L'intervista

sabato 26 Aprile, 2025

Monsignor Sandri, l’unico cardinale «trentino» (e non elettore): «Il prossimo Papa? Non sarà sudamericano»

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Il prelato originario di Ala: «Ho conosciuto Francesco da vicino, ci davamo del tu. Parlavamo la lingua degli scaricatori di porto di Buenos Aires»

Dalla finestra del suo appartamento, il cardinale Leonardo Sandri (1943) osserva la folla in piazza San Pietro che, a passo di lumaca, si muove verso la basilica. Una fila infinita che scorre davanti alla salma di Francesco «il giusto» che fu pontefice della Chiesa cattolica e vescovo di Roma per 12 anni. E che nel pomeriggio di oggi sarà tumulato quattro chilometri lontano dal Vaticano, sull’Esquilino, in una cappella laterale della basilica di Santa Maria Maggiore. Poco discosta dalla stazione Termini, approdo di un’umanità senza volto e senza nome alla quale Francesco ha dato dignità e accoglienza.
«Mamma mia, quanta gente». Il cardinale Sandri, che è nato a Buenos Aires da genitori trentini (Enrico e Nella Righi) emigrati da Ala, dovrebbe essere aduso alle folle. Ordinato prete nel 1967, segretario del cardinale arcivescovo di Baires, Juan Carlos Aramburu (1912-2004), è approdato a Roma nel 1970. Laureato in Diritto Canonico alla Gregoriana, è stato a lungo diplomatico del Vaticano: Madagascar, Mauritius, Stati Uniti, Venezuela, Messico. Ma ha alle spalle pure una prestigiosa carriera nella Segreteria di Stato vaticana. Fu lui, la sera di sabato 2 aprile 2005 ad annunciare, in piazza San Pietro, la morte di Giovanni Paolo II.
Poi venne Papa Ratzinger che, sotto il peso degli scandali e dell’età, come Celestino V, pose «il gran rifiuto» che portò alla nomina (2013) del cardinale di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio. Figlio di emigrati dal Piemonte, entrato in seminario a 19 anni per farsi prete diocesano e dopo appena un anno e mezzo transitato nella congregazione religiosa di S. Ignazio da Loyola (1491-1556), i Gesuiti. I «soldati del papa».

«Noi cardinali ultraottantenni siamo tutti presi dalle Congregazioni generali (dove, in tempo di “sede vacante” si prendono decisioni collegiali sul governo della Chiesa, ndr). Ma non possiamo entrare in Conclave (dove si procede all’elezione del nuovo papa)».

 

Lei è uno degli «eminentissimi» che più di altri ha conosciuto papa Bergoglio da vicino.
«L’ho conosciuto da vicino e da lontano. Perché quando sono entrato in seminario, nel 1956-57, io avevo 12 anni, lui 19 ed era il prefetto (l’assistente) di noi adolescenti. Siamo stati insieme nel seminario di Buenos Aires per un anno e mezzo. Poi lui si è ammalato e durante la convalescenza ha lasciato il seminario per passare alla Compagnia di Gesù».

 

Insomma l’ha conosciuto bene.
«Può immaginare che sorpresa quando al Conclave del 2013, dove ero tra i cardinali elettori, mi trovo di fronte quello che avevo conosciuto da ragazzo e che si era trasformato nel successore di Pietro».

 

Ma nel mezzo secolo tra il seminario e il Conclave?
«Certo, ci siamo incontrati molte volte, con maggior frequenza quando lui era vescovo ausiliario di Buenos Aires e poi, alla morte del cardinale Antonio Quarracino (1923-1998), è diventato arcivescovo».

 

Siete diventati cardinali entrambi. È stato lei a trascinare Bergoglio verso la berretta rosso porpora o viceversa?
«No, lui è diventato cardinale nel 2001, io nel 2007».

 

Quando Jorge Bergoglio ha lasciato il Seminario per passare dai gesuiti, ha spiegato la sua scelta?
«No, lui era un tipo molto austero, riservato. Non ci coinvolgeva nelle sue decisioni, del resto avevamo una bella differenza di età».

 

Lei sa che in Argentina, più che per Bergoglio tifavano per Sandri.
«Sì, ci sono state alcune persone che nel Conclave… ma lui era già stato tra i papabili nel Conclave del 2005. Nelle votazioni dalle quali poi uscì eletto papa Ratzinger, Bergoglio aveva avuto un numero di voti, qualcuno dice 30 voti. Pertanto, quando è arrivato al Conclave del 2013 aveva già un background che lo metteva in pista per una possibile elezione. Perché era già conosciuto da altri cardinali che avevano partecipato al Conclave del 2005».

 

Lei si è stupito quando Bergoglio venne eletto papa?
«No, perché se sei dentro il Conclave vedi come vanno i numeri delle votazioni».

 

Cardinale Sandri, le dispiace non poter far parte del prossimo Conclave?
«In parte sì, in parte no perché è talmente grande il numero degli elettori che sarà difficile, probabilmente, mettere tutti d’accordo per arrivare subito all’elezione del nuovo papa. È solo un presentimento, perché sappiamo bene che lì agisce lo Spirito santo. E dunque tutte le previsioni che si fanno oggi, il “toto-papa”, tutti i calcoli vengono smentiti».

 

Si dice che, di solito, chi entra papa in Conclave ne esce cardinale. Fino alla nomina di Pio X (1903), l’imperatore d’Austria aveva diritto di veto sul nome del pontefice romano.
«Infatti ne fece le spese il cardinale Rampolla del Tindaro (1843-1913)».

 

Certo, ma oggi pensa che le Grandi Potenze possano interferire e, in qualche modo, influenzare la scelta del Conclave?
«Non ci sono più imperatori ma i poteri forti che oggi guidano il mondo, certamente. Ma c’è anche il potere suo, il potere della stampa, tutto quello che scrivono i giornalisti che può influenzare una scelta. Perché, sa, anche i cardinali leggono i giornali. Non c’è più almeno il diritto di veto».

 

Lei si sarà fatto un’idea. Avremo un papa italiano o sarà ancora un pontefice di altra nazionalità?
«Corre voce, naturalmente raccolta dalla stampa, di un cardinale italiano. Ma non è da escludere che la scelta cada su un cardinale dell’Africa o dell’Asia. Non credo, mi permetto di dirlo con tutta umiltà, che sia (ancora) uno dell’America Latina. Men che meno un argentino».

 

Quindi sarà tutto «nelle mani di Dio», come si diceva un tempo.
«Lei sa che il voto che uno dà in Conclave è un voto davanti al Giudizio Universale della Cappella Sistina. Ogni cardinale, con il suo biglietto di voto in mano si presenta davanti a questo meraviglioso Giudizio Universale di Michelangelo e dice: “Giuro davanti a Dio che questa persona che io voto è quella giusta per essere papa”. Nel dire questo significa che quello che vota lo conosce, che è la persona giusta per essere il sommo pontefice».

 

Un giuramento solenne.
«È il mescolarsi del giudizio di Dio e la realtà dell’essere umano che, secondo la sua possibilità, giudica giusta quella elezione».

 

Tempo fa circolava un dossier di fonte americana («The College of Cardinals Report») nel quale si schedavano i cardinali secondo scelte, decisioni, fatti e misfatti.
«Quel che so dal Conclave precedente e che si ripeterà tra qualche giorno, a ogni cardinale viene dato un dossier piuttosto voluminoso con tutta la vita e i “miracoli” di ciascuno dei cardinali».

 

Realizzato da chi?
«Dalla Santa Sede. Non sono biografie di parte o ideologizzate che dicono: questo è buono, questo è cattivo. Di me, per esempio, dicevano: nato da Enrico e Nella Sandri di Ronchi di Ala. L’origine e il curriculum vitae di ciascun cardinale elettore».

 

Torniamo a papa Bergoglio. La scelta di farsi seppellire in Santa Maria Maggiore, lontano da San Pietro, e di pagare le spese del funerale e dell’inumazione con il lascito di un «ignoto benefattore», va interpretata come una presa di distanza dalla curia vaticana?

«Gli ultimi papi si sono seppelliti nelle grotte vaticane. Benedetto XVI è stato collocato nella tomba che era di Giovanni XXIII poi di Giovanni Paolo II poiché, proclamati Santi, sono stati trasferiti in un altare in Basilica. Il papa Francesco, che aveva questa grande devozione alla Madonna, ha scelto di farsi seppellire in Santa Maria Maggiore».

 

Dove, peraltro, sono stati inumati, nei secoli passati, altri sette Papi. Ma le spese?
«Ecco, Jorge Bergoglio ha sempre pagato di tasca propria. Come pagava la Casa del Clero quando veniva a Roma, o il calzolaio che gli aveva risuolato le scarpe una volta eletto papa, ha voluto fosse fatto così anche dopo morto. Dando disposizione di usare la somma di un ignoto benefattore per pagare le spese di sistemazione della cappella che lui aveva scelto come sepoltura».

 

A quanto ammontano le spese del funerale e della inumazione?
«Francamente non lo so. Il cardinale arciprete che ha predisposto i lavori non lo ha detto. La Provvidenza c’è sempre».

 

Insomma, Dio vede e provvede. Un’ultima curiosità: quando incontrava papa Bergoglio vi davate del tu?
«In pubblico ho sempre usato il lei, in privato ci davamo del tu».

 

Parlavate in spagnolo?
«No in portegno, che è il dialetto degli scaricatori di porto di Buenos Aires».

 

Cardinale Sandri, lei sta bene?

«Sì, ho fatto una protesi al ginocchio sei mesi fa e sto facendo ancora fisioterapia. Ancora non corro ma cammino».

 

E dunque non può nemmeno correre all’elezione a papa.
«Non è che ho perso il diritto all’elezione passiva, di essere eletto come tutti quelli che abbiamo superato gli 80 anni. Non posso più partecipare al voto. Di essere eletto posso ancora sognare (risata, ndr)».