Spettacoli
giovedì 26 Dicembre, 2024
di Ilaria Bionda
Una trama accattivante e divertente con la giusta combinazione di tensione, umorismo, azione e musica che vedrà in scena i personaggi canonici del mondo creato da Arthur Conan Doyle a metà ‘800. Sherlock Holmes, il fidato John Watson, la signora Hudson, l’ispettore Lestrade e tutte le altre figure che gravitano attorno al più famoso detective di tutti i tempi popoleranno il palco dell’Auditorium Santa Chiara sabato alle 20.30 e domenica alle 18 grazie a «Sherlock Holmes – Il musical» diretto da Andrea Cecchi. Neri Marcorè vestirà i panni di Holmes, Paolo Giangrasso della fidata spalla Watson, in un’entusiasmante avventura all’insegna del costante scontro tra bene e male, ambientata nella Londra del 1897 su cui incombe una grande minaccia criminale. Tra enigmi, pericoli, amicizia e amore, la coppia più celebre del giallo anglosassone combatterà una lotta contro il tempo in uno spettacolo ricco d’ironia e forti emozioni.
Giangrasso, perché, secondo lei, Sherlock Holmes è un personaggio che non smette mai di affascinare?
«C’è una battuta che dico sul finale dello spettacolo che risponde a questa domanda: “Con Sherlock Holmes le avventure da raccontare non mancheranno mai. In fin dei conti abbiamo sconfitto un criminale e non certo il crimine”. La forza del mondo di Holmes è proprio questa, il fatto che contiene la storia dell’uomo, il gettarsi nei suoi lati oscuri, come appunto quelli del crimine, ma anche la voglia di giustizia che ne fa seguito, un tema universale».
Le avventure di Holmes sono infatti state narrate in libri, film, serie tv. La scelta del musical dove si inserisce?
«L’idea di portare a teatro il mondo di Holmes e di dargli anche una nota musicale è una prima assoluta, è la prima volta che lo si fa calare dentro il mondo dei musical ed è curioso che sia un progetto nato in Italia, a sei mani. Enrico Solito, uno dei maggiori esperti italiani ed europei della vicenda sherlockiana, tanto da aver scritto circa una ventina di racconti apocrifi su Holmes, ha guidato Alessio Fusi e Andrea Cecchi dentro a questo mondo. Il fatto che Conan Doyle ci abbia regalato un immaginario così preciso rende possibile la scrittura di questi racconti, che poi vengono approvati dalla comunità internazionale di sherlockiani, tra l’altro in continua espansione grazie a molti giovani che vi si avvicinano e simpatizzano. Crediamo che questo spettacolo vada proprio in quella direzione: avvicinare una nuova generazione di fruitori a questo mondo».
Secondo lei quali sono gli ingredienti che non possono mancare in una trasposizione di Sherlock Holmes, e che vedremo anche in scena a Trento?
«Sicuramente degli elementi scenografici estremamente riconoscibili, quindi Londra e in generale l’Inghilterra vittoriana subito evocativa, che ci porta dentro a un immaginario molto suggestivo. E poi delle indagini compiute con grande finezza e con l’alternarsi tra Holmes, il cervello, e Watson, più istintivo, quindi con una compensazione tra gli elementi. In questo caso, poi, non mancano una certa leggerezza e un certo humor anglosassone che il pubblico apprezza molto».
Com’è il suo Watson?
«Ho cercato di lavorare molto nella direzione del pormi in ascolto. Holmes è così attento e vivace nel cogliere anche i minimi dettagli e Watson, nel suo essere a volte molto frontale anche nel fare supposizioni, lo supporta nel raggiungimento della verità perché alcune cose dette senza pensarci troppo si possono rivelare grandi intuizioni. Poi, in questa avventura, il mio Watson si innamora e bisogna quindi tenere in conto anche questo, la parte sentimentale che si incastra tra Holmes e Watson, che chiaramente porteranno due visioni diverse della vicenda».
E com’è lavorare con Sherlock Holmes-Neri Marcorè?
«Ho conosciuto Neri conosciuto sul set del film “Boys” di Davide Ferrario e questa è la seconda volta che lavoro con lui. Appartengo alla generazione che a cavallo tra gli anni ’90 e 2000 lo ammirava in tv in quelle straordinarie trasmissioni come “L’ottavo nano”, insieme ad altri comici che mi hanno segnato profondamente. Si può dire che io sia un suo fan e quindi per me è straordinario pensare di lavorare con lui: è un artista completo e chenon fa altro che generare agio in chi gli lavora a fianco».
E cosa ci può dire del resto del numeroso cast?
«Io sono un attore prevalentemente di prosa, sia al cinema sia a teatro, e questo è il mio primo musical. Sono impressionato dal corpus di artisti, sia nel coro sia nel resto del cast, che hanno lavorato già molto nel mondo del musical italiano e sono tutti di altissimo livello, con una preparazione tecnica eccezionale: contribuiscono in maniera significativa al successo dello spettacolo».
Che ruolo giocano le musiche, le scenografie e i costumi?
«Tutto quanto, dalle luci, alle scenografie, alle musiche del maestro Andrea Sardi, collima alla riuscita di uno spettacolo che si poneva come obiettivo quello di far vivere al pubblico due ore intense, suggestive, divertenti ma non banali».
di Redazione
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