la storia

giovedì 30 Gennaio, 2025

Padre clandestino, il figlio lo raggiunge dal Marocco: «Un’attesa lunga 10 anni per riabbracciarlo»

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Il racconto di Kamal e di quel ricongiungimento familiare tanto agognato: «Da piccolo andavo in una casa di signori benestanti per usare il loro telefono fisso e chiamarlo»

«La mia terra mi manca, ma il Trentino che mi ha accolto amorevolmente è come fosse la mia mamma e il Marocco un padre che mi ha insegnato a camminare». È la storia di Kamal, nato in un piccolo villaggio del Marocco, arrivato in Italia grazie a un ricongiungimento familiare. Kamal il cognome preferisce non farlo perché seppur la sua è una storia a lieto fine, racchiude un viaggio della speranza. La paura come compagna di avventura. Una paura che non l’ha mai abbandonato nemmeno dopo l’arrivo nel Belpaese. «Avevo due anni quando mio papà partì per l’Italia in cerca di fortuna — racconta— Siamo riusciti a riabbracciarci dopo dieci anni. E dopo aver affrontato una lunghissima trafila burocratica con il consolato italiano a Casablanca per ottenere il visto». La famiglia è riuscita a ricongiungersi nel Duemila, in Trentino. Sono gli anni in cui con la legge Martelli maturano leggi sull’immigrazione come un fenomeno più stabile, e iniziano i ricongiungimenti familiari, come quello di Kamal, famiglie prima divise dalla burocrazia micidiale. L’arrivo delle madri e dei bambini che incontrano un nuovo mondo da conoscere e decifrare. Sono gli anni dei sogni che si avverano per molte famiglie di immigranti finalmente riunite. Kamal aveva solo undici anni quando arrivò in Italia. Una vita davanti, tutta da costruire. Dai vicoli incantati del Marocco a una piccola frazione di pochi abitanti in Trentino, è un bello strappo. «Il sogno di mio papà era sapere al sicuro la sua famiglia: è partito alla ricerca di pace, protezione e di una vita dignitosa», rivela. Il suo papà partì negli anni ‘90, clandestino, dal Marocco alla Spagna, dalla Francia al sud dell’Italia. Da lì si spostò in Trentino per trovare lavoro in una cava di porfido. Non aveva soldi, era solo e non sapeva cosa gli sarebbe accaduto. E quel poco che guadagnava lo mandava alla sua famiglia. Con il tempo è riuscito a regolarizzarsi e a stabilizzarsi. Condizioni che hanno reso possibile l’avvio delle pratiche per il ricongiungimento con la moglie e i bambini. «In Marocco — racconta Kamal— I miei amati nonni mi hanno insegnato a sognare cose realizzabili. Alcuni sogni, quello di avere la famiglia li abbiamo avverati. Poi c’era il sogno di raggiungere l’Italia. E anche quello, a fatica e con tanto dolore e sacrificio, l’abbiamo realizzato. Adesso guardiamo al futuro e con pazienza tutto sta andando per il verso giusto». Della sua infanzia Kamal ha un ricordo preciso: «Quando papà lasciò il villaggio, non c’era possibilità di avere sue notizie… una volta in settimana facevo un chilometro a piedi per andare in una casa di signori benestanti e usare il loro telefono fisso— dice— Era l’unico modo che avevo per parlare con lui». Tra una parola e l’altra, la chiacchierata con Kamal si sposta dal passato al presente, dalle paure alle gioie presenti. A questo punto rompe l’imbarazzo che l’ha accompagnato finora e le sue parole rivelano: «Cinque anni fa sono stato in Marocco e ho sposato una donna… Dopo tre anni che aspettavamo il suo visto… lei ha potuto raggiungermi in Italia. Il cielo mi ha sorriso», conclude Kamal.