migrazione
giovedì 31 Agosto, 2023
di Margherita Montanari
«Il governo ci ha chiesto disponibilità per un centro per il rimpatrio regionale. In questi giorni stiamo discutendo della proposta con il presidente Kompatscher. La nostra richiesta è di farne due piccoli, da 20-25 persone, per ciascuna provincia». Di deciso ancora c’è poco. Non si conoscono i dove e i quando. Ma perlomeno le due Province, come anticipato martedì scorso dal governatore altoatesino Arno Kompatscher e come ribadito ieri dal presidente Maurizio Fugatti, sono al lavoro per portare a Roma una proposta specifica per far fronte alle richieste del ministero dell’Interno: «Farne due piccoli, da 20-25 persone in ciascuna provincia».
Non sono centri di accoglienza, rimarca Fugatti, ma vere e proprie strutture «per persone in attesa di espulsione». Quelli che fino al 2017 si chiamavano Centri di identificazione ed espulsione (Cie) hanno assunto la denominazione di Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr). Sono di fatto strutture in cui i migranti vengono trattenuti dopo aver ricevuto un ordine di espulsione. Una sorta di misura detentiva pro tempore che tocca alle persone che non fanno richiesta di protezione internazionale o che non ne hanno i requisiti. Ad oggi, il Cpr più vicino è quello di Bologna. È lì che vengono inviate le persone toccate dall’espulsione. «Ad oggi mettono in difficoltà le nostre forze dell’ordine che devono eseguire le espulsioni. Portare a Bologna le persone non è facile e non è detto che ci siano sempre le disponibilità in Emilia per questo. Se non si trova posto in una struttura di quel tipo, si mette a rischio anche la sicurezza in Trentino», dice il governatore.
Per questa riorganizzazione voluta dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, di un Cpr per ogni regione, «Roma mette risorse e il personale». Per tutto il resto, cioè dove sorgeranno e quando diventeranno operativi, le trattative sono in corso.
Il dove, per Fugatti «non è il tema» da affrontare in questa fase. Nel 2017 si ragionava su un Cpr regionale. E tra le proposte che vennero fatte, si parlò anche dell’ex poligono di tiro di Roveré della Luna. Un’ipotesi che ora il governatore trentino stronca: «Roveré non va bene». Si tratta di una soluzione al confine tra Trento e Bolzano, pensata appunto cinque anni fa per essere a metà strada, nell’ottica di un progetto di respiro nazionale. Ora si ragiona in due campi diversi. Tolta la variabile della cooperazione, ognuno guarda al proprio campo. E Trento come anche Bolzano potrebbero optare per soluzioni più strategiche a livello logistico. Scelte più efficienti che potrebbero portare a ragionare proprio sul capoluogo. Fugatti, però, garantisce che non sono ancora state fatte valutazioni in merito al luogo.
«Il governo ci ha chiesto disponibilità per un centro regionale — spiega Fugatti — Stiamo discutendo in questi giorni della proposta con il presidente Kompatscher proprio per portare una proposta a Roma». Le due Province autonome sono orientate per farne due piccoli centri, da 20-25 persone. Uno sul territorio trentino, uno su quello altoatesino. Il governatore è certo del fatto che Roma risponderà affermativamente alla proposta di Trento e Bolzano. Sui tempi in cui veder partire il piano, invece, non c’è certezza. «Non abbiamo certezze sui tempi in cui questo si attuerà. Ora il tema è dare una risposta a Roma. Il resto dipenderà dalle trattative con il governo», conclude il presidente trentino. Le trattative sono in corso.
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