editoria

sabato 6 Gennaio, 2024

Nasce in ateneo la prima rivista scritta a mano. «Vogliamo riappropriarci del ritmo del pensiero»

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L’esperienza di «Digiti» nel tempo dell’Intelligenza artificiale

«Non può essere, i manoscritti non bruciano» dice Woland il diavolo, nel romanzo «Il Maestro e Margherita» di Michail Bulgakov, quando restituisce il manoscritto con il romanzo su Ponzio Pilato che, sconvolto dalle critiche, il Maestro aveva gettato tra le fiamme del caminetto. Ebbene, «I manoscritti non bruciano» è il motto di una rivista nuova nuova, che spunta dal Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento e che – provateci a dire il contrario – conquista tranquillamente la palma di novità che più novità non si può. Sì, perché la rivista in questione – a proposito: si chiama «DIGITI», avrà cadenza semestrale – è una rivista manoscritta. Avete letto bene. Centododici pagine tutte scritte a mano, il primo numero è stato pubblicato pochi giorni fa online, dove appare insieme alle altre riviste di ateneo. Una rivista digitale che prevede anche la stampa di copie da consegnare gratuitamente.

Il progetto manoscritto
Di che si tratta? «Di un progetto didattico, alternativo e all’apparenza in controtendenza rispetto alle pratiche di innovazione promosse soprattutto in ambiente digitale. È nato all’interno del corso magistrale di Paleografia ed è subito diventato un’iniziativa trasversale grazie al coinvolgimento di studentesse e studenti e docenti di altre discipline» spiega Adriana Paolini, ricercatrice e titolare della cattedra di Paleografia nonché direttrice editoriale. «La scommessa – continua – è quella di riappropriarsi di un percorso, di un ritmo di pensiero e di una fluidità di parole che solo la scrittura a mano, in particolare quella corsiva, permette di avere, ma intende soprattutto valorizzare la potenzialità della comunicazione con il recupero o la sperimentazione di dispositivi grafici che rendano efficace la portata del messaggio, sia pure manoscritto».

Le dita che tengono la penna
Il nome della rivista viene da un colophon medievale (digiti vuol dire dita, le dita che tengono in mano la penna…) e gioca con l’idea del digitale mentre ogni numero sarà a tema. Quello del primo è «Movimento», declinato in cinque sezioni: quella di apertura è «Lib(e)ri da leggere e costruire» seguita dalla rubrica dedicata alla scrittura del corsivo, tenuta da Paola Pisetta, calligrafa trentina.
«Abbiamo dedicato massima attenzione al manufatto – spiega ancora la direttrice editoriale – e così nel colophon diamo notizia del materiale utilizzato per costruire le copie di stampa, dai caratteri mobili per i titoli in copertina alla carta, alla macchina da scrivere usata per il motto».

Il primo numero, venti articoli
L’entusiasmo e l’impegno della giovane redazione ha incontrato l’importante consulenza di Andrea Andreatta di Fabricharte (la sua storia di artigiano rilegatore, «dottore dei libri», è stata raccontata da questo giornale nello scorso febbraio) e la disponibilità e l’aiuto dei docenti e dei tecnici del Dipartimento di Lettere. Tutti a raccogliere la sfida di un progetto che non esiste altrove e che realizza un «unicum», sia pur riproducibile e uguale a se stesso. Venti gli articoli, tutti di buon livello e dai contenuti interessanti e sorprendenti, nella maggior parte esito di riflessioni e di ricerche degli studenti, che scorrono lungo le diverse sezioni: Espressioni, Visioni e coscienze, Storie e culture, Sguardi. Ovviamente diverse le grafie, ogni autore ha mantenuto la propria personalità grafica anche se la redazione, per garantire la leggibilità dei testi ha creato delle griglie, guide che hanno imposto a tutti la stessa dimensione delle parole scritte e che hanno permesso di rendere omogeneo l’intero fascicolo. La copertina è di Angelo Demitri Morandini, artista trentino.

Scrivere a mano nel tempo dell’AI
Una pattuglia inattuale, verrebbe da dire: scrivere a mano al tempo dell’intelligenza artificiale parrebbe anacronistico. E invece, sottolinea Adriana Paolini, «ha ragione Woland nel dire che i manoscritti non bruciano. Perché i manoscritti, i libri, anche dopo essere stati consumati dalle fiamme, vere e metaforiche, continuano a esserci, a riprodursi e a essere riprodotti, anzi sono loro che giungendo in altre mani, che li leggono e li riscrivono, permettono a parole e idee di continuare a circolare e ad alimentare, e segnare, anime e discussioni».
A proposito: ci sarà una presentazione ufficiale della rivista manoscritta. Con l’antropologo Antonello Ricci (che si occupa di antropologia e didattica della scrittura), il direttore de «il T quotidiano» Simone Casalini e il professor Andrea Giorgi, membro del Comitato scientifico della rivista. Per un simile progetto quale data poteva essere scelta? Il 29 febbraio, ovviamente. Una sfida di manualità creativa e di salutare lentezza, celebrata in un giorno che arriva ogni quattro anni…