La serie
domenica 19 Marzo, 2023
di Jessica Pellegrino
È un viaggio alla scoperta dei «Luoghi scomparsi» in Trentino quello che ci accingiamo ad intraprendere in queste settimane. Un viaggio nel tempo che comincia dall’alta Val Rendena e dal paese di Parzenigo, Parsenigo o Partenigo.
Un borgo che, si narra, sorgeva sul pendio che sovrasta il paese di Carisolo fino al primo secolo dell’anno 1000. Proprio lì dove i due Sarca di Val Genova e di Campiglio si incontrano. Nonostante la leggenda predomini sulla storia è un fatto che, fino al 1700, il suo nome e la sua indicazione geografica vengono riportati in cartografia. Non ci sono però molte altre fonti, forse perché, come scrive il maestro e storico di Caderzone, Tranquillo Giustina: «Parzenigo esisteva quando in Val Rendena non c’erano né scritture né archivi di sorta».
Un luogo scomparso che, secondo il racconto, grazie alla sua posizione dominava la Val Rendena protagonista di uno dei canti del Coro Presanella di Pinzolo armonizzato dal maestro Massimo Caola su di un testo di Jack Caola. Una valle caratterizzata dai suoi grandi abeti che toccano le stelle, dai verdi prati coperti di fior e dalla dolce acqua che corre via cantando.
Una valle che fu colpita, verso l’anno mille da una serie di catastrofi naturale così come il nord Italia, e l’Europa centro meridionale. Un periodo molto difficile durante il quale, scrive Giustina «Non ci fu selva né contrafforte né arroccata postazione, né riparo alpestre ad arrestare o anche solo ad attenuare le ululanti e travolgenti alluvioni che rinnovarono in Rendena i biblici giorni deI Diluvio».
Smottamenti e movimenti tellurici che sono confermati anche dagli studi realizzati su questi pendii. «L’ipotesi – sottolinea il l geologo di Pinzolo Dario Zulberti – è che Parzenigo fosse ubicato sulla prima conoide che si incontra entrando in Val Genova. Un accumulo di materiale che si trova nella prima valletta. Questi sono accumuli molto comuni di eventi metereologici eccezionali». Un paese che aggiunge Zulberti «era posto in una zona ottimale, perché è ben esposto a sud ed è al di fuori di tutte le esondazioni che possono fare i corsi d’acqua, quindi il Sarca di Val Genova e il Sarca di Campiglio, che sono molto più bassi di questa area rialzata». Zone che, per contro, in casi di grandi frane, rivelano tutta la loro fragilità.
A rafforzare in alcuni esperti l’idea che Parzenigo possa essere effettivamente esistito c’è poi la posizione della chiesetta di S. Stefano e del cimitero che si trovano lontani dall’abitato di Carisolo. «Non conosco molti paesi – commenta il sindaco di Carisolo Arturo Povinelli – che hanno un cimitero così lontano. Oggi è facile con le ruspe e i mezzi che abbiamo liberare la strada, ma allora, mi chiedo, come facevano con i mezzi rudimentali che avevano a tener libero quel percorso?».
Un indizio che potrebbe, come no, determinare l’esistenza di un abitato in quella zona. Anche perché, come spiega lo storico Aldo Gottardi, che da alcuni anni porta avanti una ricerca dedicata ai villaggi scomparsi in Trentino: «di questo luogo sono rimaste solo poche e scarne fonti, il che ammanta la sua storia di leggenda». «L’unico che ne ha scritto con una certa sicurezza – aggiunge – fu il maestro Tranquillo Giustina insegnante, poeta e storico locale di Caderzone Terme che ne fa risalire l’origine ai tempi romani».
Una delle ipotesi è che «Partenigo – prosegue Gottardi – doveva essere direttamente collegato ad una fortezza situata su uno sperone roccioso a dominio della valle sottostante sul sito nel quale si svilupperà in seguito la chiesetta di S. Stefano».
A far propendere per la leggenda è che «il nome di Partenigo – commenta lo storico – non ci sia mai pervenuto su alcun documento e anche in toponomastica non rimane nulla. Tuttavia, pur non esistendo nessuna fonte documentaria, il nome di Partenigo e la sua indicazione geografica continueranno ad essere presenti in cartografia fino al 1700 inoltrato».
Un luogo del passato, avvolto nel mistero che, ancora oggi suscita emozioni nella comunità, così come conferma il sindaco Povinelli «è un’emozione per me parlare di questi luoghi scomparsi, ma non scomparsi dalla memoria e dalla leggenda della nostra comunità».
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