l'analisi
martedì 2 Gennaio, 2024
di Marco Ranocchiari
Il primo nato nel 2024 in Trentino si chiama Niko ed è venuto alla luce appena venti minuti dopo la mezzanotte nel punto nascita di Cles. Un’ora e venti muniti dopo, ma a Trento, è venuta alla luce Arfa Fatima, una splendida bambina di 3 chili e 430 grammi di una coppia pakistana che vive a San Michele all’Adige, la mamma Nadeem Kainat ha appena 22 anni. Nascite appena finito il cenone che, però, non bastano a nascondere l’ombra di un «inverno demografico» che incombe, sempre più inequivocabile, sulla Provincia, al pari di altre regioni italiane. Secondo i nuovi dati forniti da Apss, l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, il 2023 si è chiuso con 3611 nuovi nati, 237 in meno rispetto al 2022, confermando un trend che prosegue, con poche eccezioni, da almeno una quindicina d’anni. A tamponare il calo, almeno parzialmente, sono i bambini stranieri, che raggiungono il 23% del totale. Sempre più nascite (quasi il 90%) sono avvenute nel capoluogo o a Rovereto, mentre nelle valli sono sostanzialmente stabili i parti a Cles e Cavalese.
Nelle prime ore del 2024 in tre dei quattro punti nascita attivi in Trentino – Trento, Rovereto, Cles, con la sola eccezione di Cavalese – ci sono già state nuove nascite, per la precisione tre maschietti e una femminuccia, tre dei quali di cittadinanza italiana. Ma se il dato potrebbe far pensare a un’inversione rispetto alla tendenza negli ultimi anni, basta guardare a quanto le ultime nascite del 2023 siano risultate rarefatte: l’ultima nata dell’anno – una bambina di nome Ginevra – è venuta alla luce nella tarda mattinata del 31 dicembre, mentre a Rovereto e Cavalese l’ultimo parto risaliva al 30 dicembre e a Cles addirittura al 29.
2263 dei 3611 nuovi nati in Provincia nel 2023 (il 62,7%) sono venuti alla luce nel solo ospedale Santa Chiara. Segue Rovereto con 979 nascite (il 27% del totale), mentre Cles e Cavalese, con 232 e 137 nuovi arrivati, coprono insieme soltanto il 10% delle nascite.
Dai dati si evince che la scelta del capoluogo è stata preponderante soprattutto per i parti più complessi. Se il taglio cesareo è stato ritenuto necessario in un parto su cinque (743 in tutto) a Cavalese la percentuale è infatti solo del 16%. Anche i parti gemellari, che sono stati sessantatré (l’1,78% del totale) si sono verificati soltanto a Trento (48) e Rovereto (15). Assenti, quest’anno, i parti trigemini. I maschi, nel 2023, si attestano al 52,4% delle nascite, superando quindi di oltre quattro punti percentuali le femmine in tutta la provincia.
Altro dato rilevante è l’incidenza degli stranieri: i bambini nati da genitori extracomunitari sono stati infatti 816, il 23% del totale. Anche in questo caso è possibile vedere una differenza di trend tra le città di fondovalle, dove la percentuale degli stranieri supera il 24%, e quella delle valli, dove oscilla tra il 12% di Cles e il 15,3% di Cavalese.
Lo spaccato temporale dei dati forniti da Apss fotografano anche la progressiva concentrazione delle nascite dalle valli verso le città. Se nel 2002 i nati a Trento e Rovereto rappresentavano insieme il 65% del totale, nel 2022 il dato sfiora il 90%. A pesare, indubbiamente, la chiusura dei punti nascita di Borgo Valsugana nel 2007 e di Tione e Arco dieci anni dopo, mentre l’altro punto nascita del capoluogo, San Camillo, ha chiuso i battenti nel 2013. A pesare sull’andamento negli ultimi decenni ha influito anche la pandemia da Covid- 19, durante la quale i punti nascita di Cavalese e Cles sono stati sospesi a più riprese, da aprile a maggio 2020 e poi dal novembre 2020 alla fine di aprile 2021, e ancora nei mesi invernali del 2022. Il punto nascita di Cavalese era stato chiuso anche per un anno circa tra il 2017 e il 2018. Rispetto al 2022, nella cittadina della val di Fiemme i parti (137) sono aumentati di cinque unità, mentre a Cles (232) sono diminuiti di dieci.
Per converso, le nascite si spostano soprattutto verso l’ospedale Santa Chiara, che da solo ne ha ospitato oltre il 62% (vent’anni fa erano appena il 30%).
Complessivamente, nel 2023 i nuovi nati – 3611 – sono 237 in meno rispetto al 2022, anno in cui erano già calati di cento unità rispetto ai 3948 del 2021. E il trend prosegue, a ritroso, per almeno quindici anni, dopo un picco (5172 nascite) nel 2004. La natalità è scesa del 26% rispetto a vent’anni fa, quando (nel 2002) i nuovi nati erano stati 4901, e il dato si era mantenuto più o meno costante per tutto il primo decennio del 2000. L’attuale fase di calo, lento ma inesorabile, è iniziata intorno al 2010, interrotta solo da due timide riprese nel 2019 e il 2021, l’anno successivo all’irrompere della pandemia. Da ben quattro anni le nascite sono al di sotto della soglia dei 4 mila nuovi nati. Con una diminuzione del 6,3% sull’anno precedente, i dati dell’ultimo anno sono in assoluto i più negativi dell’intera serie.