TerraMadre

venerdì 19 Luglio, 2024

Passivehaus: ecco come si fa una casa «green» in cinque passaggi

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Francesco Nesi, presidente di Zephir, realtà di Pergine, applica il protocollo nato in Germania

Svezia 1988, il professor Bo Adamson dell’università svedese di Lund e il fisico tedesco Wolfgang Feist sviluppano attraverso una serie di progetti di ricerca finanziati dal land tedesco dell’Assia il protocollo Passivhaus. Oggi, un’abitazione certificata Passivhaus arriva a coprire la maggior parte del proprio fabbisogno di energia per riscaldamento e raffrescamento ambientale interno. «La Passivhaus si basa fondamentalmente su cinque pilastri progettuali», spiega Francesco Nesi, fisico edile e presidente di Zephir (Zero energy and passivhaus institute for research) Italia. Si tratta di un istituto di consulenza aderente al distretto tecnologico Habitech, con sede a Pergine Valsugana.

Il primo dei cinque pilastri riguarda l’isolamento termico e detta il principio su cui si incentra il resto del processo, ossia fare sì che il calore rimanga all’interno della casa e non fuoriesca in maniera incontrollata d’inverno e che resti fuori d’estate, senza dover utilizzare impianti a gas. «Una volta regolato l’aspetto dell’isolamento, si passa ai serramenti. Di solito il loro posizionamento finisce per essere un problema per un’abitazione — spiega Nesi — ma se valorizzati possono essere dei veri e propri radiatori naturali per la casa. Così, oltre a pensare alla posizione di una finestra in funzione della vista e della luce che veicola, si cerca di valorizzare anche la sua capacità di scambio di calore tra interno ed esterno».
Si passa poi ai cosiddetti ponti termici, cioè i possibili spazi che possono generarsi tra due elementi costruttivi, come ad esempio il cappotto e una trave del tetto. «Questo pilastro introduce nel processo l’aspetto della salubrità dell’aria, indispensabile per certificare un’abitazione di qualità — specifica il presidente di Zephir — Infatti, se non si gestiscono al meglio i ponti termici, si potrebbero creare delle sacche di umidità tra gli elementi della struttura, con la possibile formazione di muffe».

Gli ultimi due passaggi del processo riguardano l’assenza di spifferi nella struttura, misurata attraverso un processo apposito, e la ventilazione controllata, che permette di recuperare calore e purificare l’aria in casa. «Alla luce della direttiva case Green promossa dall’Unione europea, il modello Passivhaus può rappresentare un importante riferimento per tutti i cittadini — sostiene Nesi — Infatti, saranno progressivamente sottoposte al rispetto dei criteri della normativa anche le abitazioni che richiederanno delle ristrutturazioni semplici, senza che sia previsto un passaggio di proprietà o un contratto di affitto, come avviene oggi. Inoltre, dal 2030, tutti gli edifici residenziali certificati al di sotto della classe energetica E non saranno considerate a norma. Entro il 2033, sarà poi necessario scalare alla classe energetica D».

Per questo motivo, le imprese e i privati vedono sempre più nella Passivhaus un modello autorevole per quanto riguarda lo sviluppo immobiliare e richiedono la consulenza e l’affiancamento di istituti di ricerca e di formazione come Zephir, che si occupa di quattro attività principali: formazione, consulenza, certificazione e ricerca nell’ambito dell’efficientamento energetico degli edifici.

«Nell’ultimo anno siamo riusciti a sviluppare un protocollo innovativo a partire da uno già esistente per quanto riguarda le ristrutturazioni — conclude Nesi — Questo ci ha permesso di certificare per la prima volta al mondo il modello Passivhaus nella ristrutturazione di un’unità immobiliare a Bergamo che si trovava all’interno di un contesto più ampio di un condominio, senza dover agire su tutta la struttura. In prospettiva, questo ci dà la possibilità di ampliare lo scenario di interventi, perché al costo di una ristrutturazione standard e monitorando i costi energetici, si è dimostrato che si resta al di sotto di circa due euro al giorno. Praticamente meno di un cappuccino».