l'anniversario
lunedì 12 Agosto, 2024
di Sandro Schmid (ex presidente Anpi)
Per controllare il passaggio strategico fra l’Alto Vicentino e il Trentino i partigiani, occupate le vette del Pasubio, dovevano ancora espugnare la fortezza fascista dell’altopiano di Tonezza usata come scuola per gli ufficiali della Guardia nazionale repubblicana.
Tra Vicenza e Rovereto
Il 15 luglio 1944, l’alpino della Julia, reduce dalla Russia, Germano Baron «Turco» (Medaglia d’oro al valor militare), con i suoi partigiani della divisione «Ateo Garemi» espugna la caserma con uno spericolato assalto con mitra e bombe a mano che fanno esplodere il deposito munizioni. Lo studente di Giurisprudenza roveretano, di 17 anni, Lamberto Ravagni «Libero» rimane ferito da una pallottola al polso della mano sinistra e frammenti di schegge alle gambe. Si costituisce la «Repubblica partigiana della Valle Posina» che durerà un mese.
Il 6 agosto 1944, un reparto della «Garemi» fa saltare il ponte di San Colombano.
L’operazione Belvedere
È la goccia che fa traboccare il vaso. I nazisti sono inferociti, vogliono farla finita con i partigiani e riprendersi il controllo di questa strategica via di comunicazione tra Rovereto e Vicenza. Il Comando tedesco organizza un imponente rastrellamento a tenaglia: operazione Belvedere. Partecipano l’Einsatzkommando Bῡrger, affiancato dalla V Compagnia del Cst trentino e reparti della Guardia nazionale repubblicana fascista. In tutto 14mila uomini che risalgono le strade con mezzi corazzati. «Turco», con un battaglione intitolato al compagno caduto «Marzarotto», forte di circa 150 uomini, in attesa di un «lancio» alleato nella zona di Malga Melegna, con squadre e distaccamenti aveva presidiato a largo raggio tutto l’altopiano di Folgaria.
Il Marinaio a Malga Zonta
Uno di questi è comandato dal vicentino di Coldogno Bruno Viola «Lampo», ma meglio conosciuto con l’altro nome di battaglia: «il Marinaio». Dal 1942 era stato radiotelegrafista nella Regia Marina e indossava ancora la divisa marinara. «Il Marinaio» ha il compito di presidiare Malga Zonta. Un punto strategico di passaggio sull’altopiano dei Fiorentini fra Folgaria e la Valle Posina. All’insediamento a Malga Zonta, con il comandante «Turco», è presente anche Lamberto Ravagni «Libero» che ricorda un passaggio del suo discorso politico al distaccamento: «Ricordatevi che noi facciamo la guerra alla guerra dei nazisti e dei fascisti!». Ravagni è colto da un aggravamento della ferita con un attacco di setticemia ed è trasportato a curarsi a Ganna di Posina: sarà la sua fortuna. Fra la notte del martedì 11 agosto 1944 e il 12, si scatena l’inferno. Il rastrellamento nazifascista inizia proprio dall’altopiano di Folgaria e Passo Coe passando da Malga Zonta. Verso le 2.30 di quel tragico mercoledì 12 agosto, la notte è buia. Tutto è coperto da una nebbia bassa e intensa. I nazifascisti ne approfittano per filtrare attraverso le sentinelle più lontane. Una sentinella sente i rumori. Li vede. Spara un colpo. Ma è troppo tardi. I militi nazifascisti sono già nei pressi della Malga Zonta e la stanno circondando con mitragliatrici e mortai.
Assediati nella malga
Il «Marinaio», con i suoi giovani 13 compagni, verificata l’impossibilità di una sortita per aprirsi un varco di fuga, non resta che barricarsi all’interno della Malga per l’ultima difesa. Il loro sacrificio sarebbe servito a dare tempo alle formazioni più arretrate di organizzarsi e mettersi in salvo. Le armi dei partigiani sono poche e le munizioni scarse. Nonostante ciò la battaglia dura un paio d’ore e causa diverse vittime fra i nazifascisti e alcuni feriti fra i partigiani. Le munizioni finiscono. I tedeschi irrompono nella Malga. Il «Marinaio» in un estremo corpo a corpo, abbatte i primi due militi e riprende a sparare con le loro armi. Finito l’ultimo colpo non resta che arrendersi.
La cattura e la fucilazione
Nel rastrellamento i nazifascisti avevano catturato una quindicina di malgari che poi saranno rilasciati. Ma tre di loro saranno messi in fila con le mani alzate assieme ai 14 partigiani davanti al muro della porcilaia per la fucilazione. Due foto, scattate da un militare tedesco, recuperate dalla partigiana Annetta Rech, immortalano il momento tragico dell’eccidio.
«Il Marinaio» incita i compagni ad affrontare con coraggio l’ultimo sacrificio. Il plotone d’esecuzione è pronto. Un attimo prima dell’ordine: «Feuer!». Il Marinaio grida: «Viva l’Italia».
Al Marinaio è conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione: «Comandante di una pattuglia di partigiani, teneva fronte per lungo tempo a soverchianti forze tedesche che lo avevano circondato. Terminate le munizioni, abbatteva in una lotta a corpo a corpo due nemici e con le loro armi prolungava l’eroica resistenza finché sparava l’ultima cartuccia veniva catturato e condotto alla fucilazione assieme ai suoi compagni che incitava al supremo sacrificio e, prima di morire, lanciava in faccia ai suoi carnefici: W l’Italia!».
Le vittime
Come il Marinaio, i partigiani caduti sono vicentini, diversi avevano solo 19 anni, altri dai 20 ai 22 anni. Il più giovane Giuseppe Marcante di Monte Maio solo 18.
Lamberto Ravagni, con alcuni dei suoi, vive da non molta distanza, la strage di Malga Zonta. Poi finisce catturato dai fascisti sotto il falso nome di Angelo Curti. Riesce ad evadere. Si riunisce con un distaccamento della «Pasubio» comandato dal suo amico roveretano Pio Marsilli «Pigafetta», che nel vederlo vivo non crede ai suoi occhi e lo riabbraccia commosso. Poi «Libero» (Ravagni) è comandante di una formazione che compie azioni valorose a Rovereto e sulla destra Adige dove operano i partigiani guidati da Adamo Adami «Picozza» nella zona di Bordala e collegarsi con i partigiani di Arco seguendo le direttive degli Alleati. Dopo numerosi scontri e incendio di casolari, il rastrellamento della Valle Posina terminerà il 13 agosto 1944, con pieno successo tedesco.