l'iniziativa

giovedì 25 Luglio, 2024

Nel lago di Garda mozziconi e imballaggi dell’edilizia, Fambri (Unitn): «Raccolto un chilo al giorno di materiale»

di

Il docente di Scienza e tecnologia dei materiali al Dipartimento di Ingegneria spiega il progetto Seabin: un bidone con una rete cilindrica che pulisce le acque dalle impurità e sporcizia

Conoscere lo stato di salute dei nostri laghi e dei nostri fiumi è fondamentale. Non solo per pianificare le politiche necessarie alla salvaguardia e, dove possibile, al ripristino, ma anche per sensibilizzare la cittadinanza sull’importanza di comportamenti sostenibili e responsabili. Dal 2021, Luca Fambri, docente di Scienza e tecnologia dei materiali al Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Trento, lavora su questo fronte in collaborazione con Fraglia Vela Riva e con il progetto Seabin, un’iniziativa nata in Australia nel 2015 per la pulizia dell’oceano, poi diffusasi a livello globale. «Seabin presso Fraglia Vela Riva è diventato prima di tutto un progetto didattico di monitoraggio e di sensibilizzazione, ma con importanti risvolti da un punto di vista accademico», spiega Luca Fambri, che dal 12 al 19 luglio scorsi ha presidiato lo stand dell’Università di Trento a Riva del Garda, allestito in occasione dello Youth Sailing World Championships. Un’opportunità preziosa per raccontare le attività in corso a tutti i coloro che hanno raggiunto la città per la competizione, oltre che i tanti turisti presenti. Il progetto nel corso degli anni è riuscito a coinvolgere diverse scuole del territorio, quali il liceo Andrea Maffei e l’istituto Gardascuola, avvicinando sempre più giovani al tema dell’impatto delle plastiche sull’ambiente. Seabin è un bidone con una rete cilindrica che viene immersa nelle acque, in questo caso in quelle del Garda, per raccogliere e filtrare il materiale galleggiante, comprese impurità e sporcizia, grazie alle maglie di due millimetri per due. Ogni 24 ore viene svuotato per verificarne il contenuto. Al suo interno si trovano foglie, alghe, piume, vegetali di vario tipo, tutto ciò che è naturale trovare in un lago, ma anche materiali plastici, mozziconi di sigarette, e rifiuti potenzialmente ancora più insidiosi, le cosiddette microplastiche, che derivano dalla frammentazione di oggetti comuni. «L’esperienza di raccolta e monitoraggio nella settimana dei Mondiali Giovanili di Vela – dichiara Fambri – ha consentito di rimuovere ogni giorno almeno un chilogrammo di materiale galleggiante, comprensivo di circa l’1-2% di materiale plastico, contribuendo in tal modo all’effettiva pulizia del porticciolo di Fraglia Vela Riva. Con lo stand abbiamo potuto fare divulgazione e sensibilizzazione sulla tematica plastiche e microplastiche in ambiente», oggetto peraltro del progetto «Prin 2022 Plastacts – Assessment of nano/microplastics impacts», di cui il professor Fambri è responsabile locale. I materiali e i manufatti maggiormente presenti nelle acque del Garda sono quelli che provengono dal settore dell’imballaggio, come film e contenitori, ma anche dal settore edile, in particolare il polistirolo espanso, e dall’agricoltura, con alcuni degli elementi usati nei campi, che degradano e arrivano nei fiumi e nei laghi. Una volta prelevato dalle acque, il contenuto del Seabin viene differenziato manualmente, e il materiale plastico, che necessita di un trattamento specifico, viene diviso da quello organico, che può essere avviato al compostaggio. Gli oggetti in materiale plastico vengono conteggiati, pesati e distinti in macroplastiche e microplastiche. «Fondamentale è la collaborazione con le istituzioni e gli enti che operano sul territorio – commenta – di recente, grazie all’intervento di Riva del Garda Fierecongressi e di Itas Mutua, abbiamo ricevuto in comodato uno spettrometro infrarosso portatile, strumento diagnostico che ci permette di identificare sul campo i materiali rinvenuti, tra cui polietilene, polipropilene, polistirene, poliestere e poliammide». Nel 2024, con le piogge abbondanti della primavera e di inizio estate, c’è stato un effetto di dilavamento del terreno, con una grande quantità di materiali che si è riversata nei corsi d’acqua e di lì nei laghi, e che potrebbe terminare nei mari. «Purtroppo i materiali dispersi in acqua non hanno ancora un valore economico, perché ad oggi non ci sono tecnologie adeguate a valorizzarli. È dunque importante lavorare per convincere le persone a cambiare i propri comportamenti – conclude – negli ultimi anni in Italia si parla molto di “archeoplastica”: oggetti di oltre 30-60 anni vengono rinvenuti sulle spiagge marine principalmente adriatiche, a testimonianza della persistenza della plastica nell’ambiente, fino a diventare quasi un reperto archeologico. Questa è una situazione che riguarda molto limitatamente l’Alto Garda, per il ridotto bacino idrico del fiume Sarca rispetto al mare Adriatico e agli altri grandi fiumi”».