico d’infanzia di Mattia – lui era un alpinista esperto e conosceva bene quella via. L’incidente è avvenuto in un passaggio relativamente facile». Secondo le ricostruzioni del Soccorso alpino, il giovane di 27 anni si trovava al settimo tiro, ed è caduto per una ventina di metri dopo aver perso l’appiglio. «Paradossalmente – prosegue Scarian – questo tipo di incidente è più pericoloso con una pendenza bassa… fosse successo con un settimo, ottavo grado, forse se la sarebbe cavata con ferite minori. Invece sembra aver battuto più volte la testa nel corso della caduta».
Unica testimone di quanto accaduto la fidanzata, Marianna Bernardi
Un amore nato sui banchi di scuola, al liceo scientifico di Cavalese: la coppia aveva condiviso molte uscite in alta quota. In quella che si è rivelata l’ultima erano partiti dal rifugio Roda di Vael, per scalare la montagna che dà il nome alla baita. «Lei non l’ha nemmeno visto cadere – conclude l’amico – ha sentito solo la corda tirarsi. Lui era davanti, ma nascosto dalla cengia».
La ragazza ha provato a chiamarlo, senza risposte. Poi ha chiamato il 112, per un soccorso disperato.
Una raccolta per ricordarlo
Alla vigilia del funerale la famiglia di Mattia Amort si chiude in un rispettoso silenzio. «Era un ragazzo d’oro – spiega la cugina, Mariachiara Bazzanella – legatissimo a tutti noi. Nonostante fosse di stanza a Belluno, tornava appena poteva, aveva tutti gli affetti qui. E seguendo le orme dei genitori voleva mettersi a disposizione degli altri». Come volontario del Soccorso alpino, come papà Andrea, come mamma Monica, impegnata in ospedale. «L’amore per la montagna – conclude tra le lacrime – l’aveva preso da nostro nonno Marco, scomparso da poco. È davvero difficile accettare quello che è successo: lo sentiamo come una tremenda ingiustizia».
Ma c’è anche la «seconda famiglia» di Mattia, quella degli alpini. Le penne nere, a cominciare dai suoi compagni di corso, lo vogliono ricordare con una raccolta fondi. In poche ore sono stati raccolti 12 mila euro, che verranno devoluti in beneficenza (la causa sarà specificata): alcune donazioni individuali hanno raggiunto i 300 euro, dimostrando il gran cuore degli appartenenti al Corpo. «Eri il migliore del nostro corso – raccontano i commilitoni– sia negli studi, sia per quanto riguarda le prestazioni fisiche, le capacità militari e le doti morali. Giunto a Belluno hai saputo coniugare la passione per la montagna alla tua innata arte al comando. La stessa passione che ti ha portato alla fatale ascensione della Roda di Vael, nel luogo dove regna il silenzio e osano le aquile, dove incontrato il destino beffardo».