l'intervista
domenica 13 Novembre, 2022
di Candida Zenga
Negli Stati Uniti, alle prese con lo spoglio per le elezioni di Midterm, è stata evitata l’attesa ondata rossa repubblicana che spaventata i democratici. Ma quanto sono importanti queste elezioni? Quali i temi che hanno segnato la campagna e quali le ripercussioni future? Umberto Tulli, ricercatore di storia contemporanea all’Università di Trento, interpreta i risultati e traccia una linea in vista delle prossime presidenziali.
Innanzitutto, cosa sono le elezioni di metà mandato?
«Sono delle elezioni che si svolgono ogni quattro anni per rinnovare un terzo del Senato e tutta la Camera dei Rappresentanti e poi, in questa occasione, si sommano anche altri voti per le assemblee legislative degli Stati, per i governatori degli Stati e spesso pure numerosi referendum».
A quali referendum si riferisce?
«Il referendum sull’aborto ne è uno, forse quello che ha spostato e mobilitato più elettori ma ce ne sono stati veramente tanti; per esempio, quello sulla cannabis che da qualche anno a questa parte, oramai sia per uso terapeutico che lucrativo, è abbastanza comune e frequente negli Stati Uniti. È un dibattito che va avanti da una quindicina di anni».
Che peso hanno queste elezioni nello scenario politico americano?
«Innanzitutto, dobbiamo aspettare i risultati definitivi. Quello che possiamo immaginare è un presidente Biden che ne esce tutto sommato rafforzato nonostante la Camera al 99.9% passerà in mano ai repubblicani. Esce rafforzato per due motivi, prima di tutto perché, se tutto va come le proiezioni ci dicono, si rafforza la presenza dei democratici al Senato che in questo momento sono il cinquanta e cinquanta, più la vicepresidente che spezza la maggioranza e dà il suo voto in più ai democratici (la vicepresidente Kamala Harris, infatti, può votare e il suo voto può diventare tendenzialmente il cinquantunesimo). Altro elemento che rafforza Biden è il fatto che comunque tutti ci aspettavamo una grande vittoria dei repubblicani e questa ondata rossa non c’è stata».
Che ruolo ha il Senato nella politica estera?
«Il Senato è centrale nella politica estera perché tutte le decisioni di politica estera passano per il Senato. Il partito democratico ne esce però rafforzato perché ha vinto in Pennsylvania e potrebbe vincere in Georgia dove ci sarà un ballottaggio il 6 dicembre, sembra avanti in Arizona e potrebbe perdere in Nevada ma anche questo non è un risultato scontato. Esce l’esito definitivo a dicembre però anche a prescindere da quell’esito, se vince in Arizona, il partito democratico ha la maggioranza in Senato».
Come mai non c’è stata l’ondata rossa che tutti si aspettavano?
«Ci si aspettava una grossa vittoria repubblicana per due ragioni. La prima ragione risiede in un elemento fisiologico e cioè nel fatto che alle elezioni midterm il partito del presidente generalmente esce sconfitto; negli anni recenti, le uniche eccezioni sono state le elezioni del 2002, quando c’era l’effetto dell’11 settembre in cui tutti hanno votato per il partito del presidente. La seconda ragione invece, riguarda questioni fondamentali che hanno occupato la mente degli elettori repubblicani; in particolare, da un lato, sondaggi e casi incentrati su temi economici con un’inflazione fuori controllo e grossi timori di fiducia per i prossimi mesi, in relazione ad indici come quello dei consumatori, delle piccole medie imprese; dall’altro il problema della sicurezza nelle grandi città, in cui, negli ultimi mesi e forse più, c’è stata una recrudescenza di violenze e micro criminalità. Dunque, tutto questo sembrava spostare voti verso il partito repubblicano. In realtà, la questione dell’aborto e quella delle minoranze e la memoria di ciò che è successo a gennaio 2021 con l’assalto a Capitol Hill, quel tentativo eversivo che parte del partito repubblicano ha cavalcato, ha determinato una mobilitazione degli elettori democratici. Perché, soprattutto alle elezioni midterm, vota chi ha una forte affiliazione politica. Forse anche la sensibilizzazione ambientale può aver portato qualche voto ma personalmente penso che abbia giocato un ruolo cruciale un evento che tutti quanti ci siamo dimenticati e cioè quell’assalto a Capital Hill. Pare ci siano stati molti voti di giovani e di donne; tuttavia, sul tema dei giovani è necessario aspettare qualche giorno, prima di avere i dati.
Altro dato che ci fa capire come ad essere sconfitto sia stato soprattutto Trump è che, tra le elezioni di cui noi in Italia non parliamo, ci sono state le elezioni per diversi segretari di stato i quali sono diventati famosi alle ultime elezioni presidenziali perché sono quelli che dovevano conteggiare i voti. A questo proposito, c’è stata una telefonata di Trump all’allora segretaria della Georgia, intimandogli di far sparire migliaia di voti per il partito democratico. Dunque, quello che abbiamo visto da queste ultime elezioni di midterm è che tutti i candidati trumpiani che hanno letto i fatti del 6 gennaio 2021 e la teoria cospirazionista sul grande broglio elettorale dei democratici e che quindi sostenevano questa posizione, non sono stati eletti».
Secondo lei si ricandiderà veramente Biden come ha detto?
«Probabilmente si ricandiderà Biden e Trump ha annunciato che tra 14 e 15 novembre, avrebbe dato un grande annuncio, presumibilmente sulla sua ricandidatura ma a questo punto non sono così sicuro che lo farà».
Cosa dovrà fare Biden in questi due anni per spostare l’elettorato verso di sé?
«Deve affrontare in maniera seria il tema dell’inflazione, mentre sul tema della fluttuazione del prezzo del carburante gli Stati Uniti sono un po’ più al riparo rispetto a noi; quindi, i temi centrali sono l’inflazione e la crescita economica, così come la sicurezza delle città dal momento che il grosso dei voti dei democratici arriva dalle città e se dovesse iniziare a perderle, quello potrebbe essere un problema in vista delle elezioni nei prossimi due anni».
Visto che abbiamo toccato il tema del diritto all’aborto, cosa ci sa dire a riguardo?
«A giugno, la Corte Suprema, ha pronunciato la sentenza in cui ha disconosciuto la tutela al diritto all’aborto a livello federale, in modo da permettere ad ogni Stato di decidere se legalizzarlo o meno e in quale modo. Questo, quindi, ha portato molti Stati, tendenzialmente democratici, a cercare di tutelarlo, inserendolo nelle proprie Costituzioni; tuttavia, non è detto che andrà così da tutte le parti, in quanto ci saranno Stati tendenzialmente repubblicani in cui questo non potrà accadere. Purtroppo, il problema riguarda anche un po’ la composizione della Corte Suprema e Trump ha avuto la possibilità di nominare quattro giudici».
Quali saranno i rapporti tra Italia e Stati Uniti adesso, anche alla luce del nuovo governo italiano?
«Credo che la questione centrale tra Italia e Stati uniti sia l’Ucraina e fino a quando l’Italia sosterrà la resistenza in Ucraina, credo che non ci saranno maggiori rotture o incrinature ma se l’Italia dovesse rovesciare questa sua posizione, allora il discorso cambia radicalmente».
Quali saranno le conseguenze nella politica estera se si avrà un Senato a maggioranza repubblicano?
«La maggioranza repubblicana in Senato è quasi da escludere e quindi non dovrebbe accadere questo; il partito repubblicano ha delle voci, non è l’unica voce del partito repubblicano ma ho l’impressione che la voce maggioritaria sia una di disimpegno dal teatro europeo e di, non dico simpatia nei confronti di Putin, perché non c’è simpatia nei confronti di Putin, ma di non seguire la linea di fermezza seguita fin ora; questa però, ad oggi è un’ipotesi che è difficile possa verificarsi».
Visto che le domande sono finite, ci vuole dire quali sono le sue impressioni generali?
«Sorpreso. Sono sorpreso da questi risultati perché i numeri sono molto contenuti, la vittoria repubblicana alla Camera è una vittoria di margine, al Senato il partito democratico è andato molto meglio, a livello di assemblee legislative il partito democratico ha tenuto una serie di Stati in bilico tipo Kansas o Messico; il secondo dato è che comunque l’opinione pubblica statunitense, attualmente, è molto polarizzata tra: chi si è appiattito sulle posizioni di Trump e quindi contesta le elezioni Biden, sostenendo sia stato frutto di un broglio elettorale e legittima l’assalto al Congresso, che è stato una trama eversiva e chi invece vede quello che è accaduto tra novembre e gennaio, una trama eversiva che Trump ha in qualche modo cavalcato o addirittura promosso».
Umberto Tulli, ricercatore di storia contemporanea