Cinema
venerdì 11 Novembre, 2022
di Katia Dell'Eva
Attori e registi. Dietro i due ruoli principali del cinema, di mestieri ce ne sono a decine, di cui anche il Trentino dà la sua buona rappresentanza. Classe 1978, Carlo Missidenti nasce nel bresciano, a Montichiari, ma è ormai da tempo naturalizzato trentino. Tecnico del suono, in tutte le sue accezioni e sfumature cinematografiche, ha lavorato con i più grandi maestri della settima arte, da Jean-Luc Godard a Ermanno Olmi, vincendo un «Nastro d’argento» e un «David di Donatello» per L’uomo che verrà di Giorgio Diritti nel 2010, e di nuovo un «David di Donatello» nel 2021 (nella foto) con Volevo nascondermi, sempre di Giorgio Diritti.
In questi giorni sono nelle sale due film a cui ha recentemente lavorato e che sono stati presentati alla Festa del cinema di Roma lo scorso ottobre. Si tratta de La stranezza di Roberto Andò con Toni Servillo, Salvo Ficarra e Valentino Picone, ambientato nel 1920, quando l’omaggio per l’ottantesimo genetliaco di Verga è l’occasione per un ritorno in Sicilia di Luigi Pirandello, e War – La guerra desiderata, di Gianni Zanasi, con Edoardo Leo, Miriam Leone e Giuseppe Battiston, una commedia d’amore e di guerra.
Con Missidenti abbiamo parlato di un lavoro inusuale, di rapporti sul set e di progetti futuri.
Nato nel bresciano, oggi vive a Trento. Cosa l’ha spinta qui?
«Ci sono stati tanti motivi: il lavoro, in quanto al tempo del mio trasferimento lavoravo per un grosso service che seguiva programmi televisivi come “Stranamore” o “Scherzi a parte”, ma anche la famiglia. La mia ex-moglie è trentina e qui si sono radicati i miei figli».
Che studi ha fatto e come è passato dalla tv al cinema?
«Ho studiato all’Università Cattolica di Brescia, indirizzo Dams. Poi ho seguito dei corsi a Bologna, che andavano sotto il titolo di 2Ipotesi cinema”, tenuti da Ermanno Olmi. Di fatto da quel momento ho iniziato a lavorare nel cinema e anche se poi, negli anni, ho partecipato per lunghi periodi a produzioni televisive, non l’ho mai abbandonato. C’è una grande differenza, infatti, tra i due mondi: il cinema va meno di fretta, cura maggiormente i particolari, ed è dunque con esso che mi sono sempre sentito più in linea. Nel 2010, quindi, definitivamente, ho abbandonato le altre strade».
Perché la scelta di diventare tecnico del suono?
«Fin da piccolo amavo suonare la chitarra e in generale il mondo legato ai suoni mi ha sempre attirato. Dopo gli studi, è sembrato quindi naturale unire due passioni per farne un mestiere. Inoltre, devo dire, il mio è un lavoro vario – si va dalla presa diretta, all’editing, al sound design – e stimolante, che permette di stare a contatto con grandi registi, facendo di volta in volta esperienze completamente nuove. Da un lato dunque ci si adatta alle richieste del filmmaker, dall’altro si deve essere in grado di consigliarlo al meglio».
Esistono dei maestri anche nel suo campo?
«Certo. I miei sono Ben Burtt, che ha costruito i suoni di “Star Wars” e Walter Murch, che ha lavorato ad esempio ne “La conversazione” di Francis Ford Coppola».
«Ha lavorato con tanti registi, ma quale film si porta nel cuore?
«Sicuramente “L’uomo che verrà”, grazie al quale ho vinto dei premi molto prestigiosi. È stato intenso girarlo e mi ha dato grandi soddisfazioni. In più ha creato un rapporto di amicizia tra Giorgio Diritti e me: siamo allineati su uno stesso approccio al reale, osservativo, e questo fa sì che ci possa anche essere fiducia professionale».
È da poco stato alla Festa del cinema di Roma con La stranezza di Roberto Andò. Com’è andata sul set?
Molto bene. Il film, girato tra Roma e la Sicilia, si lega a doppio filo al teatro, per via del suo protagonista, Pirandello. E io amo molto lavorare su progetti legati all’ambiente teatrale. Andò poi è un regista abile nei rapporti con gli attori e molto preciso: è uno di quelli che scrive a lungo, prima, che gira solo seguendo una sceneggiatura di ferro. Anche il cast, da Toni Servillo a Ficarra e Picone, si è rivelato divertente, professionale, rispettoso e molto aperto a un lavoro preciso sul suono».
Contemporaneamente, alla Festa del cinema veniva presentato un suo altro progetto, War – La guerra desiderata di Gianni Zanasi. Ci dice di più?
«Il film ha come protagonisti Edoardo Leo e Miriam Leone e lo abbiamo girato a Roma in quella che è stata l’estate più calda di sempre per la città e non solo. Lo ricordo quindi come un set faticoso. Il fatto che si tratti di un lungometraggio ricco di azione, ha significato nel girarlo utilizzare un grandissimo numero di mezzi in movimento, con tutte le difficoltà del caso. Speriamo sia una fatica ripagata»
E ora, che progetti ha?
«Sto lavorando con Daniele Luchetti a un nuovo film, dopo “Lacci”, tratto anche questa volta da un romanzo di Domenico Starnone. Se però parliamo di sogno nel cassetto, vorrei aprire uno studio di post-produzione a Trento, in cui fare tutto, dal sound design alla formazione. Vorrei poter portare degli effetti concreti nel nostro territorio».