L'intervista

martedì 8 Agosto, 2023

Omicidio di Rovereto e disagio psichico, Ianeselli: «Casi segnalati. La risposta? Di attenermi alle mie competenze»

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Il sindaco di Trento critica chi fa campagna elettorale sulla tragedia di Rovereto e chiede azioni concrete: «Credo che come sistema si poterebbe fare di più. C'è bisogno di soluzioni reali»

Sindaco Ianeselli, quando ha saputo della tragedia avvenuta a Rovereto cos’ha pensato?
«Ho pensato a quella povera donna, ma devo essere sincero: ho pensato se fosse successo qui a Trento come mi sarei sentito, se fossi stato io il sindaco di quella comunità…
Si sarebbe sentito in qualche modo responsabile?
«Ero stato eletto da pochi giorni quando Alberto Pacher, l’ex sindaco psicologo, mi spiegò che quello del sindaco è un ruolo proiettivo. Nel senso che sulla sua figura si proiettano i desideri, i sogni ma anche la frustrazione e la rabbia dei cittadini».
Il vecchio adagio: «È sempre colpa del sindaco». Questo intende?
«I cittadini possono crederlo. Il problema è quando insinuano responsabilità specifiche quelli che ricoprono ruoli nelle istituzioni: è indecente scaricare la responsabilità di quello che è accaduto sul sindaco di Rovereto».
La Lega ha però puntato il dito contro Valduga.
«A me succede con quelli di Fratelli d’Italia. Per ogni fatto di criminalità che accade a Trento mi ritrovo un’interrogazione in Consiglio comunale. E ogni volta spiego che l’autorità di Pubblica sicurezza, a Trento, così come a Rovereto e Riva del Garda dov’è presente un Commissariato di Polizia, è in capo alla Questura. E non lo dico per chiamarmi fuori, ma per ricordare che c’è una suddivisione di competenze».
Alcuni, anche nel centrodestra, spiegano che un sindaco potrebbe procedere con un Tso, il trattamento sanitario obbligatorio.
«Questa è una leggenda metropolitana. Un trattamento sanitario obbligatorio prevede che ci sia un medico che lo propone e un altro medico che lo approva, e il sindaco è chiamato alla controfirma. Vorrei però dire una cosa a proposito di questo…».
Prego.
«Devo dire che ci sono stati casi in cui ho scritto all’Azienda provinciale per i Servizi sanitari segnalando alcuni casi. Mi sono quindi permesso di proporre degli interventi di tipo sanitario su alcuni soggetti…».
E che cosa è successo?
«Una paio di volte me le sono anche sentite, con il richiamo ad attenermi a quelle che sono le mie competenze».
Sta dicendo che la responsabilità, per quanto successo a Rovereto, è più provinciale che comunale? La psichiatria dipende infatti dall’Azienda sanitaria, che è provinciale.
«Non ho elementi sul caso specifico, credo però che anche in questa occasione ci sia una questione di sistema, di cui fa parte la Pubblica sicurezza, la parte sanitaria e la parte sociale in capo alle amministrazioni comunali. Anche se mi sembra di aver capito che sul caso di Roveto l’autore dell’omicidio fosse seguito non dal Comune ma dalla Comunità di Valle».
Prima diceva delle sue segnalazioni…
«Io però vorrei arrivare al punto. Un soggetto con disagio mentale evidente si ritrova in un limbo tra repressione ordinaria da una parte e dall’altra di cura psichiatrica, con l’effetto che non viene preso in carico né dall’una né dall’altra parte. Il fatto che persone con queste problematiche siano in strada è un problema che rimane aperto. Per questo io ho scritto e scrivo ogni volta all’Azienda sanitaria, anche se so bene che un Tso non è risolutivo, perché puoi trattenere una persona per pochi giorni. Ma poi?».
Non credo lei proponga la riapertura dei manicomi, superati dalla Legge Basaglia. Quindi?
«Credo che come sistema si poterebbe fare di più. A Trento abbiamo attivato un tavolo con la Polizia locale, la psichiatria e i servizi sociali. Ma non mi sembra che si sia trovato un equilibrio. Io chiamo il questore quasi tutti i giorni, in certi momenti critici anche più di una volta al giorno, ma non basta. C’è bisogno da trovare soluzioni reali, e ripeto: di sistema».
Non è quindi colpa del sindaco…
«Chi lo dice, anche tra i politici, lo fa per sciacallaggio. Un secondo dopo il fatto questi hanno pensato alla campagna elettorale, ed è indegno. Tutti devono interrogarsi su come evitare che succedano tragedie come queste, che non sono fatalità. Devono interrogarsi tutti i livelli, dal Comune alla Provincia fino al Parlamento e al Governo nazionale. Anzi, direi che i Comuni sono quelli con meno competenze per poter intervenire, ma sono le realtà che subiscono i maggiori contraccolpi, i sindasi in primis».