L'intervento alla festa dell'Euregio
domenica 14 Maggio, 2023
di Ilaria Tonini
«L’orso va tolto. Portiamolo in Romania o in Siberia». Queste le parole di Reinhold Messner, il re degli Ottomila, ospite attesissimo ieri al teatro di Ala in occasione della festa dell’Euregio.«In Ungheria e in altri paesi dell’est Europa, la gente ha imparato a convivere con orsi e lupi. Questo accade anche nell’Appennino, Noi abbiamo perso questa cultura, mentre nei nostri territori resta viva la cultura della montagna», ha aggiunto il primo alpinista ad aver raggiunto la cima di tutte le quattordici montagne che superano gli ottomila metri.
Lo stile di vita montano è però in pericolo. «Adesso vengono questi orsi e lupi, che in una notte riescono a far fuori trenta pecore in modo tragico. I nostri contadini in Südtirol se ne stanno andando». La politica deve comprendere la necessità di trasferire i grandi plantigradi in territori più adatti. «Sono i contadini a tutelare il paesaggio montano e la cultura di sopravvivenza in montagna». Messner ha anche colto l’occasione per proporre una riflessione agli animalisti. «Devono capire che anche pecore e capre sono animali da difendere. Non dobbiamo dimenticare che gli animalisti sono idealisti, ma sono cento volte di più di quelli che lavorano la terra». L’alpinista si è poi rivolto a chi nello scorso mese, dalla tragica morte di Andrea Papi, ha usato i social per prendere posizione, spesso senza conoscere il territorio trentino: «Chi vive a Milano non ha mai visto un orso e il lavoro che fanno i nostri contadini».
Il dialogo, moderato da Giampaolo Pedrotti, capo ufficio stampa della Provincia, si è inserito nella cornice della festa dell’Euregio. Occasione per respirare un’atmosfera multiculturale, l’evento si tiene ogni due anni. «Il concetto di Euregio esiste da molti anni. C’è stato però un inizio scettico. Non subito i due gruppi hanno accettato di muoversi in questa direzione», ha commentato Messner, figura emblematica dell’Euregio.
Originario della val di Funes e di madrelingua tedesca, fin da piccolo l’alpinista ha avuto occasione di immergersi nella cultura italiana. Il nonno viveva a Colle Santa Lucia, un piccolo comune in provincia di Belluno. «Faceva parte del Kaiserreich. Il Tirolo una volta era molto più ampio di quando da piccolo andavo a scuola. Vorrei che il vecchio Tirolo andasse a formare una struttura unica», ha affermato Messner, scatenando gli applausi della grande folla che ha riempito il teatro Giacomo Sartori. Oltre a portare avanti la cultura di montagna e di sopravvivenza, il territorio formato da Tirolo del Nord, Südtirol e Trentino è capace di tutelare il bilinguismo e la multiculturalità. «Lentamente cogliamo che quello che una volta era un peso – persino una disgrazia per qualcuno – è diventato un dono. Per capire questo tema dobbiamo entrare nei punti critici della nostra storia e raccontare quello che è accaduto», ha proseguito l’alpinista, sulle note di «Andrea» di Fabrizio De André. Il brano, scelto da Messner stesso, affronta il tema della diversità. Racconta infatti della storia d’amore tra Andrea, un contadino, e un soldato dai riccioli neri caduto al fronte. «Tirolo, Südtirol e Trentino hanno goduto di una storia comune fino alla prima guerra mondiale. Poi i racconti si distaccano». Nel 1939, le opzioni in Alto Adige, concordate da Mussolini e Hitler per risolvere il contenzioso sulle isole linguistiche tedesche, hanno creato contrasti e distrutto famiglie. «L’importante è capire cosa è successo nei cuori e nelle emozioni delle persone». Successivamente, negli anni Settanta, è cresciuta la consapevolezza che bisogna stare insieme per difendere l’autonomia. «Noi tutti oggi siamo europei. Non cominciamo a dividerci».
Da protagonista della vita in montagna, Reinhold Messner ha poi parlato di come questa sia influenzata dai cambiamenti climatici. «La natura non fa errori, non è maligna. Siamo noi a portare le emozioni verso la natura. Se facciamo errori gravi, come quello di utilizzare l’energia fossile nell’industria, prima o poi avremo un problema». E forse succederà prima che poi, dati i recenti episodi tragici che hanno coinvolto le nostre montagne. Come quello del crollo di una sezione del ghiacciaio della Marmolada. «La montagna non è malata – ha detto – I crolli sono inevitabili. Il clima è cambiamento, è così da milioni di anni. Fa su e giù. Il problema è che adesso questo avviene più velocemente». L’alpinista ha poi lanciato un messaggio ai giovani: «Avete il diritto di fare la rivoluzione. Ma se credete che la generazione prima di voi ha distrutto il pianeta consapevolmente, sbagliate».