Tribunale

giovedì 14 Dicembre, 2023

Omicidio Iob: «Ergastolo per Dallago» L’accusa: «Uccise perché scoperto rubare»

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La sentenza già domani. La pm nella requisitoria: «Non ci sono altre spiegazioni alle tante contraddizioni» Chiesti risarcimenti per 900 mila euro

Il massimo della pena, per aver ucciso Fausto Iob, custode forestale, guardiano dell’orso di San Romedio, per poi aver portato il corpo nel lago di Santa Giustina. Omicidio pluriaggravato, più furto di legname. Ha chiesto l’ergastolo il pubblico ministero Antonella Nazzaro, al termine della requisitoria pronunciata ieri nell’aula della Corte d’Assise del Tribunale di Trento.
Una richiesta formulata, nella sua perentorietà, quasi con pacatezza, al termine del tentativo di ricostruire i fatti. Quei fatti accaduti un anno e mezzo fa, di cui, nei dettagli non può essere a conoscenza nessuno se non la vittima e il suo aggressore. Quest’ultimo, per l’accusa, è David Dallago, 38 anni, di professione boscaiolo, unico imputato di un processo che è stato a lungo definito «indiziario», ossia dove gli indizi non mancano, ma latita la prova. E sulla prova, la «pistola fumante», si è a lungo dibattuto: c’è davvero? Sono le tracce biologiche (di Iob) sull’auto di Dallago? La conseguente pulizia degli interni, con l’acquisto cinque litri di candeggina, e con tanto di menzogna sulla vettura effettivamente utilizzata? I due cellulari che hanno agganciato la stessa cella e hanno smesso di funzionare assieme, forse perché bagnati dalle acque del lago? Deciderà la corte e lo farà a breve, già domani. Per la dottoressa Nazzaro non «ci sono altre spiegazioni» all’uccisione di Iob se non un’aggressione da parte di Dallago. Concorderebbero la causa del decesso, così come l’epoca, ossia il 3 giugno, che presuppongo «la verosimile presenza di entrambi sulla scena del delitto». In altre parole: non c’era nessuno sul posto a parte Dallago. E Dallago aveva i motivi e i mezzi per compiere il delitto.
La colpevolezza proverebbe anche la «ripetute contraddizioni» in cui sarebbe caduto Dallago, dalle prime dichiarazioni rese ai carabinieri di Cles, fino al suo esame in aula a fine ottobre.

Il movente
E proprio durante l’esame, quel lungo elenco di domande a cui si è sottoposto volontariamente Dallago, l’imputato aveva risposto seccamente «no» a una di queste. Era: «Ucciderebbe un uomo per 500 euro?». Quei soldi non erano altro che il valore della legna rubata al Comune, quella di cui Iob, custode forestale del comune di Predaia, aveva scoperto il furto. Ma per l’accusa non si sarebbe trattato di un episodio. Ci sarebbe stato un «sistema Dallago» che presupponeva un metodo sistematico, con complici. Era a rischio, insomma, non solo il suo lavoro nel cantiere, ma una sua fonte di reddito «rodata», basata sul furto del legname (nel caso specifico quello comunale di Sanzeno, dove si trovava il cantiere) a cui seguiva la sostituzione con legna meno pregiata. E la scoperta del carico sottratto nel piazzale di Casez da parte di Iob metteva a repentaglio il tutto.

L’omicidio
C’è un «buco» di cinquanta ore tra il momento dell’assassinio di Iob (attorno alle 11 del 3 giugno, secondo l’accusa) e il ritrovamento, avvenuto il 5 giugno. Nessuno sa cosa sia successo. Nessuno con che arma sia stato colpito. E nessuno sa come il corpo del custode forestale sia finito nel lago dal cantiere 21, in zona isolata vicino alla frazione di Banco. Sono stati gli avvocati di parte civile (Paolo Mazzoni e Danilo Pezzi per i figli Davide e Valentino Iob, Lorenzo Eccher per i fratelli e i nipoti) a proporre una ricostruzione dell’accaduto. Iob sarebbe stato aggredito, alle spalle, utilizzando il manico di uno zappino forestale, oggetto compatibile con le lesioni (18, quattro sul cranio) rinvenute. Quindi sarebbe stato caricato sull’auto (la Kia di Dallago) e portato sul lago, probabilmente con l’aiuto di un telo. Nel corso dell’immersione si sarebbe danneggiato il cellulare dell’aggressore. Il custode forestale è poi morto d’asfissia quando già si trovava nelle acque del lago. Da qui in poi ci sono stati «due giorni utili» per ripulire le prove. Le parti civili hanno ricordato le due visite di Dallago al Centro di raccolta materiali. E le indicazioni sbagliate che avrebbe dato ai soccorritori, quando nessuno ancora sapeva che Iob fosse morto.   E c’è infine quella macchia biologica, cinquanta centimetri quadrati, sul sedile posteriore. Gli avvocati di parte civile non hanno dubbi: ci sarebbe anche il sangue di Iob.

Il risarcimento
Oltre il lato penale c’è quello civile: le richieste degli avvocati dei familiari ammontano a 900 mila euro in tutto. Sono cifre standard, calcolate come se si trattasse di una vittima di incidente stradale. «Ma è un aspetto secondario — assicurano i legali — quello che interessa la famiglia è la giustizia». Giustizia che arriverà, nella forma della verità processuale di primo grado fra poche ore. Prima parlerà l’avvocato Angelica Domenichelli, difensore di Dallago, con un’arringa che si annuncia essere lunga: del resto, ieri, le accuse incrociate sono durate sei ore. Ad ascoltarla la corte, la presidente Claudia Miori, la giudice a latere Greta Mancini, i giudici popolari. Davanti a loro un imputato che, com’è stato ricordato ieri, è drasticamente cambiato nel tempo: niente più barba, tanti chili persi in carcere. Ma una cosa è rimasta sempre la stessa: la sua fermezza nel dichiararsi innocente.