L'indagine

giovedì 23 Marzo, 2023

Maxi frode sul bonus 110% Due trentini ai domiciliari

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L'indagine della procura di Asti ha coinvolto 37 persone, 68 persone e un giro d'affari di quasi 2 miliardi

La gran mole di fatturazioni fatte, per importi di decine di milioni di euro, era di fatto falsa, carta straccia. Ma aveva uno scopo ben preciso: utilizzata non solo per documentare al fisco lavori edili mai realizzati, ma anche per riciclare proventi dell’attività illecita. Per un ammontare di almeno un miliardo e mezzo di euro. Sarebbe questo il meccanismo che c’era dietro la maxi frode fiscale sui bonus edilizi, principalmente «Ecobonus» e «Bonus facciate», portata a galla dalla guardia di finanza di Asti che ieri, con i colleghi di altre regioni d’Italia, 150 militari in tutto, hanno eseguito una raffica di perquisizioni (oltre settanta in diciotto province, anche la nostra), e una decina di ordinanze di custodia cautelare. Rispettivamente quattro in carcere e sei ai domiciliari. Tra i destinatari di queste ultime misure anche due trentini. Si tratta di Piero Fabbri, 55 anni di Trento, e Giovanni Margilio, 58, anche lui di Trento ma raggiunto dalle fiamme gialle a Lecce, considerati dagli inquirenti delle «teste di legno», con società che di fatto erano inoperative, quindi delle «cartiere», funzionali a generare dei crediti fiscali. L’indagine, coordinata dalla Procura di Asti, ha coinvolto in tutto 37 persone e 68 società e ha scoperto appunto un enorme castello di carte che creava società finte per accedere al credito dei bonus per l’edilizia. In sostanza la gran quantità di crediti fiscali, per 1,5 miliardi, sarebbe stata generata solo sulla carta, innanzitutto – è l’accusa – grazie all’opera di un commercialista con studio al Vomero, Napoli, e cioè Enrico Maria Giuffrida, e a un suo stretto collaboratore, l’albanese Roberti Arapi, con studio a Schio, nel Vicentino. Utilizzando partite lva intestate per lo più a prestanome, inserendo nei cassetti fiscali dell’Agenzia delle Entrate dati ritenuti non veritieri. I due sono finiti in carcere, così come due imprenditori edili albanesi di Asti e Mondragone. I restanti sei, tra cui appunto i due trentini, sono invece stati ristretti ai domiciliari. Sono tutti accusati a vario titolo di associazione a delinquere, truffa nei confronti di enti pubblici, riciclaggio, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. Reati, questi, che sarebbero stati commessi nel periodo 2021 2022. Tutte accuse da cui i destinatari delle misure avranno modo di difendersi nei prossimi giorni, quando compariranno davanti al giudice per l’interrogatorio.
Gli investigatori di Asti hanno analizzato qualcosa come 18 mila immobili (in 2800 Comuni), per i quali era stata aperta una posizione sul portale dell’Agenzia delle Entrate. Molti edifici non esistevano nemmeno, a volte non esisteva nemmeno il Comune dove dovevano insistere. Diverse delle richieste di bonus erano state presentate da società inesistenti, intestate a prestanome, alcuni di questi senza fissa dimora che avrebbero accettato un compenso minimo per diventare rappresentanti delle ditte. Del miliardo e mezzo di crediti fiscali accumulati, circa un terzo sono stati incassati con la cessione del credito, il resto bloccato dai finanzieri. E a quanto pare quattro milioni, ottenuti da Poste come cessione del credito, sarebbe finito in Cina. Quanto ai sequestri eseguiti ieri, hanno impedito che i crediti, per 1,7 miliardi, potessero essere utilizzati in compensazione o monetizzati attraverso gli intermediari finanziari.