la celebrazione

venerdì 28 Febbraio, 2025

Nino Andreatta, il ricordo di Mattarella in aula Kessler: «Un intellettuale e uomo politico coraggioso»

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In occasione del 25esimo anniversario dalla sua scomparsa, l’Ateneo ha deciso di ricordarlo con una conferenza a cui hanno partecipato anche Enrico Letta e Romano Prodi

«Economista di vaglia, intellettuale e uomo politico coraggioso, dotato di visione e senso dello Stato, Beniamino Andreatta appartiene al novero delle personalità più significative della nostra storia repubblicana, alla quale ha contribuito con il suo slancio modernizzatore». Con il messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è aperto questa mattina in Aula Kessler l’evento in ricordo di Nino Andreatta, autorevole economista, parlamentare e più volte ministro della Repubblica oltre che uno dei padri fondatori dell’Università di Trento. In occasione del 25esimo anniversario dalla sua scomparsa, l’Ateneo ha deciso di ricordarlo con una conferenza a cui hanno partecipato amici, studenti e studentesse, familiari, colleghi di allora insieme al figlio Filippo Andreatta: tante persone che lo hanno conosciuto e che oggi ricordano il suo coraggio e la sua libertà intellettuale.
Nino Andreatta cominciò la sua carriera accademica a Trento nel 1963, dove rimase come docente fino al 1967. Fu anche membro del Comitato ordinatore dell’Istituto superiore di Scienze sociali, primo nucleo dell’Università di Trento, e poi docente della nascente Facoltà di Sociologia. Ebbe tra i suoi allievi e collaboratori molti studiosi che nel tempo sono diventati personaggi di spicco della politica e dell’economia italiana e non solo. Tra questi, Romano Prodi, che dal 1963 divenne suo assistente all’università di Bologna dove Andreatta aveva la cattedra in Economia politica. «Ricordo con nostalgia i momenti in cui interveniva con vigore e spesso mi trovo a immaginare la durezza e l’ironia con cui oggi risponderebbe alle uscite di Trump. Credo che i fatti di oggi lo avrebbero visto intervenire in modo feroce» ha detto Prodi in un videomessaggio. «I leader di oggi sembrano venire tutti da un quartiere di Roma, non si vede più la traccia delle loro radici. Lui, invece, era più trentino di quanto gli stessi trentini non pensino. C’era un legame forte con questa terra».
Presente anche Enrico Letta, che conobbe il professore nel 1990 durante l’esperienza di ricercatore dell’Arel, l’Agenzia di ricerche e legislazione fondata dallo stesso Andreatta e che oggi, con la direttrice della rivista quadrimestrale Arel Mariantonietta Colimberti, ha presentato un volume a lui dedicato con documenti inediti e curiosità. «Di lui ricordo la capacità di lasciare traccia. Ma anche la generosità di lasciare che le sue idee fossero portate avanti da altri, senza esserne geloso. Ci ha insegnato che l’idea conta di più della citazione. Perché targare un’idea equivale a ucciderla. Proprio il contrario dell’idea dell’intellettuale stretto nel proprio perimetro. La sua forza è stata la generosità intellettuale» Letta ha descritto Andreatta come una delle grandi figure politiche del nostro tempo: «L’apertura internazionale, che oggi è un tratto distintivo forte di questa università, è la sua eredità. La sua dote era l’anticipazione, la capacità di superare la visione quotidiana e il coraggio di fare oggi scelte impopolari. Era appassionato di demografia, la scienza che ci dice oggi ciò che è scritto nel futuro e che ci dà gli strumenti per prendere decisioni consapevoli. Ed è proprio la mancanza di anticipazione di oggi che sta all’origine dei danni sociali che vedremo domani».
Del grande contributo che Nino Andreatta ha avuto nel dibattito sulle privatizzazioni all’inizio degli anni Novanta, in un momento di grande svolta storica per l’Italia, ha parlato nel suo saluto Franco Bernabè, presidente del Consiglio di amministrazione dell’Università di Trento, che ha voluto restituire anche un ricordo personale. «Affrontava con generosità battaglie impopolari. Fu uno dei pochi politici italiani che non temeva di andare controcorrente. La sua stella polare era perseguire il bene comune e a tanti anni di distanza l’insegnamento è ancora vivo. Era arrivato all’Università di Trento grazie all’amicizia con Bruno Kessler. Inizialmente molto critico nei confronti del movimento studentesco, dimostrò poi capacità di aprirsi alla trasformazione sociale e al rinnovamento del corpo docente. Volle il rafforzamento delle discipline economico sociali con la costruzione di facoltà innovative per l’epoca, come quella di Economia, che fu fattore di modernizzazione scientifica e della società, allora molto chiusa. All’intuizione di Andreatta si deve anche un altro modello distintivo dell’università di Trento, la maggiore autonomia decisionale rispetto al centralismo statale».
«Questi muri parlano di lui, tanto è stato incisivo nella vita dell’Università di Trento. È stato protagonista di avvenimenti di straordinaria intensità e tensione e ha contribuito a preparare il percorso che ha portato all’ateneo di oggi» ha detto Tarcisio Andreolli, che ha promosso fortemente l’organizzazione dell’evento in memoria di Nino Andreatta. «Mi ricorderò sempre del suo coraggio, della capacità di non farsi prendere dall’emozione, la razionalità nell’affrontare problemi che apparentemente non avevano soluzione e che invece ha saputo affrontare. Uno fra tutti il riscatto dalla povertà del Trentino».
In tanti ricordi durante la mattinata è stato citato proprio il ruolo di Nino Andreatta nell’elaborazione del Piano urbanistico provinciale: «Un fatto allora talmente nuovo nella politica italiana che ha trasformato una terra all’insegna della modernità. Ed è servito per superare la diversità tra aree urbane e montane con un ruolo strategico e unitario della provincia e per rompere la frammentazione forte tra i comuni riunendoli attorno a un obiettivo» ha ricordato Romano Prodi.
Sulle grandi decisioni prese da Nino Andreatta e sulla sua visione politica ed economica si è concentrata la tavola rotonda che ha visto gli interventi di Luigi Bonatti, professore di Politica economica al Dipartimento di Economia e Management, Marco Brunazzo, direttore del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale; Daria de Pretis, già rettrice dell’Ateneo trentino e giudice della Corte costituzionale, Lorenzo Dellai, già presidente della Provincia autonoma di Trento ed ex parlamentare, Sergio Fabbrini, ordinario di Scienza politica e Relazioni internazionali e direttore del Dipartimento di Scienze politiche alla Luiss, Bruno Zanon urbanista e già docente al Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica dell’Università di Trento.
A chiudere la mattinata, il ricordo del rettore Flavio Deflorian: «È stata una persona con sfaccettature multiple. Non si può comprendere il grande studioso se non si comprende il politico. Non si capisce l’Andreatta trentino se non si guarda all’Andreatta europeista, all’economista che affronta in anticipo le grandi sfide. Il fervente cattolico che però sa tenere ferma la barra della laicità. In una società così frammentata, guardare a una figura così monolitica, che sa tenere insieme anime tanto diverse, è un esempio su cui riflettere. Coraggio, generosità, rigore morale, senso del bene comune, coerenza, capacità di andare controcorrente: sono le parole chiave che richiamano all’etica le migliori che abbiamo per descriverlo. Le stesse parole a cui anche nell’accademia dovremmo ispirarci».

Il messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella
Economista di vaglia, intellettuale e uomo politico coraggioso, dotato di visione e senso dello Stato, Beniamino Andreatta appartiene al novero delle personalità più significative della nostra storia repubblicana, alla quale ha contribuito con il suo slancio modernizzatore.
La scelta dell’Università di Trento – che lo ha visto tra i suoi fondatori – di ricordarne la figura e il pensiero a 25 anni dall’improvvisa, grave infermità che lo costrinse prima al silenzio e poi lo condusse alla morte, è sicuramente di grande rilievo.
Parlamentare per sei legislature, è stato più volte Ministro in diversi cruciali Dicasteri, dal Tesoro, agli Affari esteri, alla Difesa, con scelte che hanno segnato svolte importanti per il Paese e orientato il percorso successivo. Dal convinto sostegno al Sistema monetario europeo alla separazione funzionale tra Tesoro e Banca d’Italia. Dalla politica di disinflazione e di contenimento del debito pubblico all’avvio delle privatizzazioni, al progetto europeo, all’avvio dell’adeguamento del sistema di difesa italiano al dopo Guerra fredda.
L’etica del rigore ha accompagnato Nino Andreatta nelle posizioni di responsabilità assunte, come dimostra, fra tutte, la vicenda del Banco Ambrosiano.
Il rinnovamento delle Istituzioni e delle forze politiche – nella conferma dei valori della Costituzione – fu alla base del suo impegno nei primi anni ’90, cercando di alimentare il bagaglio di cultura politica necessario per affrontare i tempi nuovi e le ulteriori, veloci, trasformazioni.
La sua ricca testimonianza va indicata come riferimento per le giovani generazioni.