Lavoro
giovedì 5 Settembre, 2024
di Francesco Terreri
«Coldiretti Trento esprime profondo rammarico e forte disappunto per la recente firma del rinnovo del contratto provinciale degli operai agricoli e florovivaisti da parte di Confagricoltura, avvenuta senza il coinvolgimento di tutte le parti datoriali rappresentative, dopo mesi di lavoro collegiale. Tale decisione rappresenta una grave scorrettezza nei confronti delle altre organizzazioni sindacali che rappresentano, Coldiretti in primis, la stragrande maggioranza delle aziende agricole. Un fatto grave che compromette il processo di dialogo e confronto che ha finora caratterizzato il percorso di rinnovo contrattuale». Dura la presa di posizione del presidente di Coldiretti Trentino Alto Adige Gianluca Barbacovi sulla firma del contratto degli operai agricoli da parte della sola Confagricoltura (Il T di martedì). «Giovedì scorso eravamo al tavolo insieme, poi la fuga in avanti» afferma dal canto suo Paolo Calovi, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori Cia, anch’essa rimasta spiazzata dalla firma separata. Ma il presidente di Confagricoltura Diego Coller sottolinea: «è stata una scelta sofferta ma l’abbiamo presa in maniera consapevole per senso di responsabilità verso i nostri dipendenti. La differenza di posizioni con i sindacati al tavolo di trattativa era di appena lo 0,9%». Nella scelta diversa, pesano anche le diverse tipologie di aziende che fanno capo alle varie associazioni. Confagricoltura, che copre circa il 20% del mondo agricolo provinciale, ha molte aziende con operai fissi, più di 700, oltre ai raccoglitori che arrivano in queste settimane. A Coldiretti e Cia, che in tutto coprono l’80% del settore, fanno capo tante imprese familiari che hanno soprattutto stagionali e per le quali gli aumenti salariali in questa fase possono essere pesanti.
«Con grande sorpresa e stupore -afferma Barbacovi – abbiamo appreso che, di punto in bianco, Confagricoltura ha deciso di procedere autonomamente alla firma del contratto, escludendo due delle tre rappresentanze datoriali, un atteggiamento assurdo vista anche la posizione di rappresentanza minoritaria di chi l’ha compiuto. Questo atto costituisce una grave violazione dei principi di correttezza e buona fede che dovrebbero guidare ogni relazione contrattuale e sindacale. Escludere la maggioranza delle rappresentanze datoriali è un fatto senza precedenti, che mina profondamente la credibilità e l’efficacia del processo negoziale».
«Ogni fase negoziale – spiega Barbacovi – è stata caratterizzata dalla presenza di tutte le parti coinvolte, in un processo inclusivo e partecipativo, nel rispetto delle regole e delle consuetudini sindacali consolidate. Come Coldiretti, consapevoli di rappresentare la più grande organizzazione agricola a livello europeo, non abbiamo mai fatto mancare la nostra presenza e fin dall’inizio dell’anno abbiamo dedicato tempo ed energie in un confronto serio e qualificato sui principali punti normativi della piattaforma contrattuale, giungendo a risultati condivisi che avrebbero potuto rappresentare una base solida per il rinnovo del contratto. Tuttavia, quando la discussione si è spostata sul tema degli aumenti salariali, il clima negoziale è cambiato radicalmente. È mancata la disponibilità al dialogo, sostituita da un atteggiamento intransigente e poco costruttivo, che ha reso impossibile proseguire con un confronto equilibrato e rispettoso delle esigenze di tutte le parti».
«Il nostro contributo alle trattative contrattuali – conclude Barbacovi – è sempre stato orientato al raggiungimento di un equilibrio tra le esigenze delle imprese agricole e quelle dei lavoratori. Invitiamo pertanto tutte le parti coinvolte a ripristinare un percorso di trattativa trasparente e condiviso».
Le trattative si erano fermate alla differenza tra la proposta di aumento salariale dei sindacati, il 7,4% di cui il 3,5% proveniente da un accordo nazionale, e la proposta delle organizzazioni datoriali, il 6,5%, con uno scarto dello 0,9%. Per Calovi, di Cia Agricoltori Italiani, «è stato un tavolo difficile. Non c’erano le condizioni per firmare il contratto, per le nostre aziende familiari medio-piccole il 6,5% è un aumento importante e lo 0,9% in più pesa anche dal punto di vista etico. Parteciperemo ancora alla discussione ma non firmeremo un tale accordo».
«Abbiamo condotto la trattativa insieme alle altre organizzazioni per mesi – replica Coller – La differenza tra la nostra proposta e quella del sindacato era lo 0,9%. Non volevamo speculare sui nostri operai per questa differenza, così l’abbiamo riconosciuta come elemento di garanzia per l’effetto inflattivo, che scatterà dal primo dicembre 2025. è stata una decisione presa per senso di responsabilità, ma anche per aiutare l’aumento di spesa delle famiglie che poi comprano i prodotti della nostra agricoltura. Mi dispiace che gli altri non l’abbiano condivisa».
turismo
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