Cultura
martedì 20 Dicembre, 2022
di Carlo Martinelli
Verrebbe la tentazione, una volta riposto il densissimo libro di cui stiamo per parlare, di rispolverare una citazione a sua volta libresca: la sua importanza non dovrebbe sfuggire a nessuno, perché nessuno, col tempo, sfuggirà alle sue conclusioni.
Ebbene, oggi a Trento c’è la presentazione di Paesaggi interculturali nella terra di mezzo, sottotitolo, decisivo: Esperienze per una società plurale. Lo hanno curato Adel Jabbar, Giusy Diquattro e Gianluca Gabrielli, la prefazione è di Marco Aime (Kanaga edizioni, 232 pagine, 18 euro).
L’appuntamento è in programma alle ore 17.00, presso l’associazione culturale “Antonio Rosmini” in via Dordi 8. Saranno presenti Loretta Barberi (insegnante di Rovereto, nel volume scrive di Una Costituzione per tutti) e Adel Jabbar, in dialogo con Claudio Tugnoli.
I «Paesaggi» qui raccolti sono un intreccio di narrazioni sorte spontaneamente durante il lockdown del 2020 con il contributo di autrici e autori con diversi profili professionali, di varie provenienze ed esperienze in campo interculturale. Sono ben ventitré (compresi i curatori) e in altrettanti minisaggi (ci si passi il termine, riduttivo) tessono una trama divisa in sei capitoli, la cui enunciazione è già chiave di lettura: «Immigrazione e trasformazione sociale», «Memoria dei luoghi», «Testi e contesti migratori», «Spazi e tempi di apprendimento», «Razzismo: una storia attuale», «Autobiografia e campo visivo». Lo si comprende bene: si parla di immigrazione, razzismo, memoria e decolonizzazione dei luoghi, islamofobia, donne immigrate, seconde generazioni, scrittura autobiografica e mediazione linguistico-culturale.
La ricchezza dei temi affrontati va di pari passo con la ricchezza dei percorsi, biografici e culturali, di chi ha contribuito al libro. Dei curatori in terra dolomitica il più è conosciuto è certamente Adel Jabbar, origine irakena, sociologo dei processi migratori e comunicazione interculturale. Ha insegnato in diversi atenei e istituzioni accademiche, ha partecipato a ricerche e pubblicazioni nell’ambito del pluralismo culturale e del dialogo interreligioso, è curatore di rassegne cinematografiche, artistiche e letterarie. Lo ha fatto dapprima a Trento, negli ormai lontani anni Ottanta — fu animatore di Shangrillà, associazione interetnica — e poi a Bolzano, dove ora ha messo solide radici. Giusy Diquattro vive a Torino, è anche poeta, insegna Lettere, raccoglie storie di migrazione per il Centro interculturale, mentre Gianluca Gabrielli si occupa di storia dell’educazione, del razzismo e del colonialismo italiano nonché di didattica della storia.
Nell’organizzare il volume ricordano come l’immigrazione abbia innescato uno sfaccettato dibattito sulla portata delle trasformazioni sociali e delle loro conseguenze sugli assetti del territorio, rendendo necessaria una riflessione più attenta rispetto ad alcuni termini che spesso ricorrono nel dibattito pubblico sulla presenza degli immigrati: identità, cultura, intercultura, pluralismo culturale. In particolare il termine intercultura ha un peso rilevante anche se — sottolineano — rimangono poco chiari gli elementi fondanti di questa accezione e le sue implicazioni pratiche.
E Claudio Tugnoli, oggi chiamato a dialogare al Centro Rosmini, ricorda come il tema della convivenza tra persone di diversa provenienza geografica e culturale è antico e sempre attuale. «Una società si compone inevitabilmente di persone che hanno bisogni e aspirazioni diverse, riconducibili alle differenze di età, di formazione scolastica ed estrazione culturale. Tale molteplicità di soggetti che differiscono in quasi tutto, una molteplicità mobile e in costante trasformazione, è la conseguenza del fatto che gli esseri umani da sempre si spostano sulla superficie del nostro pianeta, sfidando i muri, i fili spinati, il mare in burrasca». Gli fa eco proprio Adel Jabbar: «Quando una società sarà consapevole al punto che la provenienza da altrove non costituirà un insormontabile limite alla partecipazione, quando i diritti della persona e i diritti di cittadinanza saranno riconosciuti a ogni persona di qualsiasi origine che vive all’interno di quella società, gli immigrati non avranno alcun bisogno di essere rappresentati e tutelati in quanto tali… In attesa di ciò la mediazione socioculturale rimane una fondamentale strategia per la promozione della partecipazione».
Ancora, Giusy Diquattro: «Oggi le persone chiedono di essere viste e ascoltate, riconosciute nei loro desideri ad alta intensità energetica nel campo dei diritti e delle opportunità. Quando quel diritto al sogno lo avremo riconosciuto agli altri, avremo legittimato anche il nostro, più umano e autentico».
Perché «terra di mezzo»? Perché, spiega Adel Jabbar, i diversi interventi sono riflessioni «che si attestano su una zona di confine per esplorarne entrambe le parti, è uno stare nel mezzo per ascoltare, per fare un passo che ci ponga nel cuore delle cose».