Emergenza abitazione

venerdì 30 Agosto, 2024

Mille case Itea ancora vuote

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Alloggi popolari, crescono le morosità anche a causa delle bollette sempre più alte

Un ente di edilizia popolare che fa fatica a dare risposta al bisogno di casa, piegato da problemi noti, ma complessi da risolvere. È questo il quadro che emerge dal bilancio sociale di Itea, che l’ente ha pubblicato recentemente. Se il dato che balza immediatamente all’occhio è quello relativo agli alloggi di risulta, quelli vacanti che necessitano di lavori piccoli o grandi prima di essere dati a nuovi inquilini, salito a 1.132, anche il numero di domande per alloggio e contributo all’affitto racconta la situazione emergenziale in Trentino per quel che riguarda la casa.

Gli alloggi vuoti
I dati sugli alloggi di risulta, se fossero posti su un grafico, mostrerebbero una linea in continua crescita. Come tutti hanno imparato durante il Covid sarebbe importante appiattire quella curva e invece sembra non sia ancora arrivato quel momento. Nonostante la Provincia abbia attivato gare «booster» ulteriori per ristruttura più alloggi possibili, il dato degli appartamenti vuoti al 31 dicembre 2023 è il più alto da dieci anni e il numero di locali di cui l’ente torna in possesso, per cessata locazione, rimane più alto di quelli che riesce a recuperare. Lo storico dei numeri racconta il baratro in cui Itea e la Provincia sono finiti negli ultimi anni. Nel 2017 gli alloggi vuoti erano 501, l’ente in media negli anni precedenti ne ristrutturava circa 500 a fronte di circa 440 di cui rientrava in possesso. Un disavanzo positivo che poco a poco permetteva di abbassare il numero di alloggi vuoti. Tutto questo è scomparso negli ultimi anni, durante i quali l’ente è riuscito a ristrutturare in media circa 310 alloggi, ma mentre rientrava in possesso di circa 415 appartamenti all’anno di media. Insomma non sono gli alloggi che rientrano in possesso dell’ente a essere esplosi, ma quelli che è capace di ristrutturare a essere calati drasticamente. In parte forse pesa anche la condizione di questi alloggi: nel suo bilancio Itea dice che il 70% di essi rientra nelle categorie B3 e B4, quelle che richiedono lavori più importanti. Rimane il fatto che fino a quando l’ente non riuscirà ad aumentare il numero di ristrutturazioni, gli alloggi vuoti non faranno altro che aumentare, in un contesto in cui il bisogno di casa è sempre più importante.

Cresce la domanda
Questo lo raccontano i dati sulle domande di alloggio Itea o contributo all’affitto presentate. Sono quasi 5mila le famiglie coinvolte: 4.991. In particolare 1.138 famiglie hanno fatto richiesta di alloggio popolare,2.177 di contributo all’affitto e 1.676 hanno presentato entrambe le domande. Se si stima che i contributi siano stati tutti erogati, con un beneficio economico medio a famiglia pari a 201 euro, si sa che i contratti di alloggio stipulati sono 511, ma non è noto a quante domande diano risposta. La domanda è composta al 63% da famiglie comunitarie e al 37% da extracomunitarie. Per quel che riguarda gli appartamenti il 91% di chi ha l’alloggio ha la cittadinanza italiana, sfatando certi miti che circolano spesso nelle chiacchiere.

Morosità esplose
L’ultimo dato allarmante che emerge dal bilancio sociale di Itea è quello delle morosità, che stando al report nel 2023 sono letteralmente esplose. Scrive l’ente che le lettere di sollecito di pagamento inviate a utenti con contratti attivi sono state 2.611, circa 800 in più rispetto solo a 2 anni prima. Ancora più impressionante il dato delle rateizzazioni, triplicate in solo due anni. Le rateizzazioni di pagamenti pregressi concesse a utenti con contratto attivo erano 591 nel 2021 e sono diventate 1.696 nel 2023. L’ente non specifica a cosa sia dovuto, ma è probabile che sia il frutto delle famose «bollette pazze» di cui abbiamo scritto a lungo sul «T». Morosità quindi incolpevoli per inquilini che si sono visti esplodere i costi energia per dei contratti sottoscritti da Itea. In questo contesto non aiuta anche l’aumento del canone chiesto alle famiglie, cresciuto del 16%. Si è passati da 138 a 160 euro al mese, non è molto, ma per una famiglia che vive con un basso reddito, anche questo fa la differenza. Lo fa di sicuro per i conti dell’ente che aumenta di 2 milioni le entrate proprio dai canoni