La storia
lunedì 2 Settembre, 2024
di Johnny Gretter
«Mi dispiace molto lasciare l’attività, specialmente quando sento ancora i complimenti dei clienti che mangiano qui». Ieri, con un po’ di commozione, lo chef Fiorenzo Varesco ha annunciato ufficialmente che a fine 2024 lascerà l’Osteria Morelli di Canezza, dopo 16 anni di gestione. In tutto questo tempo, Varesco è riuscito a ottenere una serie di importanti riconoscimenti: tra le altre cose, l’Osteria è stata riconosciuta dalla guida Michelin e da Gambero Rosso, e ha ottenuto premi come la Corona radiosa del Golosario e la Chiocciola assegnata da Slow Food. Adesso che lo chef si avvicina alla fine di questa carriera piena di soddisfazione è aperta la caccia al futuro gestore della storica osteria di Canezza. «La passione per la cucina mi è venuta già da piccolo», ha dichiarato ieri lo chef Varesco durante una conferenza di saluto. «Ai tempi degli attentati, mio padre lavorava a Bolzano come chef in Piazza delle Erbe. Cercando un clima più sicuro siamo tornati in val di Fiemme, da dove venivamo: c’era da pagare il mutuo e le spese per la casa, e così ho iniziato a lavorare in cucina con mio padre. Avevo circa 8 anni, lo aiutavo come potevo con compiti semplici e poi facendo cose sempre più complesse. Lui però non voleva che facessi il cuoco e mi ha fatto studiare da ragioniere». Prima di prendere in gestione l’Osteria Morelli, per molto tempo Varesco ha lavorato in Alto Adige. «Quando vedevo mio padre al lavoro vedevo soprattutto il suo contatto stretto col territorio», ha proseguito lo chef. «Andava sempre a Carisolo a scegliere gli animali, vedeva la transumanza, aveva ogni mattina un allevatore che gli portava le uova personalmente. Uno dei motivi per cui ho smesso di fare il cuoco in Alto Adige è stato proprio questo: c’era tanta scena e poco arrosto. Sedici anni fa, ho scelto l’Osteria Morelli per due motivi. Innanzitutto l’estetica: non volevo un locale minimal, ma nemmeno un ristorante troppo tiroleggiante, come vanno di moda adesso. Poi, non volevo nemmeno stare su una rotta turistica: adesso molti clienti sono dei turisti, ma vengono qui apposta per il locale». Il ristorante può vantare una storia piuttosto lunga. Tutto è iniziato con Cristiano Morelli, che nel 1751 aveva fondato un’azienda familiare basata sulla gestione di un mulino. L’impresa, nei decenni successivi, si è estesa sempre di più, prima con un’osteria e poi con un salumificio. Prima dell’arrivo di Varesco, però, si sono avvicendate alcune gestioni piuttosto problematiche. «Quando c’era mio zio l’impresa andava molto bene, poi lo ha venduto e ci sono state molte gestioni che non erano andate bene» racconta Stefano Morelli, l’attuale proprietario. «Adesso stiamo cercando un nuovo gestore: stiamo valutando opzioni come l’affitto o la vendita, ma resta il vincolo di non stravolgere l’identità dell’osteria. In questi giorni dovrebbe arrivare in visita un giovane di Desenzano che sta valutando di prendere in mano il ristorante». Dunque, sembra che le prime offerte stiano già arrivando per l’Osteria Morelli. Durante la conferenza, Varesco ha annunciato che il locale resterà aperto fino alla fine di dicembre. Se nel frattempo ci saranno offerte, però, lo chef si prenderà del tempo per accompagnare la nuova gestione. Nel frattempo, l’attività sarà portata avanti da Fiorenzo e dalla moglie Antonella. «È da gennaio che cerco un cameriere o una cameriera», ha aggiunto ancora Varesco. «Purtroppo anche la vicinanza con l’alberghiero non aiuta: ormai sembra scelto solamente perché è una scuola ritenuta più facile. Solo pochi portano avanti il mestiere dopo il diploma». Alla conferenza di saluto era presente anche Tommaso Martini, presidente di Slow Food Trentino. «Il sistema della ristorazione sta vivendo un momento di crisi», ha spiegato. «Il modello di consumo e distribuzione che seguiamo è diventato come schizofrenico, slegato dal territorio e dalle sue dinamiche. In tutto questo le osterie diventano stimolatori di sistemi locali, creando relazioni sempre più strette tra produttori, trasformatori e consumatori».