il caso
sabato 15 Giugno, 2024
di Simone Casciano
«Noi non abbiamo mai ricevuto la carcassa dell’orsetto albino e quindi non abbiamo potuto compiere nessun esame autoptico né stabilire le cause del decesso». Con queste parole l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie fa sapere di non essere stato in contatto con la Provincia riguardo all’orsetto albino, aprendo quindi un nuovo «caso» attorno alla vicenda del piccolo di orso trovato morto sopra Garniga a metà maggio. Sì perché a questo punto è altamente probabile che non sia stata compiuta alcuna autopsia sulla carcassa e che sarà quindi impossibile stabilire le cause di morte dell’animale.
L’autopsia che non c’è
Del resto se l’esame autoptico non è stato eseguito dall’Istituto Zooprofilattico delle Venezie è altamente probabile che non sia stato eseguito affatto. Proprio all’Istituto infatti si è sempre rivolta la Provincia per gli esami che hanno interessato negli anni le carcasse di orsi del Trentino, anche quelle eseguite un anno fa sugli 8 orsi trovati morti. Proprio questo è il precedente che fa alzare più di un sopracciglio: come mai questa volta non è stato coinvolto l’Istituto e non è stata disposta l’autopsia dell’animale? Non solo è una prassi consolidata per quel che riguarda gli orsi trovati morti in Trentino, ma c’è anche il fatto che è buona norma che sia un veterinario a visionare la carcassa di un animale morto per escludere che la causa del decesso sia attribuibile a malattie trasmissibili all’uomo, scongiurando così il rischio che un’infezione possa espandersi. Spetta poi al veterinario, qualora non fosse possibile stabilire il motivo del decesso, disporre l’autopsia dell’animale. Nel caso dell’orsetto albino invece questo non è stato fatto. E senza autopsia non sarà mai possibile stabilire le esatte cause di morte dell’esemplare, impossibile infatti eseguire diagnosi precise solo sulla base di foto o altro. Bisognerà capire come questo possa legarsi agli esposti presentati in procura da varie associazioni animaliste che sulla vicenda hanno chiesto di vederci chiaro. La causa di morte infatti poteva essere rilevante anche per questi aspetti.
Il destino dei resti
L’assenza di un’autopsia porta a un secondo interrogativo: che ne è stato della carcassa? La risposta più ovvia è che sia stata portata presso la ditta che abitualmente si occupa della cremazione dei resti di animali selvatici per conto della Provincia, ma è possibile anche che sia stata lasciata lì dove i forestali l’hanno trovata. È proprio questo l’unico elemento certo di questa vicenda, gli ultimi ad avere visto e avuto a disposizione la carcassa sono stati i forestali che hanno ritrovato il cucciolo albino morto tre giorni dopo il loro primo intervento a metà maggio.
La vicenda
Cosa ne è stato dei resti del cucciolo è quindi il nuovo capitolo di un «caso» già complesso. Era stato proprio il «T», il 25 maggio scorso, a raccontare per la prima volta questa vicenda. I fatti risalgono a domenica 12 maggio, quel giorno alcune persone stavano percorrendo il sentiero che da Garniga porta a malga Albi quando ad un certo punto avevano visto fermo davanti a loro un orsetto particolare. Il pelo completamente bianco, come la neve d’inverno, all’inizio non aveva reso chiaro agli escursionisti cosa si trovava davanti a loro, ma avvicinandosi un po’ avevano capito: un cucciolo di orso albino. Si trattava ovviamente di un avvistamento straordinario, l’albinismo negli orsi bruni, come nelle altre specie, è un fattore estremamente raro. Agli escursionisti era parso subito chiaro però che ci fosse qualcosa che non andava, il cucciolo non si muoveva e, seppur vivo, appariva in grande difficoltà. A questo punto era scattata la chiamata ai forestali che, giunti sul luogo, avevano messo in sicurezza il perimetro. La loro prima preoccupazione infatti è stata quella di evitare che altri escursionisti entrassero in contatto con il cucciolo, rischiando così di scatenare la reazione aggressiva della madre se essa fosse stata ancora nei paraggi. I forestali avevano quindi spostato il cucciolo, in stato di difficoltà, dal sentiero e poi avevano monitorato la situazione fino a tarda sera. I forestali non erano intervenuti per salvare il cucciolo perché, aveva spiegato il dirigente del Servizio Foreste della Provincia Giovanni Giovannini, «è sempre preferibile favorire il ricongiungimento con la madre». Ricongiungimento che però o non ci fu o fu di breve durata visto che poi, tre giorni dopo, durante una ricognizione di controllo, i forestali trovarono morto il cucciolo. Una morte di cui probabilmente non si conoscerà mai nel dettaglio le cause.