Cultura
domenica 8 Settembre, 2024
di Stefania Santoni
Fare fotografia è come sussurrare al tempo, catturare un istante che si espande oltre il suo momento. È un gesto delicato, quasi invisibile, che trasforma la luce in memoria e lo sguardo in racconto. Così nella mostra «15.170. Nago_Torbole Identità e Paesaggi» curata dal fotografo Luca Chistè – con il patrocinio del Comune di Nago-Torbole e la media partnership del T Quotidiano – che inaugura oggi alle 17.30 al Forte Superiore di Nago ogni scatto diventa un frammento di vita sospeso tra realtà e sogno. La macchina fotografica diventa uno strumento di ascolto, un ponte tra chi fotografa e il paesaggio, tra l’occhio e il cuore. Ogni immagine è una finestra aperta su un mondo in mutamento, dove il paesaggio non è solo un luogo, ma una trama di storie, volti e gesti. Fotografare Nago e Torbole diventa scoprire la poesia nascosta nel quotidiano, nell’incontro tra uomo e natura, nel fluire delle stagioni e nel passaggio del tempo. Attraverso questa lente poetica, la fotografia si fa racconto dell’anima di un territorio, rivelando l’intima connessione tra chi vive, lavora e respira in questi luoghi.
«Nel 1999, otto amici di Nago-Torbole, uniti dalla passione per la fotografia, fondarono ‘Il Fotogramma’, un’associazione che andava oltre il classico fotoclub. Il loro obiettivo non era solo scattare immagini, ma raccontare la storia del territorio, documentando le sue trasformazioni sociali e culturali. ‘Il Fotogramma’ si è subito distinto, unendo l’arte fotografica all’analisi sociale e ambientale. Negli anni l’associazione ha saputo adattarsi ai cambiamenti epocali, come l’avvento del digitale e dei social media, mantenendo però intatta la sua missione. Dopo 25 anni, conta oltre trenta soci e rimane un punto di riferimento per la fotografia nell’Altogarda» racconta Paolo Benaglio, presidente de «Il Fotogramma».
Per celebrare questo traguardo l’associazione ha realizzato un progetto che coinvolge 15 fotografi in una riflessione sull’essenza e i luoghi di Nago e Torbole. «Il percorso espositivo nasce da un workshop intenso, durante il quale quindici fotografi e fotografe hanno esplorato, attraverso i loro obiettivi, il legame profondo tra l’uomo e paesaggio di Nago e Torbole. La mostra si articola in un percorso di 170 immagini, distribuite su 70 pannelli, che ci conducono in un viaggio visivo alla scoperta dell’identità di questi territori. Ogni scatto non è solo una testimonianza, ma una riflessione poetica, un’interpretazione che va oltre la superficie per svelare la complessità e la bellezza di luoghi intrisi di storia e significato. Le fotografie raccontano frammenti di vita quotidiana: i volti delle persone che animano i luoghi di lavoro, le strade e le piazze, gli edifici e i negozi, che non sono solo spazi fisici, ma palcoscenici di storie umane. Attraverso il passare del tempo, questi luoghi si trasformano, rivelando la loro capacità di adattarsi ai cambiamenti. È qui che emerge il concetto di resilienza urbana, con aree che si rigenerano e trovano nuova vita, mantenendo però intatta la loro identità originaria. Il paesaggio naturale si impone in due percorsi distinti ma complementari: uno dedicato all’osservazione e alla contemplazione, l’altro all’attraversamento e alla scoperta. Le montagne, il lago, i sentieri: ogni elemento del paesaggio viene trasformato dalla lente fotografica, che non si limita a catturarne l’aspetto esteriore, ma ne coglie il legame profondo con le persone che lo abitano o lo attraversano. È un dialogo silenzioso tra la natura e l’essere umano, un incontro che la fotografia rende eterno, cristallizzando attimi che raccontano di una relazione ancestrale. Non manca nella mostra una dimensione spirituale: le immagini si soffermano sui luoghi sacri e sui percorsi devozionali che attraversano queste terre, testimoniando una fede popolare radicata nel quotidiano. Le tradizioni religiose si intrecciano con la vita di tutti i giorni, offrendo un ulteriore spunto di riflessione sul legame tra comunità e territorio. A chiudere questo viaggio visivo, la sezione dedicata al windsurf, simbolo di libertà e movimento. Le vele che sfrecciano sull’acqua del lago, sospinte dal vento, diventano metafora del continuo dialogo tra l’uomo e la natura, della loro interazione dinamica e vitale. Così questa mostra diventa un racconto profondo, fatto di immagini che non solo catturano la realtà, ma la interpretano, restituendo l’essenza di due terre in continuo mutamento» puntualizza il curatore Chistè.
Come ricorda Paolo Benaglio, la mostra è anche un sentito ringraziamento a tutte le persone e istituzioni che, in questi 25 anni, hanno contribuito con passione e impegno a far crescere l’associazione, rendendola un faro culturale nel panorama locale. Ed è proprio in ogni scatto che si riflette questo percorso: ogni fotografia racchiude un pezzo di storia, un frammento di vita che si aggiunge al mosaico complesso e affascinante delle due comunità. La fotografia, qui, diventa il linguaggio attraverso cui si narra l’identità di un luogo, il suo passato, il suo presente e, forse, anche il suo futuro.