Val di Non
martedì 6 Agosto, 2024
di Alberto Folgheraiter
«Kanke ho fat l’amor ha sonà le ciampàne». Detto così, davanti a un piatto di strangolapreti, rischia di strangolare anche i laici. Per la sonora risata dei commensali, quantomeno. Se non fosse che la signora, oggi oltre la sessantina, lo racconta come fosse stata la cosa più naturale del mondo. Ma lei aveva appena 15 anni e mezzo, il suo moroso 22. E nel 1973 non era proprio cosa di tutti i giorni e soprattutto non si faceva certo sapere a tutto il paese con il suono delle campane. Tutto era accaduto all’interno del campanile della chiesa di Mione di Rumo, dedicata all’Immacolata, e proprio il giorno della patrona. Che cade l’8 dicembre, quando anche i bollenti spiriti rischiano di essere smorzati dal gelo dell’inverno. A Rumo, quel giorno, c’era la neve e il fumo (dei camini) saliva lento. Mirella Paris che oggi fa la cuoca ed è un personaggio molto noto nell’alta valle di Non, racconta ai commensali: «Era l’8 dicembre e nevicava. Era tornato dalla Svizzera, dove faceva il muratore, il mio moroso. Era un po’ un problema incontrarci perché i miei non mi lasciavano. Ero ancora minorenne, avevo appena 15 anni e mezzo. Con l’Enrico non eravamo ancora morosi, non del tutto almeno perché non ci lasciavano incontrare». Romeo e Giulietta nonesi. «Appunto, come Romeo e Giulietta». Montecchi e Capuleti. «I miei erano detti i Zanromedi; quelli di mio marito i Batistöi», racconta.
E intanto l’amore covava sotto la cenere.
«Allora ci siamo detti: stasera, che l’è festa grande, l’è la nostra Madòna, a ‘na certa ora ne veden al ciampanìl dela glesia. Ci siam visti lì che era notte e siamo entrati. Dopo tanto tempo, sei o sette mesi che non ci vedevamo, insomma… Nevicava. A una certa ora, smoinàr, smoinàr… ci è scappato di fare le cose…»
E poi che cosa è accaduto?
«Sul più bello mi me son pogiàda ale corde dele ciampàne. Din don, din don. Per farla breve è corést tut el paés. Posso dire che la prima volta io ho sentito le campane».
Din don, din don. Di notte, d’inverno, le campane fuori ordinanza significano solo una cosa: c’è un incendio. Quando si dice che l’amore brucia…
«Tutti preoccupati perché temevano appunto che ci fosse l’allarme per il fuoco. Io mi ero appoggiata alla porta perché nessuno potesse entrare nel campanile. E fuori dicevano: ah, l’è la Mirella e ‘l Rico, varda le péste nella neve».
Era notte, faceva freddo…
«Siamo rimasti asserragliati nel campanile fino alle 2 e mezza di notte, per non farci vedere. Rischiavo di morire congelata».
E quando è tornata a casa…
«C’era mio papà, in cima alle scale: che as combinà po’ popa? Odio, papà, a dirte la verità, enzì l’èi nàda. Così è andata. Una paura».
Din don; din don. Il parroco, quando è andata a confessarsi, che cosa le ha detto?
«No se sona le ciampàne de not senza urgente necessità».
Insomma, alle due famiglie non è rimasto che prendere atto.
«Ci siamo sposati quattro anni dopo, nel 1977. Avevo 19 anni e il Rico 26».
La “prima volta”, la Mirella l’ha raccontata numerose volte. A commensali di lusso. Perché la sua cucina è finita in varie trasmissioni televisive, compresa quella condotta sulla Rai, anni fa, dal principe Emanuele Filiberto di Savoia. Sulla parete di casa c’è una fotografia che li ritrae sorridenti. Ma lei giura che il suo cuore ha cominciato a battere forte solo quando le si è presentato davanti Michael Schumacher. Correva l’anno 2000, il team Ferrari era a Madonna di Campiglio e qualcuno aveva detto che a Mione di Rumo si mangiava il tortèl de patate. La Mirella diede il meglio, quella sera. E disse a Schumi che avrebbe vinto la prima gara della stagione. Quell’anno, la Ferrari inanellò sette vittorie consecutive tanto che, tramite la segreteria, Schumacher mandò un messaggio alla Mirella per ringraziarla. Ma le campane, dice lei, hanno suonato soltanto per il Rico. Anche perché il suo Gran premio se lo porta dentro da mezzo secolo: «Nessuna può vantarsi di aver suonato le ciampàne la prima volta. Io sì».