Il caso
mercoledì 20 Dicembre, 2023
di Alessio Kaisermann
Personalismi, incapacità, vergogna. Non c’è solo la denuncia penale per quanto di orribile sia accaduto fra un allenatore ed una giovane atleta, c’è anche una denuncia morale e sociale per quanto si è fatto e – soprattutto – non si è fatto dopo la vicenda.
Parla un genitore, padre di una compagna di squadra della pallavolista di cui in queste ore la stampa locale sta tristemente raccontando. Un allenatore radiato dalla Federazione pallavolo per aver violentato – questa l’accusa, al vaglio della Procura di Rovereto che ha aperto un fascicolo – una giovane atleta minorenne.
Non avrebbe problema a lasciare inciso anche il proprio nome e cognome, ma per rispetto, tutela e protezione di un minore coinvolto in fatti di cronaca, non lo facciamo. Rispetto, però, questo padre lo chiede anche per sua figlia e per sé: «Non ci hanno mai detto nulla – racconta – ufficialmente la società per la quale mia figlia, la sua sfortunata compagna e molte altre, giocano non ha ancora messo al corrente i genitori di quanto accaduto. Noi, però, come un po’ tutte le cose ne siamo venuti a conoscenza comunque. In altre maniere, certamente più spiacevoli e meno opportune di quanto mi sarei aspettato da una società sportiva seria».
Amareggiato, ci racconta di come il club di pallavolo in questione si sia trincerato dietro un obbligato “no comment”: «Mi hanno risposto che non potevano raccontarci nulla perché c’è il segreto istruttorio. A me non importava conoscere i dettagli; da genitore, però, avrei voluto conoscere il pericolo scampato da mia figlia. Ritengo che essere messi al corrente sia un diritto e dovere dei genitori e un diritto delle ragazze che, a questa età, sono ormai in grado di capire».
C’è voluto del tempo per realizzare bene la cosa, nel frattempo questo padre ci racconta che le ragazze sono state trattate come se nulla fosse mai accaduto. «Ad un certo punto – prosegue – ci siamo accorti che l’allenatore non era più presente agli allenamenti ma nessuno ha dato una spiegazione. Le ultime sedute delle ragazze sono state fatte seguire da dei dirigenti. Una cosa del tutto improvvisata e priva di attenzioni. È stato in quel momento che abbiamo chiesto spiegazioni e sono iniziate a circolare le voci che, ora, si sono rivelate fondate».
C’è solo da immaginare il timore che quella cosa possa essere capitata anche ad altre: «A mia figlia no, per fortuna, nessuno ha mai sospettato nulla. Gli atteggiamenti del mister erano del tutto normali, non notavo favoritismi che potessero indurre a maligni pensieri. Non si percepiva alcunché».
Compresa la gravità della cosa questo padre ha pensato che, quello, non fosse più l’ambiente adatto per sua figlia e – in accordo con un altro genitore – ha chiesto il trasferimento delle due ragazze ad altra società della zona.
«Ci hanno detto un no secco. Hanno detto che mai e poi mai ci avrebbe consentito di far giocare le nostre figlie per la società che avevamo indicato. Una questione che nasce, da quel che ho capito, dal fatto che fra le due società non corra buon sangue. Ma vi sembra normale che difronte a un episodio simile prevalgano personalismi e campanilismi? Questa ritengo sia solo la conferma di come vengono gestite alcune società sportive: non ci sono dirigenti all’altezza per gestire nemmeno i rapporti fra vicini di casa, figuriamoci per affrontare episodi gravissimi come quello che è accaduto».
I due padri si sono rivolti, allora, alla Commissione Tesseramento Atleti della Federvolley di Padova, che ha competenza in materia di trasferimenti di giocatori anche sul Trentino Alto Adige ma la risposta è stata identica: «Un altro no, ci hanno detto che non c’erano le giuste motivazioni per imporre un trasferimento d’ufficio delle ragazze». Ma del grave episodio accaduto, la Commissione ne era a conoscenza? «Lo era, sì, ma la risposta è rimasta la stessa. Pare non fosse una giusta causa per chiedere un cambio di tesseramento delle giocatrici».
La delusa riflessione del genitore prosegue: «La Federazione ha raccontato al vostro giornale di essere attenta, hanno raccontato delle raccomandazioni di serietà e di attenzione che ripetono alle società ma tutto questo, in certe palestre, non si vede. Tempo fa alcuni di noi genitori avevano chiesto una programmazione degli allenamenti perché ci erano parsi un po’ improvvisati. Avevamo chiesto una pianificazione di obiettivi, di crescita delle ragazze ma la società ci ha risposto in malo modo sostenendo che sarebbero state cose inutili perché, tanto, gli allenatori fanno ciò che vogliono. Beh, se concediamo questo, se accettiamo che le società non esercitino il compito di indirizzo e di controllo non possiamo escludere che possa accadere anche dell’altro, ben più grave di un allenamento sbagliato».
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