la storia

sabato 21 Ottobre, 2023

Pavlo Polyev, da vent’anni in Italia ma escluso dal voto. «Sono sospeso tra cielo e terra, credevo che il Trentino fosse più all’avanguardia»

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Nato in Ucraina, vive a Trento da 2 anni ma è cresciuto a Salerno: «Ci siamo trasferiti al Nord perché al Sud è impossibile raggiungere il reddito minimo per ottenere la cittadinanza»

È in Trentino da soli 2 anni ma vive in Italia da quando ne ha 4. Un totale di 20 anni passati nella Penisola per Pavlo Polyev, nato a Luhans’k e poi trasferitosi con la madre a Salerno, prima di stabilirsi definitivamente a Trento. Domani, Polyev non potrà votare perché non ha ancora raggiunto uno dei molti requisiti per ottenere la cittadinanza italiana.

Pavlo Polyev perché non può votare?

«Perché sono ancora ucraino. Nonostante i 20 anni trascorsi in Italia ancora non posso richiedere la cittadinanza. Io e mia madre non abbiamo mai raggiunto la soglia dei redditi richiesti per poter fare domanda. Per questo ci siamo trasferiti a Trento da Salerno».

In che senso?

«Nel sud Italia il reddito medio di un lavoratore è molto basso. Per questo per molti stranieri che vivono al sud è impossibile ottenere la cittadinanza italiana. Tra chi lavora in nero, chi non lavora proprio e chi guadagna una miseria è difficile arrivare agli 8000 euro annui richiesti dal governo».

A Trento la situazione è migliorata?

«Sì. E l’anno prossimo presenterò la domanda sia per me che per mia madre. Finalmente avremo 3 anni di reddito consecutivo che supera la soglia richiesta».

Lei, quindi, non ha mai votato?

«In Italia no, però ho votato per l’ucraina nel 2019. È stata la prima volta».

E come si è sentito?

«Scelsi Zelensky. È stato così soddisfacente, perché finalmente ho potuto dire la mia. Mi sono sentito partecipe di una società e ho sentito che ho potuto influenzare il risultato. Quando ha vinto per me è stata una soddisfazione doppia».

Però non vive in Ucraina, anzi, non ha mai vissuto lì. Perché ha votato?

«Perché essendo cittadino ucraino ho voluto partecipare. Sentivo il dovere di cambiare, soprattutto visto il governo catastrofico scelto nel 2014. Molti giovani come me sono andati a votare: avevamo capito che solo così avremo cambiato le cose. Volevamo voltare pagina».

Se potesse, domani 22 ottobre, voterebbe per il presidente della Provincia?

«Sì assolutamente. Il paradosso è che ci sono italiani che si astengono, mentre noi stranieri siamo cento volte più motivati a votare ma non possiamo esprimere un preferenza. Noi giovani di origine straniera siamo il futuro generazionale, con la cittadinanza influiremo molto».

Aprendo le votazioni a giovani di origine straniera, l’affluenza alle urne aumenterebbe, forse è proprio questo che alcune fazioni politiche temono?

«Penso proprio di sì. L’elettorato est-europeo non voterebbe mai il centrodestra, siamo più europeisti e più inclusivi. Se si da il voto agli stranieri il Pd accrescerebbe molto il suo elettorato, credo che per questo siano spaventati. Non escludo però che qualcuno potrebbe scegliere il centrodestra: specialmente chi è più legato a politiche sovraniste, chi è stato educato secondo i modelli dell’Unione Sovietica sono nostalgici di quella politica e si ritrovano nei valori del centrodestra».

Come ci si sente a non poter votare?

«Siamo sospesi tra cielo e terra, né sopra né sotto, non tocchiamo mai la materia. Io speravo che il Trentino fosse più all’avanguardia rispetto alle regioni del Sud. Credevo che l’Autonomia avrebbe permesso di proporre politiche alternative, ma non è così. O forse nessuno ha il coraggio di suggerire qualcosa di nuovo».