Il dato
giovedì 30 Gennaio, 2025
di Tommaso di Giannantonio
Vivono in Italia regolarmente. Sono riusciti a districarsi nella burocrazia e hanno ottenuto un permesso di soggiorno. Hanno un lavoro stabile. E un’abitazione con tutti i crismi. Vorrebbero solo ricongiungersi con la famiglia. Vorrebbero stare vicini ai propri figli, alla propria moglie o al proprio marito nella nuova casa «tricolore». Fino allo scorso dicembre i cittadini extra Ue potevano chiedere il ricongiungimento familiare dopo un soggiorno di un anno in Italia. Da quest’anno, per effetto di una stretta del governo, le regole sono cambiate. I tempi si sono allungati: servono almeno due anni di residenza. «Un sovraccarico cattivo, irragionevole, che contrasta anche l’immigrazione regolare», denuncia la sociologa Chiara Saraceno, già docente dell’Università di Trento. In Trentino sono oltre mille le famiglia colpite dalla stretta.
Principale canale di accesso
L’inasprimento delle regole è stato inserito nel decreto legge sull’immigrazione approvato dal Parlamento a fine novembre. La norma interviene sul principale canale di accesso nel territorio nazionale.
Il ricongiungimento familiare è la strada più battuta per stabilirsi in Italia. Il cittadino di un Paese extra Unione europea presenta la domanda alla prefettura, i familiari lo raggiungono con un visto e poi gli stessi devono chiedere il permesso di soggiorno per motivi di famiglia. Questi permessi rappresentano il 40% del totale degli ingressi in Italia. In Trentino si registra la stessa percentuale: 1.335 permessi familiari su 3.276 rilasciati nel 2023. «La richiesta di ricongiungimento familiare — spiega Saraceno — manifesta la volontà del migrante di costruire un progetto di vita in Italia. La richiesta arriva da una persona che si è radicata nel territorio di appartenenza e che ha già una casa. Nella maggior parte dei casi sono uomini soli».
I requisiti
Per ottenere il ricongiungimento, infatti, bisogna rispettare determinati requisiti. La persona deve dimostrare di avere un reddito minimo annuo: almeno 11.600 euro per far venire un familiare, 15.500 euro per due familiari, 19.400 euro per tre familiari e così via. Non solo. Il richiedente deve dimostrare di abitare in un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari e di idoneità abitativa, cioè almeno 28 metri quadrati per due persone, 42 per tre persone e 56 per quattro persone.
In aggiunta, appunto, viene richiesta una permanenza legale di almeno due anni nel territorio nazionale. «Oltretutto devono essere 24 mesi continuativi. Significa che queste persone non vedono la famiglia per due anni perché non possono lasciare l’Italia. Strano — considera la sociologa — che la stretta arrivi da un governo che parla continuamente del valore della famiglia: le famiglie dei migranti sono meno famiglie degli italiani? I bambini dei migranti sono meno figli? Hanno meno diritti? Non riesco a capire la logica di questa misura. Il percorso di integrazione è sempre più a ostacoli. Il governo ha paura che la popolazione straniera aumenti, non solo oggi, ma anche in prospettiva».
I permessi per nazionalità
Stando ai dati Istat, dal 2007 al 2023 sono stati rilasciati 18.430 permessi familiari in Trentino. In media, quindi, ogni anno arrivano mille persone per ricongiungersi con un proprio caro.
Nel solo 2023 sono stati registrati 1.335 permessi di soggiorno per motivi familiari. La maggior parte, 473 permessi (il 35%), sono stati richiesti da cittadini provenienti dall’Europa: 269 dall’Albania, 54 dalla Macedonia e 41 dalla Moldavia, questi i primi tre Paesi. Altri 355 permessi (il 26%) sono stati rilasciati a cittadini africani, tra cui 160 originari del Marocco, 67 della Tunisia, 22 del Senegal e 22 della Nigeria. Il continente asiatico conta 316 permessi (23%): 146 pakistani, 87 indiani e 25 bengalesi. Infine 187 permessi (14%) sono stati richiesti da cittadini provenienti dall’America: 41 brasiliani, 32 dominicani e 23 cubani.
Tra demografia e sicurezza
La sociologa Saraceno mette in luce due effetti positivi del ricongiungimento familiare. «Siamo una popolazione sempre più vecchia e anche se tutte le persone in età feconda decidessero di fare più figli, prima di compensare la perdita ci vorrebbero tanti anni. Le migrazioni, visto che nella maggior parte dei casi emigrano persone giovani, contribuiscono a rallentare il processo di invecchiamento e a invertire la curva della natalità».
C’è, poi, un altro aspetto, legato alla sicurezza. «Le ricerche internazionali hanno dimostrato che, da un punto di vista statistico, la stabilizzazione con la famiglia abbassa il rischio di comportamenti sociali devianti. La famiglia — conclude — dà un ordine alla vita quotidiana».