La band
giovedì 26 Gennaio, 2023
di Federico Oselini
Rock, contaminazione e un messaggio forte legato alla contemporaneità. La band trentina Humus è tornata a far vibrare la scena musicale regionale con i due singoli Disastro e Se ne parla domenica. Lanciati rispettivamente a dicembre e gennaio per anticipare l’uscita del disco Non è giusto – disponibile dal 3 febbraio e pubblicato da Overdub – i due brani racchiudono alla perfezione la cifra artistica di un progetto nato nel 2012 e che, negli anni, ha registrato un’importante sviluppo culminato nel tour di presentazione dell’album Cambia Voce che porta i quattro musicisti Marco Palombi, Lorenzo Faes, Stefano Negri e Fabrizio Lettieri a condividere il palcoscenico con importanti nomi del panorama musicale italiano e internazionale.
Fabrizio Lettieri, dal vostro primo ep sono passati dieci anni: in mezzo un album e un tour, e due singoli che anticipano il vostro prossimo lavoro. Come siete arrivati a questo nuovo traguardo?
«Per spiegare la nostra evoluzione in questi anni si può partire dal momento in cui ci fu un turnover tra i componenti della band: quando ci fu il mio ingresso e quello del bassista Stefano Negri nella band, gli “Humus” originari — Lorenzo Faes e Marco Palombi — avevano già in cantiere una serie di pezzi nuovi e c’era la volontà di lanciare un nuovo progetto per far ripartire l’attività del gruppo che aveva subito un rallentamento. È arrivato così Cambia Voce, quel disco che ci ha permesso di fare un importante tour e, proprio durante quell’esperienza, nacque in noi l’idea di proporre un nuovo disco che si è concretizzato ed è stato registrato subito prima del lockdown, in seguito a un contatto con l’etichetta discografica con cui attualmente lavoriamo: un disco che presenteremo a febbraio e che si intitola Non è giusto».
Partiamo dal titolo: cosa «non è giusto»?
«Molte cose non sono giuste nel nostro presente e quindi quest’album è un lavoro che può essere ricondotto al nostro periodo storico: non è giusto quello che si vede in tv, che non si capisce se è vero o falso, non è giusto il fatto che il modo di approcciarsi alle persone sia sempre meno umano e più digitale, e non è giusto il fatto che si ostenti sempre di più quello che in realtà non si ha. Siamo convinti che accettarsi sia la vera ricchezza e per questo in questo disco non inseguiamo la novità, ma suoniamo ciò che siamo. Fare il contrario, appunto, non sarebbe giusto».
In «Disastro» e «Se ne riparla domenica» affrontate due tematiche attuali e con rimandi diretti alle nuove generazioni: la propensione a mostrare una perfezione che non esiste e la tendenza al procrastinare per non affrontare il presente. Quali messaggi volete lanciare?
«L’intenzione è quella di avvisare le persone, portando avanti il messaggio che la perfezione non esiste e che tutti abbiamo dei difetti ed è quindi inutile rincorrere una realtà fatta di cose bellissime dal momento che, invece, nasciamo tutti proprio dall’humus. È sottinteso un invito a puntare su quello che si è veramente e a focalizzarsi sulla persona e non sul contesto che la circonda: il singolo Disastro può essere considerato un inno alla figura dell’antieroe che, attraverso se stesso, suggerisce cosa non essere e rivela la possibilità di una condotta migliore».
Il vostro rock duro e graffiante si apre a tante contaminazioni. Chi sono i vostri maestri ispiratori?
«Questa è una domanda interessante e difficile, dal momento che siamo tutti e quattro una fucina inesauribile di ascolti: siamo molto diversi e, se dovessimo costruire insieme una playlist, sarebbe veramente qualcosa di difficile comprensione. Si passa dal rock italiano a band come i Foo Fighters, al grunge dei Nirvana per arrivare a Eddie Vedder: lavorando assieme ci contaminiamo a vicenda e non si è mai creato un sistema chiuso».
Avete avuto la possibilità di aprire a vari gruppi della scena rock nazionale e internazionale: c’è un gruppo, o un ricordo, a cui siete particolarmente legati?
«Un mio ricordo personale va a quando abbiamo avuto la possibilità di aprire ai Ministri, di cui sono un grande fan: abbiamo suonato prima di loro a Trento e posso dire di essermi sentito come un bambino in un negozio di caramelle. C’è anche un aneddoto divertente relativo a quel giorno e che riguarda Marco Palombi, il nostro cantante: ci trovavamo nel backstage assieme a loro, prima del concerto, e loro ci dissero: “Siete veramente dei cattivoni, musicalmente parlando: non è facile proporre un genere così in Italia” e Marco rispose: “Beh, se ce l’avete fatta voi perché non ce la possono fare gli Humus?”».