la storia
martedì 20 Febbraio, 2024
di Eva Martinelli
Basta alzare lo sguardo sulle cime dello Stivo o del Baldo. La neve quest’anno è poca o assente. Sapere quando arriverà è sempre più difficile, e mentre ghiacciai e nevai si ritirano, la montagna diventa più imprevedibile, e non solo per praticare gli sport invernali. La guida alpina Giampaolo Calzà, nato e cresciuto a Riva del Garda, socio Sat fin da bambino, ha appena concluso il corso di sci d’alpinismo offerto dalla sezione. Organizzare le gite domenicali con poca neve significa avere meno punti di riferimento, e più sforzo di valutazione, ha spiegato Calzà: «Le cose sono cambiate, la quantità di neve è diminuita e i periodi di precipitazione sono cambiati, non più nei periodi autunnali. Una volta ad inizio stagione, sui ghiacciai cadevano anche sette metri di neve. Adesso comincia a nevicare ad aprile o maggio, quando ormai non ci sono le temperature adatte per la neve di mantenersi. Bisogna avere umiltà. Andare in montagna in inverno è uno dei momenti più difficili per valutare i rischi, e bisogna essere disponibili ad annullare quando le condizioni di uscire non sono giuste». Giampaolo Calzà ha iniziato il suo percorso nel mondo dell’arrampicata da ragazzo. Dall’anno scorso è vice presidente del Gram, il Gruppo Rocciatori e d’Alta Montagna, che frequenta da quando ha diciotto anni, dopo aver fatto la formazione del soccorso alpino e frequentato la Scuola di Alpinismo di Arco per diventare istruttore. La montagna è un ambiente difficile e pericoloso, ma che dona esperienze che ti cambiano la vita, ha spiegato Giampaolo raccontando il suo percorso per diventare guida alpina: «In una uscita sul Campanil Basso, ero in cordata con un amico che da poco è venuto a mancare, e una volta arrivati in cima, mi ha abbracciato e ringraziato piangendo, dicendomi che da tantissimi anni desiderava arrivare su questa cima. Questo momento mi ha dato un’emozione enorme, ed è diventata la motivazione per diventare guida alpina». Per dieci anni, condividendo l’amore per la montagna, Giampaolo Calzà ha collaborato come volontario al progetto “Sopra i mille” con i ragazzi di centri di salute mentale della zona, in collaborazione con il dottor Carpineta: «Con i percorsi di accompagnamento in montagna, volevamo permettere ai ragazzi di mettersi in gioco, di affrontare una sfida. Siamo andati in falesia ad arrampicare, percorso sentieri e anche un ghiacciaio, per coltivare il rapporto con se stessi, con la montagna e con il gruppo di persone che partecipavano. Quando si tornava a casa eravamo tutti felici di aver affrontato quel momento di sfida. La consapevolezza di riuscire a fare delle cose che non ci aspettavamo aumenta la nostra autostima, e questo vale per la salute mentale di tutti. Le giovani generazioni fanno fatica ad affrontare le difficoltà, e fare questi percorsi può essere di aiuto. La montagna è una scuola di vita, un modo di pensare che ti può servire in qualsiasi momento della giornata». Ma avventurarsi in montagna, specialmente in inverno, richiede attenzione e soprattutto un accompagnamento di percorso, ha spiegato Giampaolo Calzà: «Con il lock down, ci siamo resi conto del valore di poterci muovere, della libertà dell’aria aperta. Ma bisogna fare un percorso per potersi muovere in montagna, perché improvvisare delle gite ha dei costi per tutte le persone coinvolte, anche nel momento del soccorso. Bisogna essere consapevoli e conoscere dove ci sono i pericoli, altrimenti i rischi aumentano enormemente. Se una persona affronta un ghiacciaio senza capacità tecniche, come l’utilizzo dei ramponi o la piccozza, o sapersi legare in cordata e trattenere una caduta in un crepaccio, è meglio non tentare. Le basi di un corso di arrampicata o di sci d’alpinismo sono proprio la sicurezza». La formazione non basta mai, ha spiegato Giampaolo Calzà, e se andare in montagna significa vincere le proprie paure e timori, restando coscienti dei pericoli, il cambiamento dei ritmi della neve e l’aumento delle temperature richiedono ancora più allerta.