Sport
domenica 23 Marzo, 2025
Mezzo secolo fa, il giorno dei giorni dello sci: Gustav Thöni vinceva il parallelo di Ortisei
di Lorenzo Fabiano
La Val Gardena fu presa d’assalto da 45.000 persone con un tifo da ultrà. E per la prima volta una gara di sci venne coperta da uno sponsor

Il giorno più lungo, come il titolo di un vecchio film. Era la domenica del 23 marzo di cinquant’anni fa e da allora nulla fu più come prima. Quel giorno uno sport come lo sci entrò a piè pari nell’era moderna.
L’attesa era spasmodica, la Val Gardena fu presa d’assalto da 45.000 persone con un tifo da ultrà; per la prima volta una gara di sci venne coperta da uno sponsor, la Parmalat, che investì una ventina di milioni di lire per tappezzare il pendio di striscioni col suo marchio. Ciò che accadde sul pendio del Ronc di Ortisei, fu davvero qualcosa di incredibile, imponderabile e irripetibile: una rappresentazione degna del teatro dell’assurdo. A suggello della stagione, la Fis aveva inserito uno slalom parallelo che negli intendimenti altro non doveva essere che una passerella finale per celebrare i campioni a giochi fatti. Nulla più che una festa di fine annata. Nessuno, ma proprio nessuno, poteva prevedere che la più insignificante, almeno all’apparenza, delle gare divenne invece uno spareggio per assegnare la Coppa del Mondo del 1975 che si tradusse in un evento mediatico dalla portata planetaria. Successe che in tre, Gustav Thöni, Ingemar Stenmark e Franz Klammer si presentarono al giorno dell’epilogo a parità di punti, 240 a testa. E così quel parallelo divenne l’atto finale di un thriller con i contorni di una spy story, neanche ci fosse dietro la regia di Sir Alfred Hitchcock. A dire il vero, le premesse c’erano tutte, in quanto quella stagione fu rocambolesca sin dall’inizio, in un susseguo di ribaltoni e contro ribaltoni fino al gran colpo di scena finale. Un copione perfetto, un capriccio degli dèi. Fu, tra l’altro, uno scontro tra Hermann Nogler, gardenese, ex cittì azzurro esautorato dopo le infelici Olimpiadi del 1968 a Grenoble, l’uomo che scoprì Stenmark quando aveva tredici anni e che lo avrebbe seguito tutta la carriera, e quella volpe di Mario Cotelli che sul campo di battaglia mise una precisa strategia di gruppo; «Oggi si lavora di squadra, tutti uniti per Gustavo!», il diktat.
La corruzione, si sa, è vecchia quanto l’uomo, e volle la sua parte. La storiella l’avrebbe raccontata Mario Cotelli quarant’anni dopo: Helmuth Schmalzl, alla sua ultima gara della carriera proprio davanti a casa sua e opposto al primo turno a Klammer, nella immediata vigilia venne avvicinato da persone vicine alla casa che forniva gli sci all’austriaco che gli fecero delle avances per farsi da parte e dar via libera al suo avversario. Cosa che un gentiluomo come Helmuth non prese neanche in lontana considerazione; lui fece la sua gara, ma fu lo stesso Klammer a uscire da solo. La partita si restringeva ora a due, tra Gustav Thöni e Ingemar Stenmark, il campionissimo e l’astro nascente che pochi giorni prima aveva compiuto 19 anni e aveva invitato lo stesso Gustavo alla sua festicciola nella stube dell’Hotel Adler a Ortisei. Dal miele si passò al peperoncino nei quarti di finale quando scoppiò il putiferio. Stenmark, opposto al polacco Jan Bachleda, suo amico e compagno di allenamenti, si incartò aggrovigliandosi a un palo. I quarantacinquemila della torcida, e l’incontenibile Cotelli coi galloni del capopopolo, esplosero di fronte a quella che pareva essere un’inforcata. Un’illusione. Non era così. Dopo un’estenuante attesa, fu la moviola (la prozia del Var) a chiarire come Stenmark con un prodigio fosse riuscito a far ruotare lo sci attorno al palo e a passare regolarmente. Nella manche di ritorno, Bachleda aveva tuttavia un vantaggio tale da potersi permettere di scendere con uno sci solo, ma non trovò di meglio che andarsene via per funghi a metà tracciato. Apriti cielo, Cotelli schiumava rabbia e partirono scambi di accuse con Nogler. Ma di santi, quel giorno, neanche l’ombra: quando si trovò ad affrontare Thöni, Tino Pietrogiovanna si fermò alla terza porta… ça va sans dire. Si arrivò così, in un clima rovente, al duello finale, ormai scontato, tra Thöni e Stenmark. Il primo per la quarta Coppa del Mondo e la leggenda, il secondo per la prima e aprire quindi una nuova era. Tensione a mille. Gustavo, catechizzato dai saggi consigli dell’allenatore azzurro Oreste Peccedi, scattò fuori dal cancelletto come una furia per costringere il suo giovane rivale a rincorrere; in ritardo, lo svedese recuperò terreno fino ad affiancare l’azzurro, ma chiese troppo a se stesso, esagerò, e a tre porte dal traguardo saltò. Tripudio e spumante a fiumi. La Coppa del Mondo era di Gustavo, la sua quarta e la quinta dell’epopea della Valanga Azzurra; per lo scettro Stenmark avrebbe dovuto attendere un altro anno. Calò così il sipario sul Ronc, una pista oggi fantasma che come sue antiche vestigia mostra giusto i piloni dello skilift, ma che consegnò allo sci il Giorno più lungo, l’epica. Memorabile.