L'intervista

lunedì 10 Aprile, 2023

Paolo Pierobon porta sul palco Riccardo III: «Mi piace scoprire l’uomo fragile dietro il malvagio»

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Lo spettacolo sarà prima in scena a Bolzano dal 13 al 16 aprile e poi a Trento dal 27 al 30. L'attore: «È una versione nuova e inedita, ma al centro rimane la figura di Riccardo e l'analogia del potere»

Cambiano i luoghi: si passa dai castelli dell’Inghilterra tardo medievale a una dimora alpina che rimanda al buon ritiro di una famiglia facoltosa, ma anche al Berghof o Nido d’aquila, la casa di alta montagna di Adolf Hitler nelle Alpi Bavaresi. Cambiano anche i tempi: il medioevo con i suoi costumi e i suoi messaggeri lascia spazio agli abiti della modernità, alla velocità e ai mass-media. Alle lotte del potere tipiche delle famiglie reali e della Guerra delle due Rose dei tempi di Shakespeare si aggiungono quelle della contemporaneità ed è facile vedere l’influenza di serie cult come Succession. Cambia molto insomma, ma Riccardo III rimane sempre lo stesso, anche in questa nuova versione riscritta dalla regista Kriszta Székely, interpretata da Paolo Pierobon, prodotta dal Teatro Stabile di Torino in sinergia con lo Stabile di Bolzano e in arrivo in Trentino-Alto Adige. Si tratta come detto di una versione riscritta, ma che riporta fedelmente la natura complessa di Riccardo III. Lui, il duca di Gloucester, è sempre come il grande pubblico lo conosce: ingannatore, astuto, spregiudicato. C’è un singolare tempismo nel portare in scena proprio in questo momento questo personaggio; perché Riccardo III è un seminatore di discordia, un costruttore di guerra. Comprendere la sua figura, attraverso la scrittura di Shakespeare e quella di Székely, entrambi capaci di scavare a fondo nel lato oscuro della natura umana, può aiutare a capire meglio i tanti costruttori di guerra che si stagliano nella nostra società. Ne è convinto proprio lui, Riccardo III, meglio conosciuto come Paolo Pierobon, storico attore teatrale, che alla lunga carriera sui palchi, spesso a fianco di Luca Ronconi, negli anni ha affiancato anche un proficuo percorso nel cinema culminato nella partecipazione a Esterno Notte di Marco Bellocchio
Paolo Pierobon che Riccardo III possiamo aspettarci?
«Krista ha lavorato molto sul testo, direi che ora è al 50% suo e al 50% Shakespeare. È una produzione che rimane però fedele a Riccardo III, è il contesto che cambia. L’analogia al centro della trama rimane quella del potere, che si parli di una famiglia reale o di un consiglio di amministrazione non cambia molto. Però attenzione: rimangono nominati re e regine, principi e principesse. La riscrittura interessa i luoghi, si parla di Mosca, di Pechino e di dittatori attuali. Anche nella messa in scena ci sono degli accorgimenti particolari: gli “a parte” di Riccardo III sono proposti come dei momenti di stand up comedy, ma le parole sono quelle del Bardo. L’intervallo poi spezza in due la narrazione. La prima parte è tutta intrighi, bugie e manipolazione. La seconda diventa allucinatoria, brusca e cupa, con un basso continuo di musica. Al centro di tutto c’è Riccardo III, i suoi inganni e i suoi crimini. Nello spettacolo non vogliamo né condannare né giustificare, ma mettere in mostra la natura umana nelle sue esasperazioni».
Riccardo III è un costruttore di guerra?
«Verissimo e bisognerebbe chiedersi perché esistono queste figure. Shakespeare lo spiega attraverso ragioni biografiche e fisiologiche. La storia di Riccardo è prima di tutto quella del servitore fedele, che ha fatto per anni il lavoro sporco in una guerra efferata e a cui non viene riconosciuto nulla. Tante volte traiettorie simili nascono così, da rancori inediti e inaspettati che generano una rabbia covata a lungo. Krista allarga ancora di più il discorso e si chiede: “Quanti Riccardo ci sono intorno a noi”? Anche nel nostro piccolo incontriamo spesso prepotenze, hybris e ascese al potere scorrette. Oltretutto Riccardo, quando arriva all’agognato potere, si scopre incapace di gestirlo. Senza amici di cui fidarsi, ma solo collaboratori da mantenere per avere la loro lealtà, una vita molto sola. Poi c’è il dato fisiologico. Lui nasce prematuro, zoppo e deforme. Potremmo dire che la sua violenza e la sua tracotanza erano già scritte nel suo destino. Un fato simile a quello di tante persone che rimuginano nell’ombra e nell’invidia».
Recentemente lei ha portato in scena anche Eichmann, per la drammaturgia di Stefano Massini, cosa la affascina di questi personaggi?
«Sicuramente non il fascino biografico, ma quello scenico. Mi piace la funzione e i giochi che questi personaggi portano sul palco, grazie alla capacità di autori come Shakespeare di dare loro corpo e complessità. Sarebbe sbagliato mostrare solo il loro lato malvagio, il volto digrignato della cattiveria. È importate invece arrivare alla radice del male. La carne, le ossa e il sangue che ne fanno uomini. È affascinante vedere anche come loro sulla base di questa umanità si giustificano, come nel lavoro fatto da Massini sulla banalità del male di Eichmann».
Lei ha lavorato con Virzì e Bellocchio al cinema, ma anche con Ronconi a teatro. Cosa significa lavorare con questi mostri sacri?
«Io ho avuto la fortuna di lavorare con tantissimi registi bravi. Me ne faccia citare altri due: Martone e Nekrošius. La sensazione con loro è quella di espandere sempre la propria consapevolezza, di aprire ad una nuova prospettiva. Alcuni incontri poi ti cambiano la vita: con Nekrošius vinsi il mio primo Ubu per il ruolo di Levin in Anna Karenina. Fu una produzione incredibile, lavorammo come dei pazzi per due settimane in estate vivendo e respirando teatro».
Tra cinema e teatro dove si sente a casa?
«In teatro sicuramente, perché per 15 anni ho fatto solo quello. La madre di tutto è il palco. Per me è stato fondamentale».
Ora a cosa sta lavorando?
«A breve uscirà il nuovo film di Bellocchio a cui ho lavorato: La Conversione»
Abbiamo capito che questo Riccardo III è diverso, ma ci rassicuri: «Il mio regno per un cavallo» e «Ora l’inverno del nostro scontento» ci sono?
«Ci sono, ci sono. Come le hit a Sanremo, non possono mancare».