In tribunale

mercoledì 18 Ottobre, 2023

Perfido, la ‘ndrina «era in espansione»

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Le motivazioni delle condanne per mafia. L’indagine ha scongiurato rischi

I tentacoli della ‘ndrangheta arrivati ad infiltrarsi nell’economia locale, nel settore del porfido, dell’oro rosso, sarebbero arrivati ad intaccare anche altri settori in Trentino. Un rischio concreto, quello dell’espansione, dell’acquisizione e dello sviluppo di ulteriori attività imprenditoriali, però scongiurato dalle indagini dei carabinieri, dall’inchiesta della Procura di Trento che ha portato finora a una serie di condanne per mafia. Le ultime emesse solo a fine luglio: 76 anni di reclusione totali nei confronti di otto imputati che hanno anche beneficiato dello sconto di un terzo della pena per la scelta del rito, l’abbreviato. È tutto nero su bianco nelle corpose motivazioni della sentenza (poco meno di 200 pagine) depositate ieri dalla Corte d’Assise di Trento. «La Corte ritiene accertato che proprio l’attività d’indagine abbia impedito un’espansione dell’attività criminosa della locale trentina che era già in atto e che avrebbe portato gradatamente all’acquisizione di attività economiche diversificate» scrivono i giudici che evidenziano come dalle «numerose intercettazioni» risulta una grande disponibilità di denaro di alcuni sodali e la conoscenza, da parte degli imputati, dell’organigramma e della struttura organizzativa delle cosche della zona. «E questo costituisce un indizio di intraneità al sodalizio criminale» si legge. Ci sono infatti telefonate da cui risultano i rapporti con esponenti della cosca Serraino o Paviglianiti: «Con questi (gli ultimi ndr) ottimi rapporti».

Una locale trentina «autonoma»
Ma l’organizzazione trentina «pur mantenendo strettissimi legami e rapporti con le ‘ndrine in Calabria», con tanto di incontri con gli esponenti di queste, «ha tuttavia acquisito ormai da anni una propria autonomia sul territorio provinciale». Insomma, «è autonoma rispetto alle cosche di originaria appartenenza» come risulta anche dalle conversazioni. E voleva inserirsi sempre più nel tessuto economico trentino e insediarsi nel territorio. «Poi una volta che siamo “impiantonati” qua quello che capita facciamo» si dicono. Da quanto emerso nel corso delle articolate indagini coordinate dai pm Davide Ognibene, Maria Colpani e Licia Scagliarini, l’associazione disponeva in Trentino «di una struttura organizzativa, dotata di uomini ed armi, oltre che di mezzi economici posti a disposizione dell’organizzazione». Questa, continuano i giudici, «è inserita nel tessuto sociale ed istituzionale del territorio cembrano, nel quale esercita un diretto controllo, anche con metodi intimidatori».

«Gli aiuti agli associati»
Per la Corte la sussistenza di un’associazione per delinquere strutturata ed organizzata, così come la connessione degli imputati con esponenti della ‘ndrangheta calabrese, emerge anche «dal rapporto di mutua assistenza di altri sodali» che sarebbe stato sistematico. Sarebbe avvenuto attraverso soldi e sussidi ai detenuti ma anche attraverso il reperimento di posti di lavoro «necessari per ottenere vantaggi, anche sotto il profilo processuale». «Ogni mese devono prelevare i soldi, se succede qualcosa le famiglie vanno mantenute, è l’unico patto che hanno fatto» si dicono tra loro.

Infiltrazioni nella realtà produttiva
Le indagini hanno confermato che l’organizzazione criminale si era inserita nel settore dell’estrazione e della lavorazione del porfido. A partire, scrivono i giudici, dai fratelli Battaglia. Un business che poi si è allargato coinvolgendo anche altri imputati. Ma l’organizzazione è anche «particolarmente attiva nell’intrattenere rapporti con figure politiche o istituzionali, in vista del conseguimento dei futuri vantaggi». E l’interesse alla vita politica è risalente nel tempo: da Giuseppe Battaglia consigliere comunale e assessore alle cave di Lona Lases, al fratello Pietro, consigliere Asuc. Dalle telefonate intercettata risulta anche altro. Come la conversazione di ottobre 2018 da cui emerge «lo scambio di voti che la compagine calabrese ha fornito al candidato Ottobre Mauro».

«L’efficacia intimidatrice»
La Corte ha evidenziato come l’infiltrazione dell’organizzazione ‘ndranghetista nella realtà trentina «è avvenuta inizialmente in modo “silente”» e questo ha consentito di «raggiungere un consolidato radicamento sul territorio, localizzato in val di Cembra» ma, in breve tempo, raggiunto l’obiettivo, «la consorteria è passata a visibili manifestazioni criminali, caratterizzate dalla esteriorizzazione della forza intimidatrice e dalla configurazione di una situazione di assoggettamento ed omertà». È il caso della violenta aggressione a un cinese che lavorava nelle cave, minacciato con una pistola e aggredito a sangue con calci e pugni. «L’effetto intimidatorio è assicurato anche dalla percezione, diffusa nell’ambiente, che i titolari delle ditte di porfido godano di un particolare trattamento di favore da parte dei carabinieri di Albiano». Ma ci sono anche altri fatti a conferma del «controllo del territorio e alla propensione a risolvere ogni questione con regolamenti di conti con modalità violente e intimidatorie».