Il caso
martedì 4 Aprile, 2023
di Alberto Folgheraiter
No, non è stata proprio presa bene in piazza Fiera a Trento (sede dell’arcivescovado) l’intervista del T al maestro Stefano Rattini, organista della cattedrale di Trento. Il quale ha annunciato che, dopo Pasqua, lascerà l’incarico dopo 41 anni di onorato servizio. Rattini è un organista di vaglia. Laureato “magna cum laude” in “Organo antico” è docente di Analisi e Composizione presso il liceo Musicale e Coreutico di Trento e docente a contratto presso i conservatori di Innsbruck, Mantova, Bergamo, Cremona e Trento; all’Istituto di musica sacra di Trento, al Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra di Milano e altro ancora. Un’autorità di materia. E il suo “j’accuse” nei confronti di chi (arcivescovo? Capitolo della cattedrale? Parroco del Duomo?) avrebbe dovuto provvedere a dotare la Cattedrale di Trento di un organo degno del rinnovato splendore, ha fatto rumore. Nessuno dalle parti di piazza Fiera o di piazza Duomo vuol replicare. A mezza voce (siamo in tempo di settimana santa, i preti sono presi dai riti e dalle confessioni) tuttavia fanno sapere che l’uscita pubblica del prof. Rattin è “una nota stonata”. Vista la Pasqua imminente si potrebbe osservare che ha “rotto le uova nel paniere”. Per un nuovo organo servono centinaia di migliaia di euro, se non cifre a sei zeri, e di questi tempi la spesa pare eccessiva se non superflua.
L’organo attuale, si fa notare sottovoce e sottotraccia, è più che sufficiente per accompagnare le liturgie della Cattedrale. Del resto, le offerte sono crollate, la richiesta di contributi provinciali va, doverosamente, motivata. E la Provincia in questo momento ha ben altra musica per la testa. Servono quattrini per organizzare concerti in quel di San Vincenzo non per suonare la messa in quel di San Vigilio. Qualche decennio fa, quando in piazza Dante la maggioranza era salda in mano ai devoti dello scudocrociato ed il bilancio ancora florido, era tutta un’altra musica. Per quella sacra ora bisogna mettersi in coda. Peraltro, le stesse tonache dalla bocca cucita fanno notare che a cento metri dal duomo c’è la basilica di Santa Maria Maggiore con un organo Mascioni costruito nel 1928 con l’antica cassa del 1536. Restaurato nel 1953, dopo i danni causati dai bombardamenti sul quartiere della Portela (2 settembre 1943) e nuovamente restaurato nel 2018, con un costo di circa 150 mila euro, l’80% pagato dalla Provincia. In un’operetta data alle stampe a Venezia nel 1700 si scriveva: «La chiesa di S. Maria Maggiore è celebre per un organo meraviglioso che in essa si trova, di canne duemila cento e ottanta».