il personaggio
sabato 12 Agosto, 2023
di Claudia Gelmi
Ha fatto «politica» fino agli ultimi suoi giorni. L’ha fatta sempre. Mettendoci la voce, il volto, il corpo. Sostenendo caparbiamente l’onere e l’onore della ricerca della parola che definisse chirurgicamente gli stereotipi e gli ostacoli che affliggono la società, cercando di decostruirla con lemmi che ne narrassero una diversa, più libera, più equa e inclusiva delle multiformi istanze sollecitate da un’umanità non incasellabile in definizioni precostituite e norme limitanti. «Ha ribadito, con ogni parola, che la vita è in sé politica. Ha a che fare con la relazione. I legami tra le persone sono più persistenti delle persone stesse»: così ha scritto ieri su «Repubblica» Chiara Valerio, ricordando l’amica Michela Murgia scomparsa giovedì a causa di una grave forma di tumore. Soffermandosi a spaziare, oggi, dentro la sua produzione letteraria, si può cogliere un filo rosso che tiene insieme l’essere politico di Murgia dagli esordi fino al funerale che si celebrerà oggi nella chiesa degli artisti della capitale. La stessa scrittrice ha dichiarato infatti di voler lasciare un’eredità simbolica a chi «nella vita ha dovuto combattere sentendosi sempre qualcosa in meno». La figlia d’anima protagonista del romanzo Accabadora del 2009 (Premio Campiello e Premio Dessì) incontra così i quattro reali figli d’anima di Murgia, componenti della sua «queer family» che l’ha accompagnata nel percorso della malattia e della morte e che l’intellettuale sarda si è impegnata a tutelare anche attraverso un matrimonio tradizionale celebrato lo scorso luglio «in articulo mortis». «Ma il rito che avremmo voluto ancora non esiste», ci ha tenuto a ribadire, facendosi portavoce di una richiesta di garanzie giuridiche di forme relazionali non tradizionali, basate sui legami affettivi invece che su quelli riproduttivi, di sangue e patriarcali che caratterizzano il sistema normativo contemporaneo.
Nei suoi saggi, da «Stai Zitta» a «Istruzioni per diventare fascisti», nell’illuminante podcast scritto con Chiara Tagliaferri «Morgana», che è diventato l’iconica dimora delle donne fuori dagli schemi, nella delicata e profonda analisi della mistificazione dei rapporti fra i generi illustrata nel romanzo «Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna» e, infine, dando un nome alla malattia, mostrandola e liberando così chi la vive da ancestrali pudori e indotte vergogne e colpe (definitivo il racconto presente nel suo ultimo romanzo «Tre ciotole»), c’è tutta la portata politica — oltre che altamente letteraria — del pensiero e dell’azione di Michela Murgia, che ha fatto della parola lo strumento più sovversivo per definire, decostruire e ridefinire la realtà, dando forma a un sentire comune, soprattutto afferente al genere femminile, che ha trovato voce e diritto di cittadinanza.
«Molto veloce, in un Paese lentissimo»: così l’ha salutata ieri Nicola Lagioia. Un pensiero veloce quello di Murgia, proprio degli e delle intellettuali, che interpretano il mondo, anticipano istanze, immaginano e indicano scenari migliori, lasciando in eredità gli strumenti per comprendere, e le parole per dire.
Michela Murgia sapeva trasmettere una potente quanto ironica forza comunicativa anche dal palcoscenico, grazie alla sua abilità drammaturgica che l’ha portata ad abitare con disinvoltura i teatri italiani con molti spettacoli da lei scritti e interpretati. Negli anni più recenti, la malattia, e prima la pandemia mondiale, hanno segnato anche i passaggi di Murgia in Trentino. Proprio il suo «Dove sono le donne?» è stata una delle pièce che nella drammatica primavera del 2020 fu sospesa due volte a causa del Covid. Era in programma al teatro di Pergine, nella stagione organizzata dal Coordinamento Teatrale Trentino. Sfortuna volle che nell’autunno, in una delle brevi finestre in cui si tentò di riaprire i teatri e in cui fu riprogrammato lo spettacolo, si sia dovuta cancellare anche quella data in quanto l’autrice era stata esposta al virus. Fu solo a giugno del 2021 che il pubblico trentino poté vedere Michela Murgia dal vivo. Il suo «Don Giovanni, l’incubo elegante» inaugurava la stagione estiva di Ala in un momento storico carico di speranza verso una possibile uscita dalla pandemia e un ritorno alla socialità.
Infine, il 2022. Un nuovo ostacolo si frappose nella tournée teatrale dell’autrice, quello delle sue condizioni di salute. Vennero così cancellate a gennaio la data di Predazzo e a febbraio quella di Rovereto. Murgia avrebbe dovuto portare in scena «Dove sono le donne?», ma ciò non avvenne, di nuovo, a due anni di distanza dalla prima cancellazione. «C’era molta incertezza sul riuscire a riprogrammare lo spettacolo, perché Murgia aveva ridotto molto i suoi impegni – ricorda Micol Cossali, assessora alla cultura del Comune di Rovereto – Mi sarebbe piaciuto fosse riuscita a venire (ma questo non accadde purtroppo) perché ha saputo portare delle riflessioni acute sulle pieghe, anche le più sottili, in cui si nascondono gli stereotipi e i blocchi culturali, non solo in riferimento alle donne, ma dell’intera società. Non si trovano voci così forti con una capacità comunicativa capace di raggiungere in modo efficace un ampio pubblico. Penso che anche per questo sia stata molto amata: riusciva a dare parola e forma alle criticità con una straordinaria abilità comunicativa, senza mai elidere la complessità e le sfumature».
Loreta Failoni, presidente del Coordinamento Teatrale Trentino che si occupa della circuitazione dello spettacolo dal vivo sul territorio provinciale, incluse pertanto le produzioni sopra citate, torna con la memoria a quel giugno del 2021: «Avevo appena finito di leggere un suo libro quando ho assistito allo spettacolo organizzato dal Coordinamento ad Ala “Don Giovanni”. Il pubblico, numeroso e attento, le aveva riservato un’ovazione. Il Covid prima e la sua malattia poi, ci hanno impedito di poterla ascoltare nei teatri della provincia nei quali erano stati programmati i suoi spettacoli. Era un piacere ascoltarla. Ci ha ispirato con le sue parole. Donna di un’intelligenza unica, colta, gentile e ostinata nella difesa dei diritti di tutte e di tutti. Mancherà davvero la sua voce nel mondo del teatro e della scrittura. Oggi ho riletto le sue parole riportate sul retro di “Stai zitta”: “Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva”».
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